Montagne

Elbrus

Considerata secondo molte autorevoli fonti la montagna più alta d’Europa, l’Elbrus è senza ombra di dubbio la cima più elevata del Caucaso e della Russia, dov’è considerato una della sette meraviglie. Si tratta di un vulcano, uno stratovulcano per la precisione, dormiente. Tra i vulcani è il più alto dell’Eurasia e il decimo al mondo.

Con 5642 metri di altezza, le sue origini risalgono a 2,5 milioni di anni fa mentre l’ultima eruzione sarebbe avvenuta nel 50 d.C. Le tracce identificate dai geologi mostrano un’intensa attività vulcanica con colate laviche e detriti scagliati anche a distanze notevoli. Oggi la sua cima è occupata dalle nevi perenni, ma continuano i segni di attività. Alle sue pendici sono infatti presenti solfatare e sorgenti termali. Il vulcano è stato costantemente monitorato fino alla metà degli anni Novanta, quando i laboratori hanno chiuso in seguito alla cessata erogazione di fondi statali per sovvenzionare la ricerca. Nel corso del ventesimo secolo sono comunque stati osservati diversi fenomeni di attività, legata in particolare a risalite di magma dalle profondità. Il più evidente nell’ottobre del 1906 quando la vetta si spogliò completamente del manto nevoso, facendo preoccupare molto gli abitanti dei paesi che bordano il vulcano. Oggi non ci è dato sapere, non essendoci un monitoraggio costante, quando l’Elbrus potrebbe tornare in attività.

Il suo nome, Elbrus, significa “picchi gemelli” ed è dovuto ai due coni vulcanici di simile altezza che compongono la montagna. Un’altra teoria riporta per il significato di Elbrus a “cima conica”. È importante fare attenzione a non confondere la montagna con la catena montuosa dell’Alborz, localizzata nel nord dell’Iran. Pronunciato “Elbruz” crea incomprensioni, ma conoscendo le altezze delle montagne non ci si può certo sbagliare.

Geografia

Localizzato in prossimità del confine tra Russia e Georgia, le due cime dell’Elbrus si trovano interamente in territorio russo. In particolare sorgono lungo la cresta principale della catena montuosa del Caucaso, a circa metà del suo sviluppo. La calotta nevosa sommitale da origine a 22 ghiacciai che scendono lungo i vari versanti della montagna originando tre fiumi: Baksan, Kuban e Malka.

Figura, per altezza, all’interno delle Seven Summits (le sette vette più alte di ogni continente) contendendosi il primato di cima più alta d’Europa con il Monte Bianco. Il motivo di questo sta nelle diverse convenzioni che utilizzate nel posizionare il confine orientale del continente Europeo. Se, come in Russia e America latina, si identifica questo nella d depressione del Kuma-Manyč (una depressione a sud-est della Russia che separa il bassopiano Sarmatico dalla regione del Caucaso) allora l’Elbrus non appartiene all’Europa; se invece, come nei paesi anglosassoni, si identifica il confine con la catena del Caucaso allora l’Elbrus rappresenta la massima elevazione del vecchio continente.

Dal 1986 l’Elbrus fa parte del Parco Nazionale di Prielbrusye.

La prima ascensione

La montagna è conosciuta fin da tempi antichi. I latini lo chiamavano Strobilus, pigna, identificandolo attraverso la sua forma. Anche i greci lo conoscevano e lo inserirono all’interno della loro mitologia. All’Elbrus, secondo i loro testi, Zeus incatenò il titano Prometeo come punizione per aver rubato il fuoco agli dei, donandolo all’uomo. Anche per gli arabi aveva un nome: Gebel-as-Suni, la montagna dalle molte lingue. Probabilmente derivante dall’osservazione dei molti ghiacciai che si allungavano alle sue pendici.

La prima a essere salita fu la cima più bassa, quella est, violata il 22 luglio 1829 da una spedizione scientifica dell’esercito imperiale russo. A guidarla era il generale Georgi Emmanuel, il primo a raggiugere i 5621 metri della vetta fu la guida Сhilar Сhačirov. Il cono più alto fu invece raggiunto solo il 28 luglio 1874 da una spedizione guidata dall’alpinista britannico Florence Crauford Grove, con gli alpinisti Frederick Gardiner, Horace Walker e la guida svizzera Peter Knubel.

