Alpinismo

Mario Merelli: voglio la vetta del Lhotse

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LIZZOLA, Bergamo — Parte dopodomani la prima spedizione italiana diretta al Lhotse nell’anno del cinquantenario. E’ quella di Mario Merelli, alpinista tra i più forti d’Italia. La semplicità fatta persona, 44 anni, bergamasco doc, ha salito 5 dei più difficili ottomila esistenti. In esclusiva per voi, l’intervista prima della partenza.

Merelli, quale versante della montagna avete scelto di attaccare?
Saliremo per la via normale, quella che fino al Colle Sud è comune a chi è diretto all’Everest.  
 
Sarete i primi ad arrivare al campo base?
Siamo i primi italiani a partire, ma al campo base troveremo già altre spedizioni. Americani, giapponesi e coreani sono di solito i primi ad arrivare, partendo verso la fine di marzo o i primi di aprile.
 
Pensate che l’affollamento previsto per il cinquantenario creerà dei problemi?
Non c’è mai affollamento sopra gli ottomila metri. Ci sarà gente al campo base. Ma come esci da lì, non c’è più nessun problema. Forse alcune difficoltà potrebbero crearsi al campo 3, ma  a dir la verità la cosa non mi preoccupa perché il posto per montare le tende è piuttosto grande. Si potrà disseminarle anche su 100 metri di dislivello tra la prima e l’ultima.
 
E’ già stato al Lhotse prima d’ora?
No, è la prima volta. Nel 2003 avevo preso il permesso con Silvio Mondinelli, volevamo salirlo dopo il Kanchenjonga. Ma alla fine non l’abbiamo nemmeno visto, perché la scalata al Kanche fu già una bella battaglia: dopo la vetta siamo venuti subito a casa.
 
A proposito di Mondinelli. Ci ha raccontato che a Kathmandu avrebbe preparato a puntino la vostra moto per consentirle di fare easy rider…
Sì, l’anno scorso ci siamo buttati in questo acquisto! Spero che a Kathmandu ci sia un po’ di tranquillità politica, così domenica posso farmi quattro giri in moto.
 
Quando è prevista la partenza per il campo base?
Noi arriviamo sabato 15 aprile, e in teoria partiamo lunedì per Lukla. Ma so che nella capitale hanno allungato lo sciopero, può darsi che la partenza slitti di un giorno o due. Ma non sarebbe un problema.
 
E l’attacco alla vetta?
Bella domanda… mi tocca fare l’indovino. Si potrebbe fare dopo circa un mese dal nostro arrivo, intorno alla metà di maggio. Non è troppo presto, l’anno scorso siamo saliti in cima all’Annapurna il 12 maggio. Anche se la zona Lhotse-Everest è diversa, più difficile. Forse, la data più probabile sarà verso il 20 o il 22 maggio.
 
C’è qualcosa che la preoccupa, riguardo le condizioni della montagna?
So che in Nepal, quest’inverno, ha nevicato poco. La parte finale del canale che porta in cima non sarà quindi in buone condizioni. Il ghiaccio vivo e la roccia, che affiorerà in più punti, ci costringeranno a un lavoraccio per attrezzare e sistemare il passaggio. Essendoci molte spedizioni dirette in cima, bisognerà vedere chi lo farà. Noi abbiamo impostato una spedizione che non ha bisogno di nessuno. Ma è chiaro che se ci sono già altre corde non le rifiuteremo.
 
Chi sono i suoi compagni di spedizione?
Amici, saremo un bel gruppo. Con lo Zaffa (Marco Zaffaroni) sono andato in cima allo Shisha. E’ una persona molto umana, molto brava, parla poco e cammina tanto.
 
Cosa ci dice del gruppo che si è aggregato a voi pochi giorni fa?
Giampaolo Corona ha salito con me il Broad Peak, anche se non era nella mia stessa spedizione. Mi ha dato l’impressione di una persona che si mette davanti e batte, batte la traccia senza fermarsi tanto alla svelta. Là non abbiamo avuto occasione di parlare molto perché eravamo ad una quota molto elevata e stavamo battagliando con la neve alta. Ma quando mi ha chiamato per dire che voleva venire anche lui al Lhotse, mi ha fatto molto piacere. So, poi, che Cristina Castagna è una ragazza molto in gamba. Non conosco gli altri due, ma saranno sicuramente bravi ragazzi.
 
C’è qualcosa di particolare che vuole raccontare riguardo questa spedizione?
Spero proprio di andare in cima, perché se faccio il Lhotse, avrò salito quattro delle prime cinque montagne della Terra.
 
Ha intenzione di scalare i 14 ottomila in scala discendente?
Parlare dei 14 ottomila è ancora presto. Certo è che, pur avendone fatti solo cinque, ho scalato quelli più ostici. Annapurna, Kanchenjonga, Everest, di solito vengono lasciati per ultimi da tutti gli altri, mentre io li ho già in tasca. L’unica grande montagna temibile – anche se tutte, in realtà, lo sono – che ancora mi manca è il K2.
 
Prevede un’accelerata nelle scalate dopo aver chiuso i conti con gli ottomila più duri?
Un mio amico, al suo penultimo ottomila, ha lasciato la pelle sul GII. Una montagna considerata facile da tutti. Questo dimostra che non si può mai dire. Quello che penso è che ci vogliono sempre degli stimoli per andare in cima ad un ottomila. Per me, stavolta, lo stimolo è portare a casa la quarta montagna più alta della Terra nell’anno del suo anniversario.
 
Sara Sottocornola

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