Alpinismo

1 novembre 1923: l’invenzione del Corno Piccolo del Gran Sasso

Esattamente cento anni fa Enrico Jannetta e Aldo Bonacossa salivano le lunghe creste della montagna abruzzese inaugurando una nuova stagione alpinistica

L’autunno regala spesso delle giornate splendide ai frequentatori del Gran Sasso. L’aria è fresca, le faggete si tingono di rosso e oro, il sole riesce ancora a scaldare. Dalle vette, Campo Imperatore sembra un grande tappeto dorato, e i colori dei boschi contrastano con il grigio della roccia. Il Mare Adriatico, verso est, ha già il blu intenso dell’inverno. Anche se la neve ha imbiancato il Corno Grande, sul Corno Piccolo si può ancora arrampicare. A volte il momento magico si prolunga nei primi giorni del mese successivo.

Il primo novembre del 1923, due alpinisti s’incamminano da Pietracamela verso i Prati di Tivo e la più bella vetta rocciosa d’Abruzzo. Non trovano impianti di risalita né alberghi, dato che in quegli anni la strada non sale oltre il fondovalle del Vomano, e per raggiungere il paese occorrono due o tre ore di cammino su un’antica mulattiera a tornanti. Un altro sentiero, frequentato da pastori e boscaioli, consente di proseguire verso la conca dei Prati, dove oggi sorgono hotel, condominii e la base della cabinovia dell’Arapietra.

I due uomini che salgono verso il Corno Piccolo sono molto diversi. Enrico Jannetta, 34 anni, è il migliore alpinista romano del momento, ma fuori dalle montagne di casa è uno sconosciuto. Durante la guerra è stato ufficiale degli Alpini, ora è impiegato all’INPS. Aldo Bonacossa, conte e ricco industriale della seta lombardo, ha cinque anni di più. Ed è già un personaggio dell’alpinismo italiano.

Ha iniziato ad arrampicare a diciott’anni, nel 1903, con grandi alpini come lo svizzero Christian Klucker. Più tardi si è legato con l’austriaco Paul Preuss, il bavarese Hans Steger e re Alberto del Belgio. Ha alle spalle decine di vie nuove sulle Alpi, è socio del Club Alpino Accademico, è presidente della Federazione Italiana Sport Invernali dalla sua nascita nel 1920. Sette mesi prima, a fine marzo, ha compiuto da solo la prima ascensione sugli sci del Corno Grande, di cui ha scritto sulla Rivista Mensile del CAI.

Enrico Jannetta, invece, è un esperto dell’Appennino e del Gran Sasso. Nel 1919, con Giuseppe Marchetti, ha scoperto le pareti del Monte Morra, in vista della Campagna Romana. Nel 1920, insieme a Carlo Franchetti, ha esplorato i Meri, le grotte ai piedi del Monte Soratte, scendendo da solo, con una scala a pioli e una corda di assicurazione, un pozzo verticale di 135 metri. Sulle Alpi, ha salito la Marmolada, il Sassolungo, l’Ortles, il Gran Zebrù e le Torri di Sella. Nel 1922, da solo, ha percorso la parete Nord della Cima Piccola di Lavaredo, un bell’itinerario di quarto grado.

Nella stessa estate, sul Gran Sasso, Jannetta ha salito con cinque amici romani il Paretone, la muraglia con cui il Corno Grande si affaccia sui colli del Teramano. Un’ascensione esplorativa e chilometrica, su roccia spesso pessima, con passaggi di terzo e quarto grado. Due giorni dopo, con Michele Busiri e Giulio Tavella, Enrico ha superato anche la parete Est del Corno Piccolo. Ma la via, che utilizza una spaccatura di rocce friabili, non lo ha soddisfatto.

Un anno dopo Jannetta torna sul Corno Piccolo con Bonacossa, che nel frattempo ha portato per la prima volta i suoi sci sul massiccio. È fine ottobre, il Corno Grande è imbiancato, sul Corno Piccolo si può ancora arrampicare. Gli obiettivi, suggeriti da Jannetta e approvati con entusiasmo dal conte, sono le due creste (su tre) inviolate della più bella vetta rocciosa d’Abruzzo. La Sud, l’unica già percorsa, è stata vinta nel 1911, dai romani Gino Bramati e Vincenzo Sebastiani, e nel 1918, per un itinerario più elegante, dal torinese Curio Chiaraviglio e dal romano Ettore Berthelet. Le più belle placche calcaree della montagna, però, non sono state ancora nemmeno sfiorate.

