Alpinismo

“Una cordata ritrovata” di Daniele Nardi

Testo e foto di Daniele Nardi

Prima ripetizione di Paretone Express al Gran Sasso d’Italia. ED, 1300M + 300m di uscita (concatenata, il giorno prima, con “L’isola non trovata” di Roberto Iannilli  e Andrea Imbrosciano 350m, fino al VI-).
Apritori Cristiano Iurisci ed Emanule D’Amico nel 2014.

Un grazie particolare a Ciesse Piumini, Ciesse Outdoor, West Scout.

Esistono poche pareti che incutono rispetto e timore insieme nell’appennino centrale, una di queste è il Paretone del Gran Sasso. Il Paretone è alto 1300m dalla sua base fino alla Vetta Orientale del Gran Sasso. Il Gran Sasso è fatto di tante vette, c’è il circolo quello più imponente che è composto dalla vetta più alta, il Corno Grande o vetta occidentale, il Torrione Cambi, la vetta Centrale e poi l’Orientale dalla cui anticima inizia o termina l’enorme Paretone che cade a picco fino all’uscita del tunnel che porta a Teramo. In questo tunnel è anche situato il laboratorio di fisica nucleare abruzzese. Ecco, quando esci dal trafoso e guardi in su la vedi con tutta la sua imponenza.

Per semplificare il discorso, non me ne vogliano i puristi, il Paretone è tagliato diagonalmente da sinistra verso destra dal canale Jannetta, un canale ripido, pieno di rocce instabili che però permette l’accesso a varie zone di questa enorme odissea di rocce.  In un certo punto il canale Sivitilli incrocia lo Jannetta. La via Paretone Express taglia il canale Sivitilli quasi all’incrocio con lo Jannetta ma poi prosegue dritto per affrontare una superba parete terminale di circa 300m di dislivello ( 9 tiri di corda dal 12mo al 20mo, vedi scheda tecnica della via) che permette il ricollegamento al canale Jannetta alla base del Terzo Pilastro. La continuazione logica della via sarebbe non l’uscita tramite il canale ma bensi continuare lungo una della vie del Terzo pilastro che farebbe si di avere una via di dislivello complessivo, non di sviluppo, di 1300m!!!

In preparazione della spedizione che parte tra due settimane ero sommerso da carte, messaggi, email e whatsapp di collegamento tra Italia, Londra, Liguria, Francia e Sudafrica data la provenienza del gruppo spedizione e devo ammettere che con il caldo che faceva ero un poco schiacciato dalle pratiche. Poi una battuta di mia moglie mi ha aperto la strada “Ma scusa, potresti andare sabato o domenica ad allenarti per la spedizione?”, “si…potrei…”, e lei “e allora che aspetti? Fai i bagagli e va a scalare!”.

Non potevo credere alle mie orecchie. L’unica persona di cui mi potevo fidare ciecamente era Roberto Delle Monache! “Robi che fai?” “Sto scendendo da una via al Gran Sasso!”, “sei libero domenica? Vorrei fare Paretone Express”. Non avrei scommesso una lira sulla risposta:” si, va bene, aspetta che torno a casa e ti confermo definitivamente.”

E’ venerdi ed è cosi che comincia l’avventura. Decido che sabato c’è tempo per fare una scalata di riscaldamento e vado a scalare con un amico la Parete Est del Corno Grande, la via fu aperta da Roberto Iannilli: l’Isola non trovata. Fatta la via in poche ore scendo dalla vetta, prendo l’auto e mi sposto sul versante Teramano. Arrivo verso le 21.30 all’appuntamento con Roberto. Mangiamo qualcosa e mi rendo conto che forse ho sottostimato la via. Leggo attentamente la relazione di Cristiano Iurisci che ha aperto la via insieme all’altro amico Emanuele D’Amico. Con Cristiano questo inverno ho fatto due bellissime vie nuove sulle Murelle e sul Monte Camicia e mi accorgo della complessità della via. Le temperature sono alte e abbiamo paura che il caldo ci renderà la vita dura e così sarà. Entrambi saremo vicini all’insolazione ed a colpi di calore scalando nella parte bassa della parete.

Con Roberto mi sento a mio agio, la cosa più bella che accade in parete con lui è la serenità con la quale affrontiamo le difficoltà: l’esperienza sui Bhagirathi e quella sul Nanga mi sembra abbiano forgiato ancora di più quel senso di tranquillità e perseveranza in ambienti cosi duri. Mentre io recupero il materiale o preparo una corda lui per non perdere tempo legge la relazione. Se io sto prendendo un goccio d’acqua lui sta già preparando il materiale. Tutto avviene in una sequenza mai predeterminata ma completamente sincrona e senza intoppi. Sono ormai passati alcuni anni da quando abbiamo fatto l’ultima scalata assieme e pure è come se ci fossimo allenati assieme per tutta l’estate.

