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“Un mondo a parte”. Una favola per salvare scuole e borghi

Il film di Riccardo Milani con Antonio Albanese e Virginia Raffaele ha successo, come testimoniano i 500.000 spettatori e i tre milioni di incassi in pochi giorni. Una favola ambientata in Abruzzo, che parla di centinaia di paesi in tutta Italia

Un mondo a parte
Un mondo a parte

Ebbene sì, è una favola. C’è un’ambientazione in bilico tra dura realtà e fantasia, c’è una storia d’amore che sboccia in ritardo ma alla fine trionfa, c’è anche un cattivo-cattivo, con gli occhi invasati alla Jack Nicholson, le cui orride trame vengono alla fine sconfitte. D’altronde le favole, dal tempo di Esopo fino a quelli di Walt Disney e di Harry Potter, hanno avuto un effetto profondo sull’anima e sulla cultura degli umani.

A leggere la trama su un giornale o su un sito “Un mondo a parte”, il film che il regista Riccardo Milani ha ambientato nel Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, può sembrare una storia banale. Quando la luce in sala si spegne, e la proiezione inizia, il pubblico inizia immediatamente a ridere.

Impossibile reagire in altro modo davanti ad Antonio Albanese, vestito con giacchetta e mocassini, che annaspa in mezzo a una bufera di neve. Difficile non sganasciarsi quando grazie a Virginia Raffaele (che brava!) e ai residenti di Rupe, gente del posto prestata con successo al cinema, il borgo dove si svolge l’azione, si inizia ad ascoltare il dialetto locale.

“Frèghete!”, in realtà, si utilizza più verso Teramo, Pescara e la costa, forse quel “mannaggia alla Maiella” è un po’ scontato, le ovazioni arrivano quando la protagonista se la prende con il marito che insegue “tutte le zoccole della Valle Peligna”, o indica chi tenta di sbarrarle la strada come “una grande coccia de c…”. Richiederebbe i sottotitoli il saluto “me vad’ a crcà”, cioè “mi vado a coricare”, “vado a letto” con cui un vigile urbano saluta il maestro Michele arrivato da poco in paese.

Chi non sa bene come si accende un fuoco, poco importa se nella stufa, in un caminetto o all’aperto, dovrebbe imparare dal bambino Cesidio (un nome che a Pescasseroli è diffuso da secoli) che spiega al semiassiderato maestro che dopo la carta e prima dei ciocchi di legna di faggio, servono “due o tre pigne e du’ schiopparelle”, nel senso dei legnetti che prendono fuoco bene.

Insieme alle risate, arriva subito anche la magìa dei luoghi. La strada che sale dal Fucino verso il cuore del Parco corre in un deserto bianco d’inverno, quando la percorre il maestro in arrivo, e in un oceano verde in estate, grazie alle foglie dei faggi e ai prati.

Rupe, che nel mondo reale si chiama Opi, è una fila di case arroccate su un colle, tagliate da un’unica strada e affacciate su un panorama dominato dal Monte Marsicano. Non a caso, l’unico capace di raffigurarla con efficacia è stato un maestro del rapporto tra realtà e fantasia come l’olandese Maurits Escher.

Intorno al paese e ai suoi abitanti vivono lupi, cervi, aquile e orsi, in una clip alla fine del film compare anche l’orsa Amarena accompagnata dai suoi quattro orsacchiotti. La protagonista di una favola nata tra i sorrisi nel 2020, e finita male nel 2023 quando prima l’irrequieto giovane orso Juan Carrito e poi la madre sono stati malamente ammazzati dall’uomo.

Torniamo a Rupe, però. Cuore del borgo, e della sua coesione sociale, è la piccola scuola elementare intitolata al poeta pastore Cesidio Gentile detto “Jurico”, dove una pluriclasse raggruppa sette ragazzi di prima, terza e quinta. La burocrazia ministeriale, e la perfidia di un dirigente scolastico che lavora a Castelromito (in realtà Castel di Sangro) rischiano di farla chiudere, e quindi di disgregare il paese.

