Gente di montagna

Hans Dülfer

“La tecnica dell’arrampicamento venne realmente innalzata da Dülfer a una perfezione scientifica. Ciò che per Preuss e altri maestri era semplicemente un istinto e un’arte, con Dülfer divenne arte, scienza e consapevolezza nel medesimo tempo”.

Domenico Rudatis

La storia dell’alpinismo non è esente da facili schematismi. Così la vulgata spesso ci consegna la figura di Hans Dülfer semplicemente come “l’anti Preuss”.

Da una parte l’alfiere dell’arrampicata libera senza mediazioni e compromessi. Dall’altra l’uomo della corda e del chiodo, lo scalatore disposto ad affidarsi alla tecnica e ai mezzi artificiali per esplorare nuovi limiti delle possibilità umane.

Si tratta di una semplificazione ingiusta e storicamente errata: i grandi itinerari aperti da Dülfer in in cordata e in solitaria sono lì, a testimoniare un talento equivalente o persino superiore a quello del “rivale” Preuss, nonché una visione innovativa del concetto di scalata e di via, che fanno di lui un precursore e forse già pienamente un interprete dell’epoca del sesto grado.

La vita e l’alpinismo

Hans Johannes Emil Dülfer nasce il 23 maggio del 1892 a Barmen, un borgo della regione della Ruhr, nell’attuale Germania.

Il suo paese natale è ben distante dalle montagne, ma la condizione economica della famiglia è sufficientemente agiata da consentire, nel 1910, una vacanza nelle Alpi dei Grigioni, dove il diciassettenne Hans e il padre, accompagnati da una guida, salgono il Silvretta. Il giovane scalatore si mostra da subito perfettamente a proprio agio sul terreno ripido, tanto che, per le ascensioni successive, non ci sarà più alcun bisogno della guida e sarà lui stesso a fare da primo di cordata.

Nel 1911 Hans si trasferisce a Monaco dove frequenta l’università (si iscriverà dapprima alla facoltà di Medicina, poi a quella di Legge e infine a Filosofia). Proprio nella capitale della baviera viene in contatto con il gruppo di scalatori che in quegli anni sta esplorando i nuovi limiti dell’arrampica.

Il suo mentore è Hans Fiechtl da cui apprende i segreti dell’utilizzo della corda e dei chiodi. Dülfer però non ha bisogno di un lungo apprendistato per mostrare tutto il suo talento e, nel giro di pochi mesi, già supera il maestro, mettendo a punto la tecnica di traversata con la corda in tensione, che si rivelerà un espediente formidabile per superare i passaggi “impossibili” in arrampicata, e migliorando il sistema della discesa in corda doppia con l’adozione della posizione “seduta”, che verrà poi adottata da tutti gli alpinisti fino all’introduzione dei discensori.

Quello da subito che tutti i contemporanei gli riconoscono è però l’impeccabile stile di scalata. Hans sembra capace di interpretare la roccia come uno spartito musicale: metodo, ritmo eleganza e armonia sono le sue doti migliori. Non per nulla è anche un eccellente e appassionatissimo musicista. Chi lo vede in azione sulle pareti non esita ad affermare: “Dülfer non arrampica, egli accarezza la roccia”. Esemplare è lo stile da lui messo a punto per superare le fessure più difficili con un dinamico gioco di equilibri e tensioni muscolari, che poi verrà canonizzato su tutti i manuali di alpinismo come tecnica “alla Dülfer”.

Forse proprio qui sta la principale differenza fra la sua visione dell’alpinismo e quella di Paul Preuss, l’altro fuoriclasse del suo tempo. Se per quest’ultimo la scalata è prima di tutto un’esperienza etica, un percorso di conoscenza e miglioramento di sé, che deve per forza passare attraverso la rinuncia a sicurezze e supporti esterni, per Dülfer l’esperienza in parete assume un valore estetico. I movimenti armonici del corpo, tanto quanto i mezzi artificiali, sono per lui gli strumenti con cui eseguire le proprie “sinfonie” fra gli appigli. Nelle sue ascensioni comincia ad affermarsi il concetto di eleganza e logica della linea di salita, che prevale sul semplice raggiungimento della cima o sul superamento della parete più ostica.

Certo è che i due scalatori provavano un profondo rispetto reciproco e, seppur con idee tanto diverse, non entrarono mai in diretta polemica fra loro; ciò, probabilmente, anche a seguito del carattere estremamente schivo e riservato di Dülfer.

