Itinerari

Abruzzo, cinque vette lontano dalla folla

Gli escursionisti che tra luglio e i primi di settembre salgono da Campo Imperatore al Corno Grande scoprono che l’Abruzzo può essere molto affollato. Sulla via normale verso i 2912 metri della cima, le code iniziano dopo aver lasciato l’albergo, e proseguono verso la Sella di Monte Aquila e il Brecciaio, e poi sulla ripida scarpata sassosa che si percorre in direzione della vetta. Lo stesso accade sul Monte Aquila, un belvedere che offre un’alternativa meno faticosa, e sulla cresta della Portella che lo collega al rifugio Duca degli Abruzzi.

Sul versante teramano del Gran sasso, la chiusura della cabinovia che sale dai Prati di Tivo riduce l’affollamento nel magnifico Vallone delle Cornacchie. Molti camminatori, invece che alla cima più alta, salgono al rifugio Franchetti, alla Sella dei Due Corni e al Calderone. Sulla Maiella, è spesso affollato il sentiero che dal rifugio Pomilio conduce ai mughi del Blockhaus, alla Tavola dei Briganti e al bivacco Fusco, dove molti escursionisti si fermano. Ma i pochi itinerari più battuti dell’Abruzzo non devono trarre in inganno. Sui sentieri che conducono a decine di magnifiche cime la situazione è ben diversa. 

Consigliamo cinque itinerari di grande fascino, privi di difficoltà, e di impegno fisico non eccessivo. E’ difficile trovare la solitudine tra il Piano di Pezza e il rifugio Sebastiani, che merita una visita dopo la trasformazione. Sulla cresta tra il Costone e la Punta Trento, però, il silenzio ridiventa sovrano. E i grifoni arrivano in volo dalla solitaria Val di Teve.  

Dal Ceppo al Pizzo di Moscio

(da 630 a 1110 m, da 3.30 a 5.30 ore a/r, E)

Il Pizzo di Moscio, che domina il versante teramano della Laga, è una delle cime più interessanti del massiccio. Se si sale in auto alla sella del Lago d’Orso (occorre un permesso gratuito) il dislivello è poco, se si va a piedi dal Ceppo la gita si allunga. Agli Jacci di Verre, negli anni Ottanta, sarebbe dovuta sorgere la “Città della Neve”, una brutta operazione speculativa. 

Il valico del Ceppo (1334 m), dov’è un rifugio-ristorante, si raggiunge da Teramo o da Ascoli Piceno. Si prosegue fino a un camping, dove si ottiene il permesso per la strada sterrata che sale alla sella del Lago dell’Orso (1811 m). La salita a piedi sul sentiero segnato richiede 1.15 ore in salita e 0.45 ore in discesa.

Lasciati a destra i rifugi degli Jacci di Verre, si segue (segnavia 334, grandi ometti) il largo crinale della Storna, in vista del Gran Sasso. Dei saliscendi portano a una sella (2155 m 1.15 ore) ai piedi dei ripidi pendii del Pizzo di Moscio. Si va a sinistra (ancora segnavia 304) verso la Sella della Solagna, poi si piega a destra e si sale. 

Toccato un enorme masso in una conca si raggiunge la croce della cima (2411 m, 0.45 ore). Nel panorama, oltre al Gran Sasso e ai Sibillini, spiccano tutte le vette della Laga. Si scende per lo stesso itinerario (1.30 ore fino al Lago d’Orso). 

Da Campo Imperatore al Monte Brancastello

(650 metri di dislivello, 4.30 ore a/r, E)

La lunga e facile cresta che sale al Monte Brancastello offre un magnifico colpo d’occhio sul Corno Grande. Si parte dalla strada per l’albergo di Campo Imperatore, da un bivio con tavoli da picnic (1800 m) dove si stacca a destra la strada sterrata per il Vado di Corno. 

Si segue la strada sterrata, che sale dolcemente al Vado (1924 m), da cui appare il Corno Grande. Si va a destra, si continua su un sentiero che taglia dei pendii erbosi, sale in cresta, e la si segue con percorso spettacolare fino a una sella (1994 m). Un tratto ripido porta a un pianoro in vista dello stazzo di Rigo Rosso. 