Entrambe le salite avvennero in modo tranquillo, e senza particolari problemi. La montagna in se non presenta particolari difficoltà alpinistiche, se non le normali complessità legate alla progressione su neve e ghiaccio e alla quota.

Più interessante è quello che accadde dopo la prima salita. La montagna divenne quasi un’attrazione per i giovani alpinisti sovietici, che iniziarono a salirla in modo sistematico generando un discreto traffico sull’Elbrus. Particolare fu la salita del marzo del 1936 che vide impegnato un gruppo di 33 alpinisti. Quattro di questi morirono scivolando sul ghiaccio.

L’Elbrus nella storia

La seconda guerra mondiale

Merita un paragrafo a se quanto accaduto durante la seconda guerra mondiale. Nell’agosto del 1942, durante la battaglia del Caucaso, la Wehrmacht occupò l’area attorno all’Elbrus, circondandolo. I soldati vi rimasero dispiegati fino al febbraio del 1943 e, in questo tempo, a un gruppo di soldati fu ordinato dal generale in comando di scalare la montagna e issarvi la bandiera del terzo Reich. Secondo le fonti i militari avrebbero raggiunto al vetta il 21 agosto del 1942. Quando la notizia di questa salita in piena campagna di Russia raggiunse Berlino, Hitler minacciò di mandare il generale di fronte alla corte marziale per questa bravata.

Nel frattempo l’Elbrus venne anche bombardato dall’aviazione russa, in particolare vennero colpite le riserve di benzina tedesche nei pressi di Priyut 11 (rifugio degli 11) a 4160 metri di quota.

Motore del turismo

Dopo la guerra, l’Unione Sovietica iniziò a promuovere lo sviluppo dell’Elbrus, sia da un punto di vista turistico che alpinistico. Nel 1956 venne organizzata una massiccia spedizione, con oltre 400 alpinisti, per celebrare il quattrocentesimo anniversario dall’incorporazione della regione in cui si trova la montagna all’interno della Repubblica Socialista Sovietica.

Tra gli anni Sessanta e Settanta vennero inoltre realizzate tutta una serie di infrastrutture per favorire lo sviluppo turistico dell’area. In particolare i sovietici si concentrarono sulla costruzione di una funivia capace di portare i camminatori a 3800 metri di quota. Da qui avrebbero poi potuto facilmente proseguire lungo un sicuro pendio fino alla cima. Oggi, in estate, questo percorso è provato da circa 300 persone al giorno.

Vie di salita

La più semplice via di salita alla montagna è la normale, dal versante sud. Il percorso non presenta particolari difficoltà tecniche ed è molto rapida, grazie soprattutto al sistema di funivie. Con un buon passo l’ascesa alla montagna partendo da quello che è chiamato rifugio Diesel lascia all’escursionista il tempo di raggiungere la cima e rientrare alla cabinovia.

Un altro itinerario, molto meno strutturato a livello di infrastrutture, passa lungo il versante nord dell’Elbrus. Qui non ci sono funivie e nemmeno rifugi, si tratta quindi di una salita in stile spedizione.

Record e competizioni

Nel 1987 Vladimir Baliberdin organizzò una gara che preveda di partire Priyut 11 per raggiungere la cima orientale della montagna. Una competizione a cadenza circa annuale che si sarebbe svolta fino al 1990. Vincitore di quest’ultima edizione fu il celebre alpinista Anatolij Bukreev che coprì il tracciato in appena un’ora e 47 minuti.

Negli anni Duemila, nel 2005 in particolare, con l’esplosione del trail running venne organizzata la prima edizione dell’Elbrus Race che prevedeva di andare di corsa dal campo base della montagna fino alla cima orientale. Tra i tanti partecipanti anche Denis Urubko, che vinse la seconda edizione.

L’attuale record di velocità appartiene al russo Vitaly Shkel, salito e sceso dai piedi della montagna in sole 4 ore 39 minuti e 17 secondi.