La prima a essere scalata fu l’affilata cresta nord est

Il primo giorno, dai pascoli dell’Arapietra, Jannetta e Bonacossa salgono ai 2655 metri della cima lungo la cresta Nord est, l’affilata lama di roccia che separa la verticale parete Est della montagna, rivolta verso il Vallone delle Cornacchie, dalla ombrosa parete Nord che precipita sui Prati di Tivo. Li accompagna all’attacco un “americano reduce dalle montagne dell’Alasca, un certo Sivitilli”, l’uomo che sta per dare vita al nuovo alpinismo abruzzese.

È Jannetta a superare da primo i salti iniziali della cresta, dove una fessura valutata oggi di terzo e quarto grado consente di superare “una verticalità senza presa”. Seguono centinaia di metri di cresta facile, monolitica ed esposta, una paretina levigata, una forcella da scavalcare con una spaccata. Poi delle placche coricate conducono in cima.

L’indomani, dopo un’altra partenza antelucana, il conte lombardo e l’impiegato romano, uniti dalla passione per la roccia, affrontano la cresta Ovest del Corno Piccolo, divisa in tre salti arrotondati, che i due battezzano “cresta delle Spalle”. Oggi ognuna delle Spalle è considerata un obiettivo autonomo, ed è percorsa da decine di vie. Bonacossa e Jannetta, com’è logico, vedono la cresta come un problema unico. Dove l’erba lascia il posto alla roccia si lasciano in basso a destra la Terza Spalla, ed evitano a sinistra la Seconda per un canalone interrotto da grandi massi incastrati. Proseguono verso la Prima Spalla e la cima superando un camino verticale di ottanta metri, scendendo per una fessura obliqua, e risalendo per una placca al limite del quarto grado. A mezzogiorno e mezzo sono di nuovo sulla cima.

Il tempo intanto è cambiato, e il caldo quasi estivo ha lasciato il posto a un freddo pungente. Il 3 novembre, pioggia e nebbia impediscono ai due di tentare la cresta Nord della Vetta Orientale, un altro grande problema insoluto. Enrico Jannetta, però, torna a Roma contento. E anche Aldo Bonacossa risale soddisfatto a Giulianova sul vagone-letto che lo riporta verso il Nord. Nel 1934 convincerà Giusto Gervasutti, il “Fortissimo”, a visitare il Gran Sasso. E quest’ultimo, sulla Punta dei Due, salirà da capocordata uno dei primi passaggi di sesto grado del massiccio.

Jannetta, nato a Roma nel 1889, è un alpinista di poche parole, che racconta di rado le sue ascensioni sul Bollettino sezionale e sulla Rivista Mensile del CAI. Grazie al necrologio di Stanislao Pietrostefani e ai racconti del figlio Sandro, sappiamo che da giovane compie lunghe camminate intorno a Roma, nuota nel Tevere, pedala in bici sulle polverose strade del Lazio.

Dal 1906 Jannetta è tra i promotori del Gruppo Romano Skiatori e della SUCAI. Nel 1916, da tenente degli Alpini, si distingue nella conquista del Passo della Sentinella, sulle Dolomiti di Sesto. Nel 1917 viene decorato due volte. Nel 1938, per solidarietà con la moglie Agnese Ajò, espulsa dal CAI perché ebrea, lascerà anche lui il Club, del quale non chiederà più la tessera.

Qualche anno dopo Ernesto Sivitilli, che nel frattempo ha fondato gli Aquilotti di Pietracamela, sottolineerà nella guida Il Corno Piccolo (1930) che la cresta Ovest della montagna è stata salita solo in parte. E che “la terribile Seconda Spalla, maliarda vergine ribelle” attende ancora i suoi conquistatori. Qualche mese dopo, insieme ad altri Aquilotti, sarà proprio lui a risolvere il problema. La storia alpinistica del Gran Sasso, com’è inevitabile e giusto, andrà avanti.

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