KATHMANDU, Nepal — E’ pronto a dare inizio alla scalata del Kangchenjunga (8.586 metri) l’alpinista spagnolo Carlos Soria, che alla veneranda età di 74 anni sta cercando di concludere la scalata dei 14 ottomila della Terra. “Sono in ottima forma e molto motivato – ha detto Soria dal campo base – ho una gran voglia di arrivare in cima. L’ultimo tratto sarà molto complicato, non escludo di usare l’ossigeno”.
Soria è arrivato al campo base nei giorni scorsi, trasferendo tutto il materiale della spedizione con una serie di voli d’elicottero. Con lui ci sono Muktu Sherpa, compagno di tante scalate, l’alpinista e cameraman Luis Miguel López, il videooperatore Dani Salas e il médico Carlos Martínez. E’ tutto pronto, quindi, per l’inizio della scalata.
“Il Kangchenjunga è un “Montañón” – ha detto Soria alla rivista spagnola Desnivel -. E’ sorprendente, interessante ed è l’ottomila più lontano di tutti. Non l’ho mai tentato, e mi attira molto. Sono molto motivato quest’anno, ben allenato e con una gran voglia di arrivare in cima. Sono in ottima forma fisica”.
“So che c’è qualche problema di valanghe ai primi campi – spiega Soria – ma soprattutto so che l’ultimo giorno, per arrivare in vetta, sarà piuttosto complicato. Tutti gli alpinisti spagnoli che sono stati lassù, a parte i fratelli Inurrategi, hanno avuto parecchi problemi. Ho intenzione di usare l’ossigeno dall’ultimo campo (C4), anche se prenderò la decisione definitiva quando sarò lì. Voglio stare bene per la discesa. Preferisco usarlo che rischiare”.
Soria ha usato l’ossigeno nell’ultima parte della salita o in discesa solo su altre tre montagne, le più alte: Everest, K2 e Lhotse. “La maschera è spaventosa – confessa -. Ma di sicuro è molto meglio scalare con l’ossigeno: si sente meno freddo e c’è meno probabilità di avere edema”.
Per completare i 14 ottomila, oltre a questa montagna, a Soria mancano Shisha Pangma, Dhaulagiri e Annapurna.