La cifra umana di Nirmal Purja
L’alpinista nepalese sarà a Courmayeur il 10 febbraio per condividere la sua incredibile storia e i suoi obiettivi per il 2024. Ma che “Nims” sia un uomo speciale a 360° ce lo ricorda, qui, chi lo conosce bene
Nirmal Purja è entrato a passo sicuro, ma silenzioso, nel mondo delle Grandi Montagne, dando il tempo a qualcuno di pensare che fosse una meteora, uno sbruffone destinato a svanire, oppure una macchietta sulla quale creare barzellette, magari a sfondo vagamente razzista.
L’ingresso nel mondo dell’alpinismo di Nims o Nimsdai, appellativo con cui si fa chiamare e che tradotto suona come “fratello Nims”, ha incontrato dapprima grande scetticismo, quindi un certo interesse ed infine un malcelato fastidio per come è riuscito a scombinare le regole del gioco nel mondo delle spedizioni dirette alle montagne più alte della Terra, in Himalaya.
La sua corsa al “Progetto Possibile”, inizialmente guardata con superficiale dileggio nella sua patria d’adozione, ovvero la Gran Bretagna, è poi arrivata a rivelarsi una delle sfide più grandi degli ultimi anni non solo contro le difficoltà tecniche delle salite alle grandi montagne, ma forse soprattutto contro le difficoltà organizzative e la sfiducia dei media e della società nei suoi confronti. La riuscita del suo progetto, comunque, ha colto pressoché tutti impreparati e ben pochi sono stati i giornalisti e gli scrittori in grado di produrre anche solo una riga di più su quanto avvenuto.
Grande eccezione ed esempio di dedizione al lavoro del cronista è quello di Sandro Filippini, che ha iniziato a seguire pedissequamente le sue imprese, coinvolgendomi in traduzioni e controllo incrociato delle fonti. Grazie a lui la Gazzetta dello Sport è arrivata a pubblicare un articolo a due pagine dedicato a Nirmal Purja, a firma di Alessandro Filippini e del sottoscritto, frutto del nostro primo incontro con l’ex gurkha nepalese in occasione della sua prima comparsa pubblica in Italia dopo la sua impresa.
E’ poi sempre Sandro Filippini, qualche mese dopo, ad estrarre dal cilindro una delle sue magie, facendo sì che arrivi per l’outsider nepalese un invito a Bolzano, dove ci sono io ad accoglierlo per accompagnarlo a Castel Firmiano, dove il baffuto giornalista della Gazzetta è ad attenderlo con una troupe cinematografica pronta a riprendere lo storico incontro tra Nirmal Purja e Reinhold Messner.
Quel pranzo a casa Messner
La giornata inizia all’ora della prima colazione durante la quale io e Nimsdai ci lasciamo andare a considerazioni personali sulla vita familiare e, mentre ci dirigiamo in auto verso il Messner Mountain Museum, parliamo anche della traduzione del suo libro per il quale mi prega, con estrema delicatezza, di fare attenzione al modo e ai termini che lui usa per raccontarsi, un mix di linguaggio narrativo britannico con espressioni, immagini e figure tratte dal linguaggio militaresco, inseriti in un modo di pensare e in un sistema di valori assolutamente nepalesi. Una sintesi culturale ed umana che dà un valore aggiunto al libro, vera e propria trasposizione letteraria di una personalità che relegare al solo ambito alpinistico sarebbe ingiusto e riduttivo.
Giunti a Castel Firmiano l’incontro, per molti aspetti certamente memorabile, tra le due leggende dell’alpinismo viene ampiamente ripreso e documentato nel film di oltre quaranta minuti prodotto dalla Gazzetta dello Sport con la regia di Sandro e mia.
Terminate le riprese, a tavola, arriva una piccola lezione di vita, fornita gratis e senza la pretesa di insegnare alcunché a nessuno. Reinhold Messner, come d’abitudine, ci offre nel ristorante interno al museo un pranzo curato dal suo personale: Kurt, il gestore, ha a disposizione un cuoco proveniente proprio dall’area con le montagne più alte del mondo e gli è quindi possibile proporre pietanze tipiche delle Terre Alte. Il padrone di casa è però in una fase in cui mangia poco, quindi lascia sul piatto praticamente metà del cibo.
