Ambiente

E se il cambiamento climatico fosse visto come una risorsa?

La fusione dei ghiacciai determina un’abbondanza d’acqua negli invasi artificiali. Non sarà così per sempre ma oggi è importante sfruttare questa opportunità. Senza sprechi

I ghiacciai sono degli indicatori del cambiamento climatico più di qualsiasi altra cosa e ci danno un’idea chiara della situazione che stiamo vivendo. Una situazione che ci vede attori protagonisti, sia come responsabili che come vittime.

Che il surriscaldamento globale sia un problema concreto è oramai sotto gli occhi di tutti o, meglio, della stragrande maggioranza del mondo accademico scientifico, e per certi versi risulta quasi superfluo continuare a ribadirlo. Quello che dobbiamo fare è occuparci in modo concreto e tempestivo del problema, perché il problema esiste, eccome se esiste.

Tuttavia, è necessario sottolineare che “il pianeta non è in pericolo, chi è in pericolo è l’uomo, la nostra società, insomma noi“, afferma il professor Antonello Provenzale, Direttore dell’istituto di geoscienze del CNR, che ricorda: “il mondo è passato attraverso catastrofi di ogni genere, glaciazioni e periodi in cui il globo è stata una palla di fuoco“.

Per quanto riguarda lo stato di salute dei ghiacciai usando una metafora si potrebbero definire dei “pazienti agonizzanti”. Da est a ovest dell’arco alpino la stragrande maggioranza degli apparati glaciali vive uno stato di profonda sofferenza. La stagione estiva che tarda a concludersi, in questi giorni lo zero termico si registra solo alle quote più elevate, ha acuito una condizione già di per sé drammatica: se l’estate 2022 è stata definita come nefasta, il 2023 è stato anche peggio. I dati delle campagne di monitoraggio ci dicono che la maggior parte dei ghiacciai ha registrato tassi di fusione da record.

Adattarsi a una situazione che abbiamo contribuito a creare

Tutto questo deve indurci a riflettere e a prendere delle decisioni di adattamento, se non per arrestare la crisi climatica, quantomeno in grado di limitarne i danni. In effetti, sarebbe molto più rassicurante pensare che noi, inteso come genere umano, non siamo i responsabili e che tutto quello che sta accadendo sia esclusivamente il risultato dei cicli naturali della Terra. Ma non è così, anzi, un dato da sottolineare è quello per cui secondo l’IPPC (il panel intergovernativo sul cambiamento climatico), la massima istituzione in materia, ci dice che quello che stiamo sperimentando e vedendo è inequivocabilmente legato all’incremento della C02 di derivazione antropica.

Ma proviamo anche solo per un momento a invertire la prospettiva. Se noi davvero non c’entrassimo nulla saremmo completamente in balia degli eventi, senza nessuna possibilità di intervento; invece, essendo noi gli attori protagonisti di questo film chiamato crisi climatica, potremmo avere ancora il destino nelle nostre mani e gli strumenti per poter intervenire.

Prendendo come esempio i ghiacciai la loro scomparsa avrebbe, l’uso del condizionale sottolinea come ci siano ancora speranze, molteplici conseguenze sulle nostre vite e non si intende unicamente il fatto che non si potrà più andare a sciare. I ghiacciai vanno pensati come i più grandi serbatoi naturali di acqua dolce e la loro riduzione, in termini di regresso lineare e perdita di volume, potrebbe definire problematiche di approvvigionamento idrico con tutte le annesse conseguenze anche in termini di produzione idroelettrica. Già oggi, molti degli invasi presenti a valle dei ghiacciai vivono una condizione di stress. Ora, provate ad immaginare il momento in cui verrà meno la loro principale fonte di alimentazione; è un po’ come se avessimo i nostri smartphone ma non disponessimo della corrente elettrica per caricarli, praticamente sarebbero inutilizzabili. In sostanza, la corrente elettrica rappresenta i ghiacciai e i telefoni sono i punti di raccolta delle acque di fusione.

Se in futuro molto probabilmente si verificherà una carenza delle risorse idriche, per altro già sperimentata nelle recenti estati, sarà altrettanto verosimile che a stretto giro avremo un’importante disponibilità di acqua dolce legata all’intensa fusione dei corpi glaciali. Quindi, è giusto porsi la domanda su cosa e come faremo nel momento in cui i ghiacciai scompariranno, ma dovremmo anche trovare delle soluzioni affinché tale- attuale – risorsa non vada sprecata.

Si può provare a sfruttare a nostro vantaggio il cambiamento climatico

Insomma, cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno, ovvero pensare come il cambiamento climatico non debba essere per forza inteso come un qualcosa di catastrofico, il che non vuole dire negarne l’esistenza ma, al contrario, provare a sfruttarlo a nostro vantaggio. “Abbiamo ampio margine sulle risposte da dare a questi fenomeni, ma bisogna prendere atto della crisi e indirizzare le nostre azioni per renderle equilibrate rispetto ai segnali che ci arrivano dall’ambiente naturale”, afferma Marco Giardino, vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano e docente di Geografia fisica all’Università degli Studi di Torino. In altri termini l’adattamento alla crisi climatica è parte della sua mitigazione, con la gestione di fenomeni che sembrano inevitabili ma dai quali in certi casi è possibile trarne vantaggi. Ma come si può gestire la crisi climatica che interessa in modo più marcato l’ambiente alpino? “Dobbiamo trasformare la nostra conoscenza dell’ambiente in servizi eco e geosistemici; dei ghiacciai alpini sappiamo molte cose e sappiamo che nei prossimi anni avremo molta acqua di fusione a disposizione“, continua Marco Giardino che aggiunge: “il nostro compito in questa fase è quello di quantificare i servizi che ci vengono da questi ambienti per evitare di sprecarli“.

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Un commento

  1. Titolo errato. Avere un’abbondanza di acqua di fusione non vuol dire assolutamente avere i bacini pieni. Infatti leggendo i virgolettati nessun esperto lo ha detto. Per riempirli ci vogliono le piogge e le nevicate in quota autunnali e primaverili. Che non ci sono. Infatti basta guardare come sono ridotti.

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