Alta quota

Bartek Ziemski e Oswald Rodrigo Pereira tenteranno Kangchenjunga e Makalu senza ossigeno

 I due alpinisti polacchi sono ai blocchi di partenza di questo ambizioso obiettivo. Il primo ha in programma di sciare entrambe le montagne in discesa

L’anno scorso, i polacchi Bartek Ziemski e Oswald Rodrigo Pereira hanno salito l’Annapurna e il Dhaulagiri senza ossigeno, in spedizioni autonome e ben lontane dai riflettori. Anche quest’anno i due hanno in programma un’impresa simile: scalare e sciare due montagne altrettanto impegnative, Kangchenjunga e Makalu, rispettivamente terza e quinta cima del pianeta, nel loro consueto stile – senza ossigeno e senza supporto di alcun tipo a parte le corde fisse che troveranno lungo le linee di ascesa.

Entrambe le vette impongono una grande sfida per gli alpinisti che intendono salirle senza ossigeno, e pongono specifici ostacoli per la discesa con gli sci, come i pendii, spesso completamente ghiacciati. “Le condizioni di quest’anno sulle Alpi mi hanno aiutato. Ho fatto molta pratica sulla neve dura, ma ovviamente dobbiamo vedere che condizioni ci saranno quando arriviamo sul posto” ha dichiarato Ziemski al sito statunitense Explorersweb.

Sul Kangchenjunga, la parte più difficile è quella superiore, costituita soprattutto da tratti di roccia e misto. L’alpinista tedesco Luis Stitzinger, sciatore di alta quota di grande esperienza, ha perso la vita l’anno scorso tentando la discesa con gli sci di questa cima. Se Ziemski riuscisse nel suo obiettivo si tratterebbe infatti della prima discesa con gli sci. I polacchi, consapevoli di questa difficoltà, si sono informati presso altri alpinisti che sono già stati sulla montagna: “Sapremo se è fattibile solo una volta che saremo lì.
Il nostro scopo è trovare una linea che permetta una discesa integrale e pulita, ma siamo consapevoli che potrebbe essere molto difficile”.

 

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Annapurna e Dhaulagiri, e poi Kangchenjunga e Makalu

“L’anno scorso per noi è stato un test” ha aggiunto Pereira. “Siamo venuti fuori dal nulla con questa pazza idea di scalare due ottomila in formazione ridotta. E poi Bartek ha sciato in discesa, mentre io lo filmavo.
Non è stato facile, ma ci siamo messi alla prova come squadra e come amici”.

Dopo questo test, ne è arrivato subito un altro, del tutto inaspettato. Appena i due sono scesi dal Dhaulagiri e arrivati a Kathmandu, sono dovuti tornare in quota per rispondere all’SOS del team di Carlos Soria che si era infortunato sul traverso prima della cresta finale della montagna.

Devo ammettere che è stato molto duro per me l’anno scorso stare dietro alla velocità di Bartek, anche in salita. Ecco perché mi sono allenato ancora di più per questa primavera. Mi sono anche venute delle idee nuove per i video, e so quale tipo di filmato mi è mancato durante l’ultima spedizione. A parte questo, il nostro piano d’azione rimane lo stesso”, ha concluso Pereira.

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