Alpinismo

Da Polenza: salire con l’ossigeno non vale

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BERGAMO — "Chi sale l’Everest con l’ossigeno è di fatto dopato, è come se non avesse scalato la montagna. Bisogna cancellare il suo nome  dalle classifiche ufficiali". Non usa mezzi termini Agostino da Polenza, cui non è piaciuto per niente l’atteggiamento di alcuni media che la scorsa settimana hanno esaltato in ugual misura la scalata di Nives Meroi e di Nadia Tiraboschi. E ne prende spunto per un’invettiva contro l’uso dell’ossigeno in alta quota.

Da Polenza, come mai tanto fervore?
Capisco che bisogna raccontare delle storie, e  che una vale l’altra, ma non se ne può più di

"Da settimane Sara Sottocornola sta preparando un dossier sull’uso dell’ossigeno in Himalaya. Venerdì mi ha chiesto un’intervista sull’onda dei soliti e molteplici arrivi sull’Everest: finalmente il tempo era migliorato e il coraggio aveva preso per mano le moltitudini dei campi base a Sud e Nord della montagna.

Sara mi aveva passato alcuni articoli di giornale, e ancora una volta di fronte a generalizzazioni e banalizzazioni aveva assistito alla mia reazione sopra le righe. Da qui la decisione di lanciare subito la campagna contro l’ossigeno e l’intervista, che doveva uscire stamani. Poi, le notizie di qualcuno che non si trova, ci hanno indotti alla riflessione.

Ma, forse, è meglio che questa intervista esca subito".

Agostino Da Polenza

questa  presunta ignoranza delle regole dell’alpinismo. Non si può paragonare il risultato di alpinisti che salgono l’Everest senza ossigeno a quelli che lo salgono usando le bombole. Apprezzo Nadia come ottima alpinista e guida. E stimo moltissimo Nives come alpinista e persona. Ma credo che entrambe sarebbero d’accordo con me.

 
Che differenza c’è con o senza ossigeno?
Totale. Chi sale con l’ossigeno non ha salito l’Everest, ha salito di fatto un’altra montagna. E’ arrivato fisicamente sul Tetto del mondo, ma né sportivamente, né alpinisticamente è arrivato in cima all’Everest. Non è solo una questione fisica, ma anche etica.
 
Questa differenza però è molto poco sottolineata sia dagli alpinisti che dalla stampa…
Perchè agli alpinisti fa comodo: sono molti di più quelli mediocri di quelli bravi e la stragrande maggioranza bara su tempi, modalità, farmaci assunti e talvolta droghe. Ed ai tantissimi  mediocri fa gioco la confusione. Alla stampa fa altrettanto gioco, basta vedere leggere i giornali locali dei giorni scorsi per capire. Dire che tre bergamaschi sono sulla cima dell’Everest è vero, ma è altrettanto vero che tra l’impresa di Nives e di pochi altri ogni anno, che salgono senza ossigeno, e quella dei molti c’è una disparità di valore da uno a cinque.
 
Cosa risponde a chi dice che usare l’ossigeno è una cosa responsabile perchè si rischia la vita?
Che è un’idiozia. Potrei dire il contrario, cioè che l’ossigeno è pericoloso facendo valere altrettante ragioni mediche e psicologiche.
 
Anche dal punto di vista dell’assistenza medica?
Dal punto di vista medico l’ossigeno è totalmente giustificabile, però bisogna star male per usarlo. E chi sta male deve scendere, non salire con l’ossigeno, se è un alpinista.
 
Attualmente esiste qualche regola che disciplina le salite alpinistiche?
Certo che esiste una regola. E’ quella dell’onestà. Se uno è un buon alpinista ha sicuramente le  capacità  fisiche, psicologiche, tecniche, per tentare l’Everest. E soprattutto per tentarlo senza  ossigeno. Quando non ne ha più, non ce la fa più, deve tornare a casa sua. Se invece vuole salire  l’Everest con l’ossigeno, certo che nessuno glielo impedisce, ma almeno lo dica.
 
Chi si occupa del rispetto di queste regole?
E’ più che altro lasciato alle interpretazione personale. E questo torno a dire fa comodo agli alpinisti e ai giornali che possono dire genericamente che ci sono 3 bergamaschi in cima all’Everest. Personalmente rifarei la lista/classifica di chi ha salito gli ottomila togliendo chi li ha saliti con  l’ossigeno, compresi i primi salitori.
 
