Alta quota

“Gli 8000? Fame di avventura” intervista a Magdalena Gorzkowska

Classe 1992 Magdalena Gorzkowska è da poco rientrata dal Pakistan, dove ha trascorso l’inverno ai piedi del K2. Voleva sperimentare la stagione invernale, quella che ha reso alpinisticamente celebre il popolo polacco. Ne ha abbastanza della brutta stagione, ma non smette di sognare le più alte montagne della Terra. Negli scorsi anni ha raggiunto la vetta dell’Everest, segnando il primato di più giovane donna polacca a riuscirci, quella del Makalu, come prima donna polacca senza uso di ossigeno, e quella del Manaslu.

Determinata e pronta a lanciarsi in nuove avventure ha un ricco palmares atletico, prima di dedicarsi all’alpinismo ha speso la sua vita nell’atletica divenendo una campionessa nei 400 metri. Campionati europei e mondiali l’hanno vista primeggiare, ma a un certo punto questo non è bastato a riempire la sua voglia di vita che, quasi fosse naturale per chi nasce in un Paese prevalentemente piatto, l’ha portata alla ricerca dell’aria rarefatta. Andiamo a conoscerla meglio.

Magdalena sei una campionessa di atletica leggera, cosa ti ha spinto verso l’alpinismo?

“La fame di avventura, la voglia di cimentarmi in una nuova ed entusiasmante sfida. Nell’alpinismo ho visto nuove abilità da acquisire. Io amo svilupparmi e imparare  a controllarmi e gestirmi in situazioni diverse.

Per 12 anni mi sono dedicato esclusivamente alla corsa, ogni giorno, per molte ore al giorno con allenamenti duri. È diventata una cosa routinaria che ha richiesto enormi sacrifici e alla fine ha smesso di rendermi felice, così ho detto basta.”

I 400 metri e l’alpinismo hanno qualcosa in comune?

“Entrambi richiedono una grande preparazione e capacità di concentrarsi sull’obiettivo. Il mio allenamento prima delle spedizioni ha molto a che vedere con quello per i 400 metri: devi costruire la resistenza, sviluppare la forza, impegnarti nella corsa.”

Il tuo approccio alla montagna è stato graduale: prima il Monte Bianco, poi l’Aconcagua, dopo il Kilimangiaro e infine gli Ottomila… quando hai capito che sarebbe stato fattibile scalare l’Everest?

“Dopo la prima esperienza in alta montagna ho compreso che quello sarebbe stato il mio obiettivo. So che può sembrare un pensiero frivolo, ma dalla vetta del Monte Bianco mi sono subito proiettata verso l’Everest. Dato che non amo lasciare i sogni irrealizzati mi ci sono messa d’impegno e un anno e mezzo dopo ero sul tetto del mondo.”

Oggi punti a scalare tutti i 14 Ottomila?

“Questo è il mio obiettivo per i prossimi anni. Un progetto molto pericoloso, quindi mi muovo con calma e mi prendo il mio tempo.”

In questo progetto come si inserisce la decisione di partecipare alla spedizione invernale al K2?

“È stata una sfida eccitante. Una nuova montagna, un Paese che ancora non conoscevo e una nuova stagione, il primo incontro con il K2. Amo alzare l’asticella e questo progetto mi ha subito affascinato. Volevo sperimentare.”

Sei stata al K2 invernale in un anno particolarmente affollato, che atmosfera si respirava?

“L’atmosfera era fantastica e positiva. Ci sostenevamo a vicenda ed eravamo come una grande famiglia.”

Ci sono stati momenti belli e altri estremamente tragici con la scomparsa di alcuni alpinisti. Come hai vissuto tutto questo?

“È come se tutto mi fosse piombato addosso dopo il rientro in Polonia. Le emozioni negative si sono acutizzate. Sono rientrata da due settimane e ancora non sono tornata alla realtà. Mi sento distrutta dentro.”

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Un commento

  1. Ho letto su W che ha vinto 2 medaglie, oro europei 2013 U23 e argento mondiali 2016 indoor, sempre in staffetta 4×400.
    Penso che dovrebbe avere un forte spirito di squadra.
    Son curioso di vedere cosa saprà fare: da loro la scuola dell’alta quota è notevole e lei è una atleta.

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