Quando abbiamo ormai terminato di mangiare quasi tutti e siamo già giunti al grappino, Nimsdai ci rivolge uno sguardo interrogativo prima di dire:
“Scusate, ma questo piatto non lo finisce nessuno?”
Io non so cosa dire, Reinhold lo guarda un po’ imbambolato e quasi scusandosi dice:
“No, non mangio più, per oggi mi sento pieno…”
Al che Nims, tranquillo e imperturbabile, inizia a mangiare ciò che è nel piatto.
Io credo di capire e sto zitto. Reinhold, da buon padrone di casa, chiede immediatamente:
“Ma Nims, se hai fame ti faccio preparare…”
Nimsdai non lo lascia finire.
“No, grazie, non farmi portare nulla. Questo è cibo e non esiste che venga buttato o sprecato. Se arriva sulla tavola, sul piatto, dev’essere mangiato”.
Una voce scomoda
Molti guardano ancora con malcelato fastidio a chi poi ha salito il K2 in inverno ed ha fatto compiere il salto di qualità all’alpinismo nepalese.
Nirmal Nimsdai Purja per far diventare realtà il suo sogno ha però messo in gioco sé stesso ed ogni suo bene, ipotecando anche la propria casa. Ha messo sul piatto il massimo della posta, la sua stessa vita, alla ricerca però del rischio calcolato e mai dell’azzardo. Ha deciso di aiutare, riuscendoci, il suo popolo a rialzare la testa, disturbando così non poco i finti amanti dell’esotico, in realtà cripto-razzisti che amano certi luoghi solo per potersi sentire “superiori” e sfruttare tale posizione.
Nel suo libro ha lanciato palesi accuse di malversazione e corruzione alla classe dirigente del suo Paese, quando invece facendo finta di non vedere gli si sarebbe spalancata una facile strada verso ben altro, sfruttando il suo status di eroe nazionale.
Nimsdai, però, è una delle persone più orgogliose, rette e rispettose degli altri che abbia conosciuto. Una persona vera, di cui sono in troppi ora a parlare e scrivere senza averlo incontrato e conosciuto di persona e soprattutto senza essersi informati sulle sue imprese e senza averlo ascoltato raccontarsi o aver letto ciò che ha scritto.
Il suo è stato un exploit che ha dato avvio al ritorno degli Sherpa al ruolo che loro compete:
non più portatori d’alta quota, ma grandi professionisti della montagna e, ormai, semplicemente grandi “alpinisti”. Il tutto in attesa che il mondo riesca a mettersi d’accordo su cosa voglia dire essere alpinisti nel XXI secolo.
Approfondimenti:
- Nimsdai Purja, Oltre il Possibile, Solferino, Milano 2020; nuova edizione aggiornata, Milano, Solferino, 2022
- V. anche il capitolo dedicato a N. Purja in L. Calvi, Lost in Translation, Roma, Edizioni del Gran Sasso, 2023.
Vero. Ho visto il documentario su di lui e dobbiamo confermarlo: é un ragazzo straordinario che ha fatto cose straordinarie coinvolgendo nelle sue imprese un gruppo altrettanto forte e affiatato. Leggerò sicuramente il libro e ne farò tesoro. E proprio in virtù delle sue doti umane e sportive che non mi ha sorpreso il grande gesto nei confronti dei suoi compagni di avventura all’arrivo in vetta sul K2 d’inverno. Tutti insieme a condividere un’impresa entrata nella storia, anzi direi nella leggenda. Conservare l’umiltà di fronte alle luci del palcoscenico della fama non è cosa facile. É segno di grande saggezza, intelligenza, forza d’animo ed educazione. E il suo attaccamento alla figura materna e alla famiglia é l’indicatore che il ragazzo é stato cresciuto in modo sano, onesto e rispettoso, come d’altronde dispone il nascere e il crescere nelle terre himalayane. Un bravo a tutti, davvero meritato.