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Messner sui 14 ottomila delle donne, quel distinguo che sfugge alla ragione

Reinhold Messner (Photo courtesy trentinocorrierealpi.gelocal.it)
Reinhold Messner (Photo courtesy trentinocorrierealpi.gelocal.it)

“Da un quarto di secolo una dozzina di donne “pazze per la montagna” ha dato vita a una sfida le cui caratteristiche vengono costantemente ridefinite: essere la prima nel cosiddetto “Progetto 14″. Così gli ottomila si sono trasformati in un’arena dove non è stato messo in scena solo l’aspetto sportivo, bensì il femminismo”. Comincia così “On Top – Donne in montagna”, il libro di Reinhold Messner dedicato all’alpinismo femminile. Una ricognizione storica ma soprattutto una riflessione sulla corsa ai 14 ottomila: un prestigio finalmente eguagliato agli uomini, che pure colui che per primo fu “re”, non tralascia di criticare.

Se c’è una cosa che Messner dice chiaramente e a più riprese è che le donne in montagna possono andare come e meglio degli uomini. Certo storicamente hanno faticato loro per prime a pensarsi in diritto di scalare i monti; hanno dovuto abbattere un tabù che le voleva ad aspettare a casa i mariti in montagna. Poi nel corso del secolo scorso le cose sono cambiate e finalmente “l’antica supremazia maschile è diventata ridicola”, oggi “la parità dei sessi è realtà in montagna”.

Messner ripercorre per sommi capi alcune tappe di questo processo di emancipazione, per lo più attraverso l’esempio di alcuni grandi nomi del passato. Riporta, prendendone le distanze storiche, un divertentissimo stralcio di “Arrampicata femminile”, l’articolo pubblicato nel 1912 in cui Paul Preuss prende in giro con uno sprezzante sarcasmo l’andare in montagne del gentil sesso. Il re degli ottomila difende con convinzione il diritto delle mamme di fare alpinismo, anche ai massimi livelli, senza sentirsi tacciare di egoismo nello scegliere di affrontare grandi rischi nonostante i figli a casa. Per Messner in questo, madri e padri hanno gli stessi diritti, o le stesse colpe. E così scagiona una volta per tutte Alison Hargreaves, la fortissima americana morta sul K2, pesantemente criticata per aver salito in solitaria la Nord dell’Eiger quand’era incinta di 6 mesi.

Lynn Hill (Photo patagonia.com.au)
Lynn Hill (Photo patagonia.com.au)

Tra i migliori esempi dell’alpinismo femminile non possono mancare Wanda Rutkiewicz e Catherine Destivelle, ma è a Lynn Hill che l’alpinista di Funes dedica e il ritratto più limpido, l’unico forse in cui non si rilevano ombre. E non tanto per la straordinaria bravura della climber di Detroit, quanto per l’approccio con il mondo verticale, o il mondo tout court. Lynn Hill è stata la prima a salire in libera e in solitaria la difficilissima via del Nose, a El Capitan. Prima fra le donne ma anche prima fra gli uomini. Veramente “prima”, insomma. E questa mancanza di aggettivi di genere, questo andare oltre alle classifiche e ai paragoni tra uomini e donne, l’ha innalzata su un piano altro e più alto: quello in cui non si fanno distinguo e si è bravi non in senso relativo. È questo per Messner l’ultimo stadio, nonché quello più vero, della parità dei sessi.

Ma i distinguo di genere, indice di discriminazione, a volte sfuggono al controllo delle ragione, anche per il re degli ottomila. Nella corsa ai “14 cieli” “è il prestigio l’oggetto del desiderio di cui si va in cerca puntando al tetto del mondo – scrive Messner -. Questo prestigio è diventato un chiodo fisso anche per le donne. Tanto più che il progetto di scalare tutti gli ottomila prometteva un riconoscimento enorme. Questo traguardo ha dominato le candidate, ha condizionato il loro modo di pensare, la loro sensibilità, il loro comportamento. Fino alla paralisi”. L’ambizione a diventare la prima le avrebbe fatte precipitare in una lotta non priva di accuse ingiuste perché non comprovate. Invidie e atteggiamenti duri soprattutto nei confronti della coreana Oh Eun-Sun, che ancor prima di strappare alle altre il titolo, aveva avuto la colpa di inserirsi in un gioco che, secondo Messner, le occidentali consideravano loro esclusività.

