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Trento, vince un film sulla Terra ma Manolo fa man bassa di premi

VIvan Ias Antipodas
VIvan Ias Antipodas (Photo www.trentofilmfestival.it)

TRENTO — La vita scorre con ritmi diversissimi, in luoghi opposti, in mondi agli antipodi. “¡Vivan las Antipodas!” è il film vincitore della Genziana d’Oro della 60esima edizione del Trento FilmFestival, l’originale documentario del regista russo Victor Kossakovski. La seconda Genziana d’oro, quella del Club Alpino Italiano è però tutta italiana, essendo andata a “Verticalmente Demodé”: il film di Davide Carrari, che ha per protagonista Manolo, ha fatto man bassa di premi, avendo vinto anche il Premio Mario Bello e il Premio città di Imola. La Genziana d’oro città di Bolzano è andata invece al documentario “La Nuit Nomade” di Marianne Chaud, dedicato ai nomadi di Ladakh.

La Giuria internazionale – composta Eliza Kubarska (Polonia/Poland), Ramyata Limbu (Nepal), Victor Boyarsky (Russia), Hugh Purcell (Gran Bretagna/UK) e Mario Casella (Svizzera/Switzerland) – ha valutato 26 pellicole per questa 60esima edizione del Trento FilmFestival. Il verdetto sul vincitore però è stato emesso senza discordanze e all’unanimità. “¡Vivan las Antipodas!” è stato giudicato infatti “un indimenticabile omaggio alla Madre Terra nella sua diversità – si legge nella nota ufficiale -, maestosità e antichità. L’idea è ingegnosa, la realizzazione è piena di qualità artistiche e tecnicamente brillante”.

Unanime il giudizio anche su “Verticalmente Démodé”, il film di Davide Carrari che ha riportato sulla scena il simbolo dell’arrampicata italiana, Maurizio Zanolla, in arte Manolo. “Nonostante l’alto livello dei film in questa categoria, la Giuria è stata unanime nell’attribuire la Genziana d’Oro per il miglior film di alpinismo ad un film che incarna la pura idea del free climbing. Vivere, sognare la scalata attraverso lo studio e la progettazione meticolosa, sino all’ultima coraggiosa ascesa; questo film dimostra che l’arrampicata libera non è soltanto uno sport ma un’arte creativa. Manolo spinge costantemente le sue capacità oltre i propri limiti, in un’opera profondamente legata alle Dolomiti”.

Ultima delle Genziane d’oro, quella della città di Bolzano, è andata a “La Nuit Nomade”, di Marianne Chaud. “Anche in questo caso la giuria ha deciso all’unanimità – recita il comunicato -. Attraverso una narrazione ricca di sensibilità e un profondo legame stabilito con i nomadi di Ladakh, la Regista ha diretto un film di rara esplorazione umana, grazie al quale il pubblico può condividere le avventure dei nomadi e la loro battaglia senza speranza per difendere la loro vita e cultura sull’altipiano tibetano”.

La Genziana d’argento al miglior contributo tecnico-artistico è andata a “La vie au loin” di Marc Weymuller, votata dalla maggioranza dei giurati, dopo una lunga discussione, “per le sue qualità poetiche e filosofiche”. Menzione speciale contributo tecnico a “Die Huberbuam” di Jens Monath, assegnata “per i virtuosismi tecnici di questo film in 3D. Questa tecnica permette agli spettatori di vivere, come mai prima, le sfide dell’arrampicata estrema, tenendoci col fiato sospeso”.

La Genziana d’argento al miglior mediometraggio è stata vinta da “La Voie Bonatti”, di Bruno Peyronnet. “La giuria ha deciso di scegliere un film coraggioso e realizzato con stile – si legge nelle motivazioni dei vincitore del Trento FilmFestival -, capace di collegare attraverso una corda sottile l’eroica epoca dell’alpinismo e le sfide affrontate dagli scalatori contemporanei. ‘La Voie Bonatti’ offre una prova evidente che anche oggi che gli alpinisti possono contare su un equipaggiamento avanzato, lo spirito di Bonatti è fondamentale per raggiungere la vetta. Questo film ci ha colpiti, sotto ogni aspetto”.

La Genziana d’argento al miglior cortometraggio è stata assegnata a “Cold”, il pluripremiato film di Anson Fogel che racconta la prima salita invernale al Gasherbrum II, realizzata da Simone Moro, Denis Urubko e Cory Richards. “Il miglior cortometraggio è un documentario che ha la capacità di mostrare cosa sia la vera sofferenza e la sopravvivenza nell’ascesa invernale di una delle cime più alte al mondo – recita la nota -. Una storia molto personale che mostra emozioni estreme, capace, alla fine della visione, di farci sentire congelati”.

“Strong, A Recovery Story” di Andras Kollmann è invece il vincitore del Premio della giuria, che “ha ritenuto che un solo film potesse rientrare in questa categoria, un film che possa ispirare e, al contempo, essere un tributo allo spirito umano. È la storia di Zsolt Eross, della sua rinascita in seguito alla perdita di una gamba e del suo ritorno sull’Himalaya per scalare per la nona volta un 8.000 metri”.

Stoff Der Heimat di Othmar Schmiderer” è stato premiato come miglior film della categoria Museo usi e costumi della gente Trentina. “Nell’ambito di una selezione molto ricca di documentari legati all’etnografia della montagna di oggi – ha motivato la Giuria -, nella quale, anche limitando lo sguardo alla sola Europa, hanno fatto spicco in questa 60esima edizione del Trento Film Festival alcuni prodotti di notevolissima qualità, Stoff der Heimat di Othmar Schmiederer (Austria, 2011) si impone all’attenzione come una ricerca originale e molto articolata sul tema controverso e molto attuale del costume alpino tradizionale, addentrandosi con compunta determinazione etnografica all’interno del campo minato delle sue ingombranti valenze ideologiche. Su questo terreno difficile, il film non rinuncia a uno sguardo sagace, rispettoso e ironico insieme, e si presenta pertanto come un grande libro aperto, che risulterà indispensabile a chiunque voglia provare a capire e a interpretare i motivi veri, sulle Alpi e dintorni e più che mai oggi, del mettersi o rimettersi in costume”.

Oltre alla Genziana d’Oro Club Alpino Italianom, “Verticalmente Demodè” ha vinto anche il Premio Mario Bello, andato al “miglior film di alpinismo realizzato da alpinisti che divulgano le loro imprese attraverso il mezzo cinematografico, anche con ridotti mezzi di produzione”, e il Premio Città di Imola, riconoscimento un tempo assegnato alla Mostra del Cinema di Venezia al miglior film italiano in concorso. Il premio nel 2004 è stato reintrodotto al TrentoFilmfestival per essere assegnto “al miglior film, documentario o fiction di autore italiano e prodotto in Italia”. La Giuria del premio “Città di Imola”, è stata composta da Reinhold Messner (Presidente), Italo Zandonella Callegher, Valter Galavotti, Assessore alla cultura del Comune di Imola, Roberto Paoletti, Sezione CAI di Imola e Giuseppe Savini, Fondazione Cassa di Risparmio di Imola.

Il Premio “Gianbattista Lenzi, Rino Zandonai e Luigi Zortea ”Al Miglior Reportage Televisivo” è andato, per questa 60esima edizione, a Piccola Terra di Michele Trentini. “Il film premiato racconta di una località della Valsugana dove rivivono tradizione, emigrazione ed immigrazione”, mentre il Premio Solidarietà cassa Rurale di Trento è stato assegnato a “Lasciando la Baia del Re” di Claudia Cipriani, per l’opera che interpreta meglio “le situazioni di povertà, ingiustizia, emarginazione ed isolamento sociale che, nella solidarietà e nell’aiuto reciproco, possano trovare il loro riscatto, come avvenne alle origini del movimento cooperativo nelle vallate e nelle montagne del Trentino”.

Il Premio Studenti dell’Università di  consegnato all’opera di particolare valore culturale realizzata da un autore di età inferiore ai 33 anni, è stato assegnato dalla giuria studentesca a “Shoshala” di Yannick Boissenot: “un’opera dalla narrazione incalzante che, attraverso uno stile efficace proprio per la sua continuità e semplicità, proietta lo spettatore all’interno di un’impresa che confonde i limiti del viaggio. Il premio “Spirito outdoor Iog”, istituito per la prima volta quest’anno dall’Italian Outdoor Group, è stato assegnato all’opera in grado di raccontare al meglio lo spirito più autentico dell’outdoor: soft, slow, non estremo. La Giuria – composta da Vinicio Stefanello (Presidente), Benedetto Sironi, Stefano Mayr, Isabella Gomez, Gerardine Parisi – ha premiato “Vite tra i vulcani” di Mario Casella e Fulvio Mariani,  il film che meglio esprimere “i valori dell’attività all’aria aperta”, raccontando “con estrema semplicità un viaggio di scoperta dove la meta e “l’impresa sportiva” spariscono diventando un pretesto per vivere la natura come luogo dove conoscere meglio se stessi e una cultura diversa dalla propria”

Infine il premio “Luciano Emmer”, assegnato dal Direttivo Nazionale del Sngci, è andato a “L’enfant d’en haut” di Ursula Meier. “Il film – si legge nella nota -esplora gli squilibri e le contraddizioni nascoste nel mondo dorato di una stazione sciistica di lusso.

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