Cioè, secondo lei, Hillary non ha salito l’Everest?
Hillary, Tenzing, Compagnoni e Lacedelli hanno realizzato grandi imprese alpinistiche esplorative, mettendo i piedi per primi su Everest e K2.  Ma credo che la fase esplorativa fosse da considerarsi  esaurita nel 1964, con la salita dello Shisha Pagma, l’ultimo degli ottomila (anche se il più piccolo) ad essere scalato dall’uomo. Quell’evento lasciò il posto al “gioco” alpinistico. E il primato sportivo dell’himalaysmo moderno spetta sicuramente a Reinhold Messner, che ha salito i 14 ottomila per primo senza ossigeno, in modo leale.
 
Quindi propone di cancellare il risultato e togliere la coppa, come si fa quando si scopre un  ciclista dopato?
Ci vorrebbe almeno un doppio elenco delle salite. L’ossigeno è sicuramente una forma di doping, perchè secondo l’attuale legislazione sportiva italiana e internazionale, l’ossigeno è in grado di variare in modo radicale la prestazione. Non c’è assolutamente nessun dubbio. L’assunzione di 6/8 litri di ossigeno al secondo ti portano più vicino a Rimini che alla vetta dell’Everest. Così si spiegano le prestazioni di alcuni sherpa corridori che salgono l’Everest in 10 ore. Non ho capito ancora se la loro sia ingenuità o malafede.
 
Però le associazioni alpinistiche non si muovono…
Il giochetto delle associazioni alpinistiche di non riconoscere i dettami dello sport in tema di doping da una parte sembrerebbe salvaguardare la libertà degli alpinisti – ma ho il dubbio che dietro ci sia tanta ipocrisia e  retorica -, dall’altra legittima una delle pratiche più odiose del mondo moderno dello sport. Per non parlare delle spedizioni commerciali. Il vero scandalo dell’himalaysmo odierno.
 
Molti dicono che l’alpinismo è una filosofia di vita e non può avere regole.
La negazione di ogni regola fa certamente comodo ai furbi, e sono i più. E poi non è vero, l’alpinismo è uno sport che può essere anche una filosofia di vita, o forse espressione artistica, liberazione giovanile, ricerca spirituale. Ma questo attiene alla sfera personale. Ogni sport, anzi lo sport stesso, può essere interpretato come filosofia di vita.
 
Secondo lei questa confusione verrà chiarita?
No. Secondo me rimarrà così perchè fa comodo alla stragrande maggioranza. Dire al bar del paese che si è stati in cima all’Everest fa sempre scena.
 
Non si muoverà nemmeno chi, nell’alpinismo, ha interessi commerciali?
Questi interessi sono veramente pochi. Gli alpinisti infatti se ne lamentano, e proprio  per questo – perchè alla fine ognuno deve mettere mano al proprio portafoglio e quindi si sente in diritto di fare e dire tutto ciò che vuole – poi tendono a gonfiare le proprie imprese. Alle aziende fa poi comodo pubblicizzare un Everest a buon prezzo anche se  salito da uno sfigato qualsiasi al quale hanno fatto lo sconto sulla fornitura di materiale. “Tanto la gente che ne sa”.  Non esistono più sponsor tecnici, credo che tra i pochi ad averne ci sia Simone Moro. Ma questo perchè i suoi livelli tecnici e alpinistici sono molto elevati, ha una grande capacità di comunicazione: è giusto che le aziende lo premino. Però, oltre a queste mosche bianche l’alpinismo non esiste come fenomeno "sponsorizzato". Esisterebbe se l’indotto turistico della montagna investisse in alpinismo. Ma questo non accade, le amministrazioni locali preferiscono altri tipi di promozione.
 
Non crede che in futuro la situazione possa cambiare?
Sinceramente non si vede come l’alpinismo possa essere pubblicizzato o sponsorizzato, in una situazione di confusione e omologazione come quella attuale, dove si confondono salite all’Everest con ossigeno e senza ossigeno. 
 
Cosa bisognerebbe fare, secondo lei?
Sarebbe bene che le associazioni alpinistiche  su questo tema anziché ciurlare nel manico , si dessero delle regole. Mutuandole da quelle sportive, in questo caso.
 
Le sembra probabile? Secondo le ultime notizie, persino la fiaccola olimpica che salirà sull’Everest  l’anno prossimo, sarà portata da alpinisti con le bombole…
Avremo semplicemente una fiaccola olimpica dopata. E questa mi pare la peggiore rappresentazione dell’alpinismo d’alta quota odierno. Ci sarebbe da vergognarsi per questo assoluto disprezzo del valore delle montagne, della storia dell’alpinismo e dell’etica sportiva. Spero ci ripensino.
 
Sara Sottocornola

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