Un secondo tratto faticoso porta al bivio per il Pizzo San Gabriele, che si può raggiungere in breve (2214 m, 0.30 ore a/r). Una salita su terreno ripido, poi un valloncello porta al Monte Brancastello (2385 m, 1.30 ore), da cui appaiono il Prena, l’Infornace e le Torri di Casanova. Si torna per la stessa via (2 ore).

Dal Piano di Pezza al Costone e alla Punta Trento

(850 m di dislivello, 4.15 ore a/r, E)

 Il rifugio Vincenzo Sebastiani, del CAI di Roma, inaugurato nel 1922 e rifatto da poco, è il migliore punto di appoggio del massiccio del Velino. La salita al Costone e alla Punta Trento completa la camminata.

Da Rocca di Mezzo si sale al Vado di Pezza. Si continua sulla strada sterrata che aggira il rifugio del Lupo, e traversa il Piano di Pezza fino a un divieto di transito (1535 m, 5,5 km dal Vado). Si continua a piedi sulla strada sterrata, e poi sul sentiero che sale nella faggeta fino a una conca erbosa e a un bivio (1793 m, 0.45 ore). Si va a destra, si supera un gradino, poi un vallone conduce al rifugio (2102 m, 0.45 ore), in vista del Gran Sasso e della parete del Costone occidentale.

Una ripida salita porta alla vetta orientale del Costone (2271 m), da cui appaiono il Muro Lungo e il Velino. Si scende a sinistra sulla cresta, si lascia a sinistra il sentiero di discesa e si scavalca il Colle dell’Orso. Lasciato a destra il sentiero per il Velino si sale alla Punta Trento (2243 m, 1.15 ore). Si torna all’ultimo bivio, si piega a destra, e si scende in una conca, in vista delle placche dello Iaccetto di Pezza, fino al percorso di andata e al punto di partenza (1.30 ore). 

Dal rifugio del Diavolo al Monte Marcolano

(da 560 a 580 m di dislivello, da 3.15 a 3.45 ore a/r, E)

Il Monte Marcolano, tra l’alta Valle del Sangro e la Vallelonga, è una delle vette più belle del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, e consente spesso di incontrare i cervi. Il rifugio del Diavolo (1400 m) si raggiunge da Pescasseroli, Gioia nei Marsi o Bisegna. A sinistra del rifugio inizia una strada sterrata (segnavia T1) che traversa il pianoro della Penna e raggiunge una faggeta e una sbarra (1408 m). Si può arrivare qui a piedi (0.15 ore) o in auto. 

Si segue la carrareccia (segnavia T1) per l’Ecorifugio Cicerana, e al secondo bivio si va a sinistra per una carrareccia (segnavia T4) che conduce alla Fossa Perrone. A un bivio (1500 m, 0.30 ore) si va a destra, si entra nel bosco e si inizia a salire decisamente. 

Il sentiero tocca un pianoro, continua nella faggeta fino ai resti dello stazzo di Camposecco (1778 m), poi sale con un tratto ripido a una sella e continua a destra fino al Monte Marcolano (1940 m, 1.15 ore), ottimo belvedere. Si scende per la via di salita, occorrono 1.30 ore fino alla sbarra e 0.15 ore in più fino al rifugio del Diavolo.

Dal Bosco di Sant’Antonio al Pizzalto

(660 m di dislivello, 3.45 ore a/r, E)

Tra Campo di Giove e Pescocostanzo, nel Parco nazionale della Maiella, il solitario Monte Pizzalto può essere raggiunto dal Bosco di Sant’Antonio, salendo prima tra i faggi e poi per un monotono e panoramico pendio. 

La strada che collega Pescocostanzo a Cansano conduce al posteggio all’ingresso del Bosco (1335 m), dov’è un bar. Si segue il viottolo che raggiunge una fonte tra faggi secolari, e al bivio successivo si va a destra seguendo i segnavia O1. Si passa in vista dello Stazzo di Monteduni, si entra nel bosco e si sale a tornanti fino a un bivio (1615 m, 1 ora). 

Si va a destra (segnavia O5), si esce dalla faggeta e si continua tra i ginepri, in vista della Maiella. Toccata la Cima Macchiaduni si scende a una sella (1766 m) e si sale per una ripida carrareccia fino al Monte Pizzalto (1966 m, 1.15 ore), deturpato da un’antenna ma che offre un ottimo panorama. Si scende per l’itinerario di salita (1.30 ore).

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