Nel giugno 2016 Nico Valsesia ha realizzato la salita dell’Elbrus partendo dagli zero metri sul livello del mare di Sulak, sul mar Nero. Ha quindi pedalato per 510 chilometri fino ad Azau e da qui ha iniziato la salita della montagna impiegando in tutto 31 ore e 55 minuti.

Curiosità

Tra le tante strane ascensioni che interessano l’Elbrus merita sicuramente una citazione quella del 1997, quando una squadra capitanata da Alexander Abramov portò sulla vetta est un Land Rover Defender. Il gruppo impiegò 45 giorni per riuscire nel progetto. Riuscirono a guidarla fino a circa 3800 metri di quota, da qui fu necessario un sistema di carrucole con cui trainare il mezzo merso l’alto. Dopo aver raggiunto la cima l’obiettivo sarebbe stato quello di rientrare verso valle ma, una volta partiti dalla vetta il mezzo ha perso il controllo. Il conducente è dovuto saltare fuori dal veicolo, salvandosi la vita, mentre per il fuoristrada non c’è stato nulla da fare. Ormai privo di controllo ha continuato la sua corsa fino a schiantarsi contro le rocce, dove i suoi resti sono ancora oggi visibili.

L’anno successivo sulla cima occidentale dell’Elbrus arrivarono addirittura 3 cavalli alle cui zampe furono fissati speciali ferri con punte d’acciaio, simili ai nostri ramponi. Anche l’anno successivo venne portato un cavallo sulla vetta e lo stesso accadde anche nel 2019.

Nel 2016 toccò invece a un quad raggiungere la cima della montagna.

Guida all’Elbrus

Per gli appassionati interessati a scalare l’Elbrus la prima cosa da fare è raggiungere in aereo Mineralnye Vody, posto e circa duecento chilometri a nord rispetto all’Elbrus. Da qui, tramite taxi o con un mezzo privato si raggiunge Azau, ai piedi della montagna dal versante sud. La salita prosegue normalmente in funivia, che presenta due tronconi. Il punto più alto raggiungibili con questa è a circa 3800 metri, da qui continuando fino a circa 4000 metri si incontrano i moderni e comodi rifugi presenti sulla montagna. Dato l’elevato costo la maggior parte dei frequentatori dorme al primo troncone delle funivia, dove ci sono le vecchie strutture economiche. Qui le comodità vanno dimenticate, ma in compenso il costo è veramente irrisorio.

Dai rifugi in quota alla vetta un escursionista medio impiega circa 7 ore. Altre 3 sono necessarie per fare rientro alle strutture e da qui alla funivia. Quando il cielo è terso e le condizioni sulla montagna buone si tratta di una salita che non comporta alcuna particolare difficoltà. In caso di pessima visibilità allora il discorso cambia ed è necessario muoversi con cautela.

Per salire l’Elbrus non è necessario avere con se una guida o un’agenzia. Chi è abituato a organizzare viaggi per conto proprio all’estero non troverà grosse difficoltà nella pianificazione di questo viaggio. Per chi non è abituato a gestirsi in autonomia il consiglio è quello di rivolgersi alle agenzie specializzate in Italia o in loco.

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3 Commenti

  1. Sembra essere molto meno pericoloso del nostro Bianco.
    E i giri per i turisti-alpinisti sembrano essere molto ben organizzati anche con funivie.
    E poi è bello e alto, con possibilità di scelte di salita !
    Realtà

  2. Correzione:
    dite “È importante fare attenzione a non confondere la montagna con la catena montuosa dell’Alborz, localizzata nel nord dell’Iran. Pronunciato “Elbruz” crea incomprensioni, ma conoscendo le altezze delle montagne non ci si può certo sbagliare”:

    Tuttavia la montagna più alta della catena iraniana dell’Elburz è alta esattamente quanto il monte Elbrus, ovvero 5600 metri!

  3. Secondo i miei calcoli l’altezza del Damavand, cima più alta dei monti Alborz, è di 5610m.
    L’Elbrus misura 5642 m. Sono simili, ma non “esattamente” uguali.
    Gian Luca

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