Il maestro Michele (Antonio Albanese) piomba in questo mondo per sfuggire a una scuola disumana, in una disumanissima periferia romana. La vicepreside Agnese (Virginia Raffaele) vive questa realtà con sofferenza, perché ogni giorno si sobbarca un’andata e ritorno in auto da Sulmona, e perché la vicenda della scuola di Rupe le ricorda quella di Sperone, il borgo dov’è cresciuta, e dove la chiusura della scuola ha causato l’abbandono del paese.

Sperone, al contrario di Castelromito e di Rupe, si chiama proprio così, e le sue case e la sua torre in abbandono sono oggi un monito sul destino dei borghi dell’Appennino. Il nome della protagonista è un ennesimo omaggio all’Abruzzo, perché “Agnese”, scritta nel 1979, è una delle canzoni più note di Ivan Graziani, abruzzese di Teramo.

Il maestro Michele, da ambientalista cittadino, parte con il piede sbagliato. Arriva citando davanti ai suoi scafati bambini il libro di Jonathan Safran Foer che insegna a “salvare il mondo prima di cena”, sventola sotto il naso di una coppia di genitori incazzati quello del sociologo calabrese Vito Teti che insegna il valore della “restanza”, l’alternativa all’emigrazione e allo spopolamento.

Il padre di uno dei ragazzi ascolta e comprensibilmente s’incazza, infilando il malcapitato maestro tra gli ambientalisti di città che “vengono qui a guardare i ruscelli e il foliage” (con la pronuncia sbagliata alla francese), e ignorano la dura vita della montagna fuori dalle stagioni più belle. “Altro che restanza, qui conosciamo solo la partanza!” conclude il padre. “La vita qui diventa ‘na benedizione solo quanno se more!” gli fa eco la moglie.

Raccontare per intero la trama del film è scorretto, e lasciamo allo spettatore il piacere di scoprirla. Vale la pena notare che, per opporsi a chi vuole chiudere definitivamente la scuola, Agnese e Michele ricorrono ai figli degli emigrati già radicati in Abruzzo (quelli arrivati da Marocco, che lavorano da anni nei campi del Fucino) e a quelli appena arrivati dall’Ucraina devastata dalle bombe e dai carri armati di Putin.

Fa piacere che, per presentare alla stampa “Un mondo a parte”, Riccardo Milani e la produzione del film abbiano scelto il cinema di Pescasseroli, creato e gestito da un gruppo di appassionati locali e intitolato a Ettore Scola, un regista che (come oggi Riccardo Milani, sua moglie Paola Cortellesi e la scrittrice Dacia Maraini) amava passare da queste parti le sue vacanze.

“Ho passato l’infanzia nel Parco delle Madonie e in un paesino di fronte al Resegone. Un film non mi cambia mai, però in due mesi di riprese ho riscoperto i silenzi di questo mondo abitato da persone perbene. E poi non avevo mai visto i lupi” ha raccontato Antonio Albanese alla presentazione. “Non ho mai frequentato la montagna ma qui mi sono sentita a casa, tant’è che, anziché tornare a Roma, sono rimasta anche nei weekend liberi: che ci tornavo a fare?” ha aggiunto Virginia Raffaele.

“Il concetto di comunità ha sempre attraversato il mio cinema e la mia vita” ha concluso Riccardo Milani, che si è occupato di scuola in “Auguri professore”, di disabilità in “Corro da te” e del difficile rapporto tra centro e periferia in “Come un gatto in tangenziale”. Da applausi – e con ottimi risultati – la scelta del regista di far recitare in “Un mondo a parte” decine di abitanti di Pescasseroli.

La favola a lieto fine di Rupe, va detto, racconta un’Italia dove spesso il finale è un altro. Tra il 2012 e il 2015, in tutta Italia, hanno chiuso ben 236 scuole. La riduzione delle nascite e quindi degli allievi, insieme ai problemi di bilancio del Ministero, fanno sì che la scure dei tagli minacci 900.000 studenti, il 12% del totale, che vivono in centri con meno di 5.000 abitanti.

L’elenco dei borghi dove le scuole hanno chiuso va da Rorà, nei pressi di Pinerolo, in Piemonte, a Roccaforte del Greco sull’Aspromonte, in Calabria. Nel 2023 la rivolta dei genitori ha salvato la scuola di Tarsogno, nell’Appenino parmense. La favola di Rupe, in Abruzzo, racconta un dramma nazionale e concreto.

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