Partiamo alle 5e30 ed alle 7e30 attacchiamo la parete. Partiamo da Cima alta invece che da Casale San Nicola come descrive la guida e cosi raggiungiamo la parete in discesa invece di risalire e avremo la macchina più a portata quando scenderemo dalla vetta.

Impossibile in poche parole descrivere tutta la salita ma ho in mente alcuni.

L’attacco

Parte Roberto e mi stupisce la serenità con cui sale quella roccia rossa e che si sgretola tra le mani. Sale deciso e capisco subito che sarà dura: fa veramente caldo e non tira un alito di vento. Siamo ad Est e la parete prendo il sole subito in mattinata. Mi sembra di entrare in un girone Dantesco dell’inferno. Dopo un po tocca a me tirare e la sensazione che mi rimane addosso è la precarietà della roccia. Solo a tratti è solida e lo è spesso nei rimonti dei tetti e degli strapiombi brevi e violenti. L’acqua che cade dalla parete al finir dell’inverno ha levigato negli anni la roccia che dal rosso inziale si alterna a bianco marmoreo. I run-out sono lungi ed estenuanti, le protezioni aleatorie, qui è assolutamente vietato volare o prendere la presa sbagliata perché si stacca tutto. Dopo alcuni tiri impegnativi e continuativi sulle difficoltà e con un calore atroce cominciamo ad avere i primi sbandamenti di testa. Siamo seriamente indecisi se continuare oppure scendere. Abbiamo tre litri d’acqua con noi e razioniamo.

Il  crollo e la variante

Decidiamo di continuare e di tenere duro. Siamo verso l’ottavo tiro quando cominciamo a perdere le soste. Non le troviamo più. La relazione dice chiaramente che ogni tiro è attrezzato con una sosta ma qui non ne vediamo più. Siamo assillati dall’idea di aver perso la linea. Poi mi sorge un dubbio: il crollo. Quando esco da un risalto mi accorgo che su in alto c’è un enorme macchia bianca, rocce instabili e rocce fratturate. Probabilmente negli ultimi terremoti che ci sono stati un pezzo della via è crollata!  Devio prima a destra, poi risalgo una placca di rocce instabili sulla sinistra poi ritorno a destra e poi riesco a scavalcare il crollo. E’ probabilmente in quel momento che una roccia mossa dalla corda si spacca sulla stessa più in basso lasciandola “pizzicata” al punto da doverla pensionare anticipatamente, ma ce ne accorgeremo solo molto più in alto.

La parte centrale

Questa è la parte più brutta. Concludi 11 tiri di corda e ti ritrovi su questi pendii erbosi con placche rocciose con molto materiale di deposito dei crolli soprastanti. Ci facciamo forza qundo sentiamo il rumore di un ruscelletto che vuol dire acqua. Comincio ad avere i sintomi del colpo di calore con sbandamenti e poca lucidità. Roberto mi sembra che sia nelle mie stesse condizioni. Sto sperando che la parete vada in ombra con il passare del tempo. Una parete ad Est va in ombra nel primo pomeriggio ma chiaramente se arriva troppo presto il pomeriggio vuol dire anche che non avremo il tempo di uscire con la luce e che la notte ci prenderebbe sulla via. Questa è una cosa che non ci auspichiamo. Siamo sul punto di mollare. Non è semplice uscire da qui ma potremmo deviare sulla sinistra e andare a beccare il canale Jannetta e poi provare a risalirlo. Decidiamo che questa non è la condizione migliore per prendere una decisione del genere. Ci dirigiamo verso il canale sivitilli verso destra e troviamo il ruscello. Beviamo un litro e mezzo di acqua a testa, prendiamo del calcio e magnesio e delle vitamine, mangiamo della frutta secca offerta da Roberto e delle barrette energetiche. Senza che ce ne accorgiamo avevamo deciso di riposare. Passa un ora fermi a pettegolare e parlare della vita quanto è dura certe volte…la parete scompare. Scompaiono

le centinaia di metri di traversi tra ciottoli, prati erbosi quasi verticali e sfasciumi instabili. Scompaiono anche i successivi 9 tiri che dovremmo affrontare. Entriamo nella nostra bolla, poi di punto in bianco decidiamo: si continua. Meglio scalare che affrontare gli sfasciumi. Leggiamo la relazione e ci rendiamo conto di avere altri 9 tiri da scalare, 4 tiri facili e 5 impegnativi. Con un rapido calcolo ci rendiamo conto che abbiamo 4 ore per uscire prima della notte, dobbiamo correre abbiamo non più di mezz’ora a tiro ma stavolta siamo all’ombra.  Il sole fa capolino dietro la parete lasciandoci freschi alla sua ombra.

