Alpinismo

Fuga dal Karakorum

“Fuga dal Karakorum” è il titolo del brutto film al quale stiamo assistendo in questi giorni girando lo sguardo alpinistico a oriente.

Ieri Michele Cucchi è sceso a Concordia, dove è arrivato nel tardo pomeriggio, da lì ci ha telefonato informandoci che c’era stata una lunga riunione e discussione l’altro ieri al campo base del K2. C’erano ancora un paio di cordate di chi voleva fare un ultimo tentativo, ma gli sherpa sono stati irremovibili nel loro no, per ragioni di sicurezza. E a quel punto tutti hanno voltato la schiena al loro sogno.

Ora da vecchio esperto di questioni che riguardano le spedizioni ho chiesto a Michele che c’entravano gli sherpa, dopotutto la valanga era già scesa e quindi il pericolo era ormai disinnescato. Semmai la questione si sarebbe ripresentata al collo di bottiglia, ma dopo qualche giorno, con la neve che doveva precipitare in basso già precipitata e quella che rimaneva sui pendii almeno parzialmente consolidata, la via sarebbe stata abbastanza sicura.

Sono stato sotto quella via più volte e le spedizioni che guidavo l’hanno salita sia in condizioni molto “secche”, con le rocce tutte fuori e i pendii di ghiaccio vivo, sia con molta neve.

Normalmente poi le spedizioni rinunciano dopo la prima settimana di agosto e storicamente oltre che statisticamente è a fine luglio che si registra il maggior numero di successi sul K2.

Certo in cima ci vai o provi arrivarci se sei in grado di farlo senza usare l’ossigeno, com’è largamente accaduto per molti anni a moltissimi alpinisti, vien voglia di aggiungere, veri.

Sorprende che la spedizione polacca guidata da Jerzy Natkanski, partiti per prepararsi allo storico e titanico confronto con il K2 in assetto invernale sotto la guida del mitico Wielcki, abbia girato così disinvoltamente i tacchi, invitando sherpa e portatori pakistani a prendersi le loro tende a campo due e quel che c’era dentro, tanto per dire che loro hanno lasciato detto di pulire quel che avevano lasciato sulla montagna.

Sorprende che la decisione definitiva delle rinunce sia venuta di fatto per volontà degli sherpa. Ma non c’era un alpinista da quelle parti in grado di tirarsi su i pantaloni da solo e pensare che il K2 è una montagna che con qualche giorno di  bel tempo si può almeno tentare di salire  battendosi la pista e portandosi una tenda? L’ho visto fare prima a Gianni Calcagno e Tullio Vidoni, a Josef, a Benoit e a Martino, aJ erzy e poi a Karl, Gnaro, Michele, Walter e Ugo con Juanito e Edurne  e a qualcun altro, compresi i 7 pakistani che nel 2014 salendo sul K2 hanno celebrato il 60° della prima salita, con il buon Michele Cucchi e pure Tamara Lunger in quell’occasione.

Non che sia facile, ma si è lì almeno per provarci?  Gli sherpa invece hanno detto di no!  Ma come? E gli alpinisti? Dove sono?

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Un commento

  1. Direttamente dal Pakistan e dalla spedizione polacca abbiamo appreso che contrariamente a quanto scritto nell’articolo , loro il campo due lo hanno smontato e riportato al base tutto quanto vi era stato depositato . Ottima notizia per il K2 e grazie per aver voluto prontamente rettificare un’informazione non corretta.
    Agostino Da Polenza

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