Gerlinde Kaltenbrunner (Photo spiegel.de)
Gerlinde Kaltenbrunner (Photo spiegel.de)

“Perché questo sgomitare – si chiede -, queste accuse reciproche? Perché tanta mancanza di fiducia tra le rivali? Mi domando perché le donne debbano imitare gli uomini anche nei comportamenti autoritari”. Come se di imitazione si trattasse, e non semplicemente di un meccanismo umano, che scatta naturalmente senza prerogative di genere.

Oh Eun-Sun, Gerlinde Kaltenbrunner e Edurne Pasaban sono le vere protagoniste di “On Top”. Di ciascuna il re degli ottomila traccia un ritratto, evidenzia senza parsimonia di complimenti dove sta la loro forza, dove la loro bravura, ma anche critica comportamenti, in particolare in relazione alla corsa ai 14 ottomila. Partendo dalla premessa che ad oggi l’alpinismo sulle vette più alte del mondo è per lo più un alpinismo “di pista” – perché le vie normali vengono tracciate, assicurate, spianate come se si trattassero di piste di un comprensorio sciistico -, non ha alcun senso per Messner insistere troppo sullo stile delle loro salite.

Se inizialmente alla “corsa” partecipavano Kaltenbrunner, Pasaban e Nives Meroi – quest’ultima solo sfiorata nel discorso, ma comunque considerata un modello virtuoso per essere stata coerente con quanto predicato, ovvero il disinteressa ad essere la prima sui 14 ottomila, tanto da rinunciarvi per star vicino al marito -, con la discesa in campo della coreana gli equilibri sono saltati. La spagnola e l’austriaca, fintanto che non si sono sentite minacciate da Miss Oh, sarebbero state rivali. Poi avrebbero fatto fronte comune contro il fastidioso “intruso” d’Oriente.

Oh Eun-sun (Photo csmonitor.com)
Oh Eun-sun (Photo csmonitor.com)

“Gerlinde e Edurne gridavano ai quattro venti quanto si stimano e che la loro amicizia sarebbe sicuramente durata ben oltre la loro rivalità – scrive Messner -. Poi diedero voce agli stessi pregiudizi, registrati e amplificati dai giornalisti. Miss Oh: ‘Priva di buon gusto!’ I suoi 14 ottomila? ‘Uno scandalo!’ Solo una provocazione? O un modo per mettere in discussione la realtà? La gara era ancora aperta? A quel punto ne ebbi abbastanza. Benché inizialmente non provassi particolare entusiasmo per Miss Oh e il suo stile, mi sentii in dovere di prendere posizione in suo favore”.

Paradossalmente (perché l’accusa mossa alla coreana dal suo stesso club alpino è quella di aver mentito sulla vetta al Kanchenjunga), per Messner Miss Oh ha principalmente un merito: quello di essere stata onesta con se stessa e con gli altri nell’ammettere il proprio obiettivo, diventare la prima signora dei “14 cieli”. Un’onestà che nelle altre è mancata, in particolare, a suo dire, è mancata alla Kaltenbrunner, a cui Messner riserva le maggiori critiche proprio in ragione di questo.

Se è vero che Miss Oh ha usato l’elicottero e l’ossigeno, che ha scalato le montagne in grande fretta pur di essere la prima, le sue rivali sarebbero tutt’altro che senza macchia. La Pasaban. che pure ha preso l’ossigeno in un paio di circostanze, è stata aiutata da un grosso team organizzato. La Kaltenbrunner – sostiene Messner – si sarebbe avvalsa dell’esperienza e dell’aiuto del marito Ralf Dujmovits e della sua organizzazione logistica (cosa in realtà smentita dall’austriaca, che ha sempre sostenuto di essersi mossa in autonomia). Tutte hanno usato le corde, tutte sono salite dalle vie normali, le famose “piste”.

Edurne Pasaban
Edurne Pasaban

Quindi inutile fare leva sull’etica della salita. “Uno stile non può essere condannato dal punto di vista morale – dice Messner -. Perché emarginare e punire Miss Oh? Si rivendica l’idealismo, che tuttavia a uno sguardo più attento si rivela uno strumento di potere nelle mani dei perdenti. [..] Alla fine la gara si è trasformata in una contesa verbale, e il triste epilogo ha soffocato il successo collettivo. Invece di dare vita a un alpinismo femminile autonomo, con i propri miti, ha lasciato spazio alle polemiche”.

Ma, mi domando: si può davvero capire da fuori come le protagoniste hanno vissuto intimamente la corsa ai 14 ottomila? Se è sbagliato (in assenza di prove certe) mettere in discussione la parola dell’alpinista che proclama la vetta, non lo è altrettanto mettere in dubbio la sua dichiarazione di intenti, anche in termini di ambizioni? E rispetto alle polemiche: non è forse nella natura umana desiderare il prestigio, ambire ad essere il primo? Non è questa la ragione che spiega come mai polemiche di questo tipo siano così frequenti, nell’alpinismo come in molti altri ambiti, dove c’è in palio un primato assoluto? Per quale ragione le donne dovrebbero essere superiori a questi meccanismi? Perché il gioco dovrebbe essere diverso, persino migliore di quello fra uomini? Anche in un’accezione positiva e forse inconsapevole, questi distinguo si scontrano con quella parità dei sessi (quella senza aggettivi di genere) sostenuta da Messner come una realtà in montagna fin dall’inizio del libro, che rimane comunque un’ottima occasione di riflessione, ora che la corsa ai 14 ottomila ha finalmente trovato le sue vincitrici.

 

Copertina On top
Copertina On top

 

 

Titolo: “On Top – Donne in montagna”
Autore: Reinhold Messner
Casa Editrice: Corbaccio
Pp. 453
Prezzo 19,90 Euro

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8 Commenti

  1. Verità dei fatti??? Ma ti rendi conto di ciò che dici? Messner pur di pubblicare libri ultimamente sta scrivendo di cose che assolutamente non concosce se non guardandole dalla poltrona del suo museo. Purtroppo c’è gente che gli crede solo perchè si chiama Messner.

  2. Non me ne voglia Valentina,non la conosco nemmeno,ma non ho letto per intero il suo articolo.Farei prima a leggermi tutto il libro….
    Sig.Giorgio,non conosco nemmeno Lei,ma se avesse sessant’anni e avesse più o meno rischiato l’osso del collo per un ventennio con un conto corrente miliardario non mi toglie dalla testa nessuno che Lei farebbe le stesse cose del Sig.Messner!!
    Sarebbe ora di smetterla con queste affermazioni….pantofolaio,montanaro da salotto e chi più ne ha più ne metta!!Non c’è bisogno di andare tanto lontano,basta leggere le ultime discussioni senza necessariamente doverla pensare alla stessa maniera mi basterebbe un minimo rispetto.Tu non sai niente di “me” ma soprattutto io non so niente di “Te”.E se proprio sei così un fenomeno allora mi aspetto da Te altre considerazioni….
    Ho sconfinato un po con il mio pensiero ma spero di essere stato chiaro lo stesso

  3. Per quanto mi riguarda Messner potebbe anche scrivere libri sulla fisica quantistica ma per me le sue parole sarebbero comunque oro colato; condivido tuttavia il fatto che gli ultimi libri non siano lontanamente paragonabili a quelli scritti in occasione delle sue esperienze alpinistiche, ma da qui a dire che non conosce l’argomento mi sembra eccessivo.
    Per quanto riguarda la parità prestazionale delle donne rispetto agli uomini, a parte Lynn Hill che, come giustamente fa notare Messner, è stata la prima (e l’unica) in assoluto a fare per prima quello che nessun uomo era mai riuscito a fare (tuttavia si trattava di arrampicata e non alpinismo), mi sembra sia ancora lontana.
    Sicuramente mi sbaglierò, ma nel momento in cui due donne, in piena autonomia e puro stile alpino, riusciranno ad aprire una via tutta loro come quelle di Urubko o di House rispettivamente sul Cho Oyu o sul Nanga Parbat su montagne di pari altezza e difficoltà, allora sarò pronto a ricredermi.

  4. In tutto questo ci vedo solo una grande stupidità: la doppia competizione. La prima quella verso la montagna e se stessi, la seconda quella contro altre persone per compiacere gli sponsor

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