AlpinismoAlta quota

Nanga Parbat: successo per Mario Vielmo, Nirmal Purja, i pakistani e le influencer

L'alpinista veneto Mario Vielmo raggiunge il suo 13° ottomila senza ossigeno. Una sintesi delle ultime spedizioni sul Nanga Parbat in concomitanza con i settant'anni dall'epica impresa di Hermann Buhl

A volte gli anniversari si legano con forza al presente. Settant’anni fa, il 3 luglio 1953, il fuoriclasse tirolese Hermann Buhl raggiungeva la vetta del Nanga Parbat, 8125 metri (alcune fonti dicono 8126), la nona montagna della Terra. Un’impresa epica, in solitudine quasi assoluta, che il resto del mondo, inclusa la famiglia di Buhl ha conosciuto soltanto dopo qualche giorno.

Mario Vielmo sul Nanga Parbat, il suo 13° ottomila

Oggi, come sappiamo, la comunicazione è molto più rapida. “Ultime news appena arrivate, mio fratello Mario Vielmo ha raggiunto il suo 13° ottomila senza ossigeno, la vetta del Nanga Parbat. Per altri particolari vi aggiorneremo appena possibile”, ha scritto Stefania Vielmo, sorella dell’alpinista veneto, sulla pagina Facebook dell’alpinista nella tarda serata di lunedì 3 luglio 2023, l’anniversario della prima ascensione.

La mattina di martedì 4 luglio è arrivata qualche informazione in più. “Vetta fatta per Mario!”, ha aggiunto Stefania Vielmo su Facebook, dopo aver ricevuto informazioni dal fratello rientrato al campo IV del Nanga, 7354 metri.

Dopo una lunghissima notte passata al campo IV, in cinque in una tenda da tre, ad aspettare che calassero le fortissime raffiche di vento, questa mattina all’alba è partito per la scalata verso la cima, raggiunta intorno alle 16. Così Mario ha raggiunto la vetta del suo 13° Ottomila, il Nanga Parbat a 8126 metri”. Nel pomeriggio sono saliti in vetta anche Nicola Bonaiti, l’argentino Juan Pablo Toro, Valerio Annovazzi e il pakistano Muhammed Hussein. Nessuno di loro ha usato ossigeno supplementare.

Anche Nirmal Purja sulla vetta: “Oggi il mio ufficio è qui!”

Lunedì 3 luglio, sulla vetta del Nanga Parbat, è arrivata anche la squadra di Elite Expeditions, l’agenzia creata dal nepalese Nirmal Purja dopo il suo record di velocità sui 14 “ottomila” della Terra. Il rapporto tra le 11 guide e i 5 clienti arrivati sulla vetta, tutti con respiratori e bombole, è quello classico delle spedizioni all’Everest. “Oggi il mio ufficio è qui! Come sempre ho guidato la spedizione dalla testa, non dal campo-base. Ho condotto tutti sulla cima, e li ho riportati sani e salvi al campo-base”, ha scritto “Nimsdai”, che ama i toni forti, sulla sua pagina Facebook.

Nello scorso maggio, tre dei quattro clienti del Nanga, il franco-scozzese Alasdair McKenzie e le influencer Anna Gutu (Stati Uniti) e Nikol Kovalchuk (Russia) si erano affidati alla Elite Expeditions per raggiungere gli 8848 metri dell’Everest. Ha completato l’elenco delle alpiniste la svizzera Christine Volgondy. Il numero delle influencer sulla cima è un altro segno di come l’alpinismo himalayano stia cambiando.

Anche una parte degli Sherpa del gruppo – tra loro Phurba Sonam, Mingmar Sherpa, Pasang Nima e altri – aveva salito il “tetto del mondo” due mesi fa. Come sempre, nelle spedizioni dirette da Nirmal Purja, sono arrivati in cima guide di altre etnie nepalesi, in questo caso Tejan e Ramesh Gurung.

Nonostante il numero degli alpinisti coinvolti, la giornata di vetta è stata impegnativa per tutti. “Queste esperienze ti fanno sentire umile. Gli ultimi 700 metri sul Nanga Parbat sono stati più difficili di quello che immaginavo, perché siamo saliti senza corde fisse. Nessuno è perfetto, stiamo tutti imparando, questa è la vita”, ha scritto sulla sua pagina Instagram Nima Sherpa, guida di Elite Expeditions.

Il successo del team pakistano

Dopo i primi arrivi in vetta negli ultimi giorni di giugno, domenica 2 luglio un altro nutrito gruppo di alpinisti ha raggiunto la vetta del Nanga Parbat. Pieno successo per i team delle agenzie nepalesi Seven Summits Treks, 8K, Pioneer Adventures e Imagine Nepal. Nel team di Seven Summits non hanno usato ossigeno supplementare Phurba Thile Sherpa, Sona Sherpa, e il cinese He Jing. La tedesca Anja Blacha e l’ungherese Czaba Varga sono saliti senza respiratori e senza il supporto di Sherpa.

Grande entusiasmo, al campo base sul ghiacciaio Godwin Austen ma anche a Islamabad, ha accolto il successo del team pakistano di Karakorum Expeditions, molti dei cui componenti hanno raggiunto la vetta senza ossigeno supplementare. L’elenco include Eid Muhammad, Ahmed Baig, Waqar Ali, Saeed Karim, Liaqat Karim e Jalal Uddin, mentre si è servita di bombole Samina Baig, l’alpinista più nota del Pakistan. Leader del gruppo e di Karakorum Expeditions è Mirza Ali, fratello di Samina Baig e primo pakistano a salire le Seven Summits, le cime più alte di tutti i continenti.

Nei prossimi giorni, una parte degli alpinisti che hanno salito