Scalata superba

La parete sopra la nostra testa lascia un poco impauriti: lastre dentro fessure, strisce di colore nero si alternano al grigio del calcare. Attacca Roberto e capiamo che qui la roccia è molto più compatta e solida della parte bassa. L’arrampicata si fa entusiasmante. Poi tocca a me prendere il comando della cordata e mi diverto proprio. Movimenti in fessura, su strapiombi brevi ma di bellezza esagerata. Più in alto mi trovo in difficoltà su un passaggio che proprio non capisco. Troviamo due chiodi lasciati dagli apritori, i passaggi sono delicati ma riesco ancora ad andare in libera senza tirare nulla fino al punto in cui comincio a sbuffare. Non riesco a passare e la protezione è molto in basso, diversi metri sotto i miei piedi. Se dovessi cadere mi schianterei sulla cengia più in basso. Urlo a me stesso di concentrami e a Roberto di recuperare corda se dovessi volare altrimenti mi schianto sulla cengia di sotto. Mentre pronuncio quelle parole mi rendo conto che non devo cadere. Riesco a piazzare un friend piccolo in un buco della roccia e mi decido a traversare a destra su placca ed esco fuori. In breve completiamo i 9 tiri molto più velocemente di quello che pensavo. Ci avanza tempo anche per cominciare a salire il primo tratto del canale Jannetta dove siamo sbucati per salire verso la cresta. Dopo un po’ ci coglie la notte.  Accendiamo le frontali e ci districhiamo lungo il canale Jannetta che di notte e stanchi non è proprio banale.

L’uscita e la discesa

Arriviamo in cresta verso le 22,30. Guardo verso il basso e noto alcune luci che vengono dal rifugio Franchetti. Una luce rossa lampeggia come a chiedermi se tutto a posto oppure no. Provo a lampeggiare con la fievole luce della mia lampada poi abbraccio Roberto. Mentre ci rilassiamo un attimo gli dico “Rob devo ammettere che l’avevo un po’ sottovaluta questa via”, “Anche io” mi risponde di rimando Roberto, “Cavolo è proprio un ‘vione’, complimenti agli apritori hanno fatto un capolavoro”, “A chi la consiglieresti come via?”,  “A nessuno, la parte bassa richiede una grandissima esperienza di arrampicata su roccia instabile ed anche se sono ‘solo’ 20 tiri, ha uno sviluppo pazzesco. La parte centrale di sfasciumi non viene messa bene in risalto nel computo globale ma ti preme fisicamente. Poi c’è l’uscita che non è banale fino al VI”, “Però è una via stupenda, un viaggio grandioso. Certo che la prima invernale sarà veramente un gran bell’exploit”….ci guardiamo e ridiamo poi ci incamminiamo verso il rifugio.

Conclusioni

Arrivato al rifugio dormono tutti. So dove prendere le coperte, le butto a terra tra i tavoli e comincio a dormire. La mattina arriva veloce e quando mi sveglio Roberto sta rifacendo le corde. Gli dico ”Roby lo sai che mi sa che ho concatenato due pareti Est del Gran Sasso? Non mi ero reso conto ma l’altro ieri ero sulla est del corno Grande ed ho fatto 350m di via, ieri siamo stati sulla Est della vetta Orientale e abbiamo fatto 1300m, se li sommo in due giorni avrò fatto 1600m di via…andiamo sulla Est del corno piccolo? Cosi ne faccio 3…”. La est del corno Piccolo è li di fronte al Rifugio Franchetti a 5 minuti di avvicinamento. Roberto ride e poi risponde “Ho lasciato la giacca dove ci siamo fermati ieri notte a riposare devo risalire su…”. Mi salvo in calcio d’angolo anche io, lo accompagno a debita distanza, recuperiamo la giacca e poi con calma scendiamo dove abbiamo parcheggiato l’auto.

Una via superba, pericolosa, di grande intuito, un bel viaggio con un compagno d’eccezione e complimenti agli apritori. Questa via a mio avviso è un capolavoro, di stile molto classico nella parte bassa su terreno totalmente di avventura e poi più moderna nelle difficoltà nella parte alta disegna una linea di bellezza artistica sulla parete delle pareti: il Paretone al Gran Sasso d’Italia. 

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