Alpinismo

Montagne Proibite. Permessi negati

Ai cinesi sono girate… e chiudono l’accesso alle loro montagne. Già lo avevano in parte fatto lasciando aperta da qui a fine anno la sola porta per il Cho Oyu.

Ieri, con una letterina molto cinese, hanno comunicato ai 50 possessori di permesso del Cho Oyu, da consumersi in autunno, che, a causa dell’illegale traversata dell’Everest da nord a sud da parte di Janus Adamsky, hanno deciso di lasciare tutti a casa. Hanno aperto un “cantiere” per rivedere i regolamenti di salita delle montagne e, come tutte le amministrazioni pubbliche del mondo, hanno affisso il cartello: “Stiamo lavorando per voi, scusate il disagio”.

Intanto Janus, che rischia di diventare il più odiato alpinista himalayano, afferma: “Non mi pento di quello che ho fatto e sono pronto a affrontare qualsiasi battaglia legale in Nepal per salvaguardare il più grande successo della mia vita”. Perché solo in Nepal? non era partito dalla Cina? Anzi dalla Regione Autonoma del Tibet, come riporta bellamente la carta intestata della China Tibet  Mountaineering Association?

I cinesi sono però irritati anche con Kilian Jornet, che è salito in vetta all’Everest per ben due volte in 6 giorni pagando un solo permesso. Probabilmente non sta scritto da nessuna parte che chi compera il permesso, che vale una stagione, possa salire solo una volta in vetta. Del resto se pago lo stagionale sull’Aiguille du Midi ci salgo anche 10 volte al giorno se mi pare, con la funivia ovviamente. A parte le questioni in punta di diritto, sembra che il mancato guadagno turbi il buon umore dei funzionari cinesi o tibetani, che anche per questo hanno deciso di riscrivere i regolamenti.

A proposito di tibetani, gli amici della “Tibet Mountaineerin Association of Tibet Autonomous Region of China” sono poi irritatissimi perché hanno dato l’autorizzazione di salita dell’Everest a un gruppo di oriundi tibetani della regione del Ladakh, che come tutti sappiamo si trova in India. Questi sono saliti in vetta ed hanno esposto al vento della sommità del mondo un’enorme bandiera tibetana e l’effige del Dalai Lama, postando poi il tutto su Facebook. Apriti cielo, non si sa se l’incazzatura sia stata causata maggiormente per il fatto in sé, per la figuraccia di essere stati presi per il culo o perché qualche alto commissario politico abbia minacciato epurazioni e di peggio. Questa è l’ultima sceneggiata in materia di montagne e permessi per salirle.

Il tema vero, che ho paura che ci troveremo presto a fronteggiare, è quello della libertà di andare in montagna, su tutte le montagne del mondo. Un’utopia forse, un sogno irrealizzabile che la commercializzazione esasperata delle spedizioni e la neo ideologizzazioni delle cime stanno allontanando. Non si tratta soltanto, per quanto assurde ci possano sembrare, delle bizze burocratiche che riguardano dei funzionari statali. Attorno e dentro il Karakorum e l’Himalaya si stanno sviluppando interessi e di conseguenza movimenti potenti sia politici, che economici. Il Corridoio Economico pakistano-cinese, con l’investimento di 46 miliardi di dollari in infrastrutture per collegare l’ovest della Cina con l’oceano indiano, muterà la fisionomia socio-economica delle regioni che attraversa e per prima quella delle grandi montagne del Karakorum. L’India si oppone alla straripante influenza cinese in Asia e mette barriere e picchetti diplomatici, con interventi anche duri, che ingessano confini e libertà di movimento. La verità è poi che l’India vorrebbe essere essa stessa egemonica rispetto ad alcuni paesi, ad esempio il Nepal.

Ci sono poi le guerre che insanguinano gran parte del medio oriente a causa di dispute religiose e territoriali, oltre che tribali, e le chiusure e limitazioni in tutto il mondo alla circolazione delle persone in nome della sicurezza, che fanno si che anche le “nostre” splendide montagne siano ridiventate luoghi a rischio permessi e autorizzazioni.

Tutti vorrebbero poi cavalcare il business del turismo montano, ma i soldi sono competizione e la competizione si può pensare di vincerla anche impedendo agli altri di giocare, tagliando loro le gambe usando gli argomenti di antiche e nuove dispute e guerre; da quella del Kashmir, fino alle più indecifrabili ed attuali che stanno insanguinando l’Iraq, le regioni curde, la Siria, l’Afghanistan.

Piccola cosa questa dei permessi alpinistici a rischio continuo, ma sintomatica del malessere delle terre alte dell’Asia.

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3 Commenti

  1. Se rivedono le regole, già che ci sono rivedano anche chi è preposto a farle rispettare. Soprattutto in Cina si è soggetti alle intemperanze di militari e funzionari che, a seconda di come gli gira, decidono se una spedizione può continuare o no, fermarsi kilometri prima dal posto che si era convenuto come campo base salvo poi estorcere denaro per sistemare le cose.

  2. Per l’economia cinese le somme per i permessi sono una
    goccia d’acqua nell’oceano, i motivi sono senz’altro altri,
    presumo progetti strategici nelle zona. E’ pensabile che
    vogliano evitare che gli stranieri osservino e diffondano
    informazioni. Le faccende di Adamsky e Jornet saranno
    solo un pretesto, dato che volendo evitare cose del genere
    basta solo adattare le regole e le condizioni dei permessi.

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