Fra i due Preuss è stato un alpinista più completo, capace di esprimersi ad altissimi livelli anche nell’arrampicata su ghiaccio e misto tra le grandi montagne delle Alpi occidentali e centrali, ma il livello di abilità nella scalata su roccia raggiunto da Dülfer trova difficilmente confronti fra tutti i suoi contemporanei.

Già nel 1911, il suo primo anno di effettiva attività, la nuova visione di Dülfer prende forma in salite di eccezionale livello, come quella del camino orientale della parete nord del Totenkirchl, nel Wilder Kaiser, superato in cordata con Ludwig Hanstein.

Nel 1912 mette a segno uno dei suoi più grandi successi, salendo con Walter Schaarschmidt la est del Fleischbank, la parete più bella e difficile del Kaisergebirge, che già aveva respinto i tentativi di alcuni fra i migliori scalatori dell’epoca, come Fiechtl, Georg Sixt, Otto Herzog e Adolf Deye. Per affrontare un’impresa così ardua Dülfer e il compagno non esitano ad adottare una tattica scevra da inibizioni: si calano infatti dall’alto per esplorare i punti più difficili e poi salgono velocissimi, mettendo a frutto la nuova tecnica di traversata con la corda e individuando con grande intuito il percorso più logico fra le difficoltà estreme.

Ancora più disinibito è l’approccio con cui, l’anno successivo, Dülfer e Willi von Redwitz si confrontano con la ovest del Totenkirchl. Tanto l’obiettivo quanto l’attrezzatura che portano con sé sembrano più consoni a una cronaca dell’alpinismo acrobatico degli anni 30 che alla loro epoca ancora pionieristica. Sono 600 metri di parete verticale e compatta e i due si preparano ad affrontarla con quaranta metri di corda, ventisei chiodi e una punta per forare la roccia! In sole 7 ore e mezza riusciranno a venirne a capo. Il perforatore, e probabilmente anche buona parte dei chiodi, rimarranno inutilizzati nello zaino, ma questa salita sicuramente contribuisce a sdoganare un modo di concepire la scalata su roccia che, nel bene e nel male, segnerà l’evoluzione dell’alpinismo nei decenni a venire.

Dülfer paladino della scalata artificiale dunque? Certamente no, o almeno non solo, se si pensa alle innumerevoli sue altre scalate dove domina la libera, come quella del grande diedro della parete sud del Catinaccio d’Antermoia, aperta praticamente in solitaria dopo che, al secondo tiro, la compagna Hanne Franz aveva rinunciato alla salita. Una via dalla cui difficoltà lo stesso Reinhold Messner rimase impressionato.

Poi c’è l’altro capolavoro, realizzato sempre nel 1913 e sempre sull’amata parete del Fleischbank: la mitica “Dülferriss”, la fessura Dülfer, salita da solo e con l’ausilio di un unico chiodo. I ripetitori le attribuiranno una difficoltà di V grado superiore e la via rimarrà, fino alle imprese di Comici, la più difficile scalata solitaria di tutte le Alpi orientali.

Dopo solo quattro anni di ascensioni, Dülfer, nonostante la sua proverbiale riservatezza e umiltà, è divenuto ormai una vera e propria celebrità e, vista la giovanissima età, sembra destinato ad essere ancora a lungo protagonista dell’evoluzione della scalata.

Nel 1914 però la bufera della Prima Guerra Mondiale si scatena sull’Europa e Hans decide di presentarsi volontario, arruolandosi nel Primo Battaglione Bavarese di Sciatori. Il 15 giugno del 1915 muore sul fronte occidentale, nei pressi di Arras, per una fatale ferita alla gola causata dalle schegge di una granata.

Le principali ascensioni

1911 – camino orientale della parete nord del Totenkirchl, con Ludwig Hanstein
1911 – parete sud della Croda Da Lago, con Hans Kämmerer
1912 – parete est del Fleischbank, con Walter Schaarschmidt
1912 – parete ovest della Cima Grande di Lavaredo, con Walter von Bernuth
1913 – “Dülferriss” sul Fleischbank (in solitaria)
1913 – parete ovest diretta del Totenkirchl, con Rudolf von Redwitz
1913 – Torre del Diavolo nei Cadini di Misurina, con Walter von Bernuth
1914 – diedro sud del Catinaccio d’Antermoia (in solitaria)
1914 – parete sud dell’Odla di Cisles, con Hanne Franz, F. Barth e A. Wolff

Libri

  • Quando l’alpinismo parlava tedesco 1919- 1931, Paolo Ascenzi e Alessandro Gogna, Edizioni del Gran Sasso, 2023
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