Alpinismo

Destinazione Siula Grande, parete Est: parla Matteo Della Bordella

Dopo il Pakistan e l’Alaska l’estate verticale dei Ragni di Lecco continua e si sposta in Sud America sul mitico Siula Grande, in Perù. Una cima di 6344 metri delle Ande peruviane, nella Cordillera Huayhuash, che a est si presenta con un enorme scudo di roccia. L’anno scorso una cordata francese (Max Bonniot e Didier Jourdain) aveva aperto una via sulla parete Nord Est lasciando quindi ancora intonsa la grande parete orientale. Ed è proprio su quest’ultima che la cordata composta da Matteo Della Bordella, Matteo Bernasconi e Tito Arosio si cimenteranno a breve, partendo per il Perù il 25 luglio. Il Siula Grande è una montagna severa, abbastanza isolata, con problemi alpinistici di rilievo.

Matteo, perché proprio il Siula Grande?

In realtà la zona del Perù e della cordigliera Huayhuash era una zona di cui avevo già sentito parlare e mi attirava, però non avevo mai visto prima dell’anno scorso delle pareti che mi colpissero particolarmente. Poi ho visto questa foto della parete Est del Siula Grande, e ho pensato subito che sarebbe stato bello scalarla. Mi sono informato e ho visto che su questa parete c’è solo una via aperta da un team francese che sale abbastanza sul lato sinistro. Sembra un bellissimo scudo di roccia molto ripido, molto impegnativo, con elevate difficoltà tecniche in un ambiente alpino molto difficile, con problemi glaciali di avvicinamento ai quali si aggiunge anche la quota. Sembra che ci siano tutti gli ingredienti per una bella sfida.

All’isola di Baffin @ Facebook Matteo Della Bordella

Cosa vi aspetta nell’avvicinamento,? La civiltà è tanto lontana dal Siula Grande?

Rispetto ad altri posti dove sono stato, come l’isola di Baffin (in Canada), no, però non è neanche vicina. Arriveremo a Lima in aereo, poi in macchina a Huaraz, un paese dove si parte anche per andare alla cordigliera Blanca. Da qui ci sposteremo con un giorno di macchina e in due giorni di treeking saremo al campo base. Cosa ci aspetta non lo sappiamo perché in realtà abbiamo visto solo delle foto e non sappiamo di nessuno che sia stato alla base di questa parete.

La cordata come è nata?

Quella con Berna (Matteo Bernasconi, ndr) ormai è una cordata consolidata dopo anni e anni di spedizioni in Patagonia. Io l’ho proposto in primo luogo a lui che è stato entusiasta dell’idea. Nella stagione estiva lavora nelle Alpi come guida per cui mi ha sorpreso che mi abbia detto subito di si. Poi abbiamo cercato un terzo componente un po’ tra vari amici e ci è venuto in mente il nome di Tito Arosio, che era stato in Perù diversi anni fa e aveva già tentato il Siula Grande per la via di Simpson. Quindi abbiamo proposto a lui che già conoscevo da qualche anno anche se in realtà non avevamo mai fatto grandi scalate insieme. 

Joe Simpson e Simon Yates

Parlando di Siula Grande non si poteva non citare Joe Simpson. Avete timore per la reputazione di questa montagna, entrata nell’immaginario mitico dopo il 1985?

Quando pronunci il nome Siula Grande è un nome che dice qualcosa se mastichi un po’ di alpinismo. È un nome importante per la storia che ha e per quello che è successo con La morte sospesa. Questo aggiunge un po’ di fascino all’avventura. Anche se non è stato un fattore determinante nella scelta del posto, infatti in altre spedizioni mi è capitato di andare a provare o scalare montagne dai nomi molto più impronunciabili. Però la storia noi la conosciamo e ce l’abbiamo ben impressa, è una delle storie  più famose e leggendarie dell’alpinismo.

Nel 2006 sul Siula Grande anche i Ragni hanno aperto una nuova via. Quando cercate un’impresa guardate avanti o anche alla storia del Gruppo?

In questo caso no, anche perché la via dei Ragni del 2006 non salì sul Siula Grande, ma su un’anticima molto più bassa. È stata una bella via, ma non così significativa su questa montagna. In altre occasioni, come in Patagonia, dove i Ragni hanno scalato quasi tutte le montagne, ci sono motivazioni legate alla storia del gruppo.

Quale sarà lo stile di arrampicata?

La via vorremmo salirla in stile alpino. Quindi partendo dall’inizio della parete e arrivando in cima in un solo tentativo, senza fissare corde o allestire campi intermedi. Tuttavia abbiamo pensato che potremmo fare delle perlustrazioni e l’avvicinamento potremmo attrezzarlo con delle corde per favorire un accesso più rapido alla parete vera e propria. Quando invece decideremo di partire per il tentativo finale vorremmo andarci in stile alpino, abbastanza leggeri e puntare in un solo balzo alla vetta. La parete sembra molto impegnativa e quindi prevediamo di stare in parete, se il tempo è buono, per parecchi giorni.

Quanto tempo starete via?

Abbiamo quaranta giorni di spedizione. Adesso programmi certi non ha senso farne, però probabilmente a un certo punto decideremo di fare un tentativo e sarà “O la va o la spacca”. Quando si spendono molti giorni per tentare di scalare una parete molto spesso il tentativo buono per raggiungere la cima è uno.

 

Foto in alto @ Matteo Della Bordella

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2 Commenti

  1. Come al solito Della Bordella è sinonimo di iniziative di qualità.
    Tuttavia volevo solo segnalare che la foto relativa a Simpson e Yates è tratta dal documentario e quindi non raffigura i veri protagonisti, ma gli attori del documentario stesso.

  2. che occhio. Qualità e onestà niente corde fisse e la verità sul 2006 visto che sul Siula Grande gli italiani non ci sono mai andati

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