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K2, quale strategia per evitare pericolosi assembramenti?

K2, campo 1 (Photo Daniele Nardi)
K2, campo 1 (Photo Daniele Nardi)

CAMPO BASE K2, Pakistan — Un vecchio motto dell’alpinismo Himalayano recita “Sopra i 7500 metri devi agire e comportarti come sei fossi da solo”. Una frase che sottolinea la necessità dell’assoluta autonomia di capacità e mezzi e se necessario di autosoccorso come bagaglio indispensabile per affrontare le grandi montagne.

Sono una settantina, tra alpinisti e spedizioni commerciali, quest’anno i pretendenti alla vetta del K2. La finestra di bel tempo attesa per questi giorni sta arrivando e le condizioni migliori per tentare la vetta sembrano ad oggi essere nei giorni conclusivi di questa settimana. Occorre mettersi d’accordo e conciliare molte esigenze per evitare situazioni pericolose.

Ieri sera si è tenuta una riunione al campo base del K2. Diverse le questioni sul tavolo: si tratta per prima cosa di allestire campo quattro, che nessuna spedizione ancora ha; individuare i giorni “perfetti” per tentare la cima e soprattutto evitare gli assembramenti sul collo di bottiglia, pericolosi, “al 50 per cento letali” ha voluto sottolineare qualche alpinista.

Il punto è la forte disparità della qualità alpinistica e atletica dei presenti. C’è un cecoslovacco, Radek Jaros, a cui manca solo il K2 per coronare i 14 ottomila e che è al suo quinto tentativo, ma ci sono anche per esempio un greco che non è mai salito oltre i 6500 metri, un macedone che si allena con i manubri al campo base, un olandese che ha portato fin qui la bicicletta. I forti Polacchi sono saliti in questi giorni sulla montagna e hanno trovato ancora in buon condizioni i campi alti, stanno ora facendo rientro al campo base.

Una prima selezione sarà la montagna a farla. Ma occorre tenere presente anche che ci sono gli Sherpa con i loro clienti. Stanno portando verso campo 4 85 bombole di ossigeno per i loro clienti.

“Le spedizioni commerciali hanno importato o stanno provando a importare qui il ‘modello Everest’ con tutte le sue brutture e tragiche conseguenze in termini di svuotamento del valore e del significato delle montagne e di svalutazione del significato di alpinismo. Secondo le logiche che si impongono gli Sherpa non hanno nessun interesse a collaborare con nessuno ma solo quello di portare i loro clienti in vetta, o il più vicino possibile. Sono in totale una ventina ed è evidente che fanno la differenza non tanto per loro ma per i loro clienti, normalmente persone di livello assolutamente inadeguato a salire il K2” ci dice senza mezzi termini Agostino Da Polenza che il K2 lo ha salito nel 1983 e oggi si trova al campo base per la spedizione K2 60 years later.

“Il vecchio motto Himalayano, dell’autonomia del singolo alle altissime quote, nelle spedizioni commerciali degli ultimi venti anni è totalmente venuto meno, soprattutto in queste organizzate dagli Sherpa, e sembra essere diventato ‘Pagami e ti porto in cima’. Per gli Sherpa del resto si tratta di lavorare in Karakorum sfruttando lo spazio estivo, tra la stagione premonsonica e quella postmonsonica all’Everest. Un’operazione economicamente del tutto sensata. La squadra K260 anni dopo è comunque preparata, forte e molto motivata. Una squadra in grado, in modo autonomo e senza dover per forza contare sulle strategie degli altri, di arrivare in cima. Ma non è facile liberare la mente e puntare alla vetta” conclude Da Polenza, alla sua quinta volta al K2.

Leggermente posticipata la partenza per la montagna a seguito variazioni meteorologiche . Secondo le previsioni arrivate questa mattina, e stando a quanto riportato da Michele Cucchi dal Campo Base, i giorni buoni per il tentativo di vetta potrebbero essere il 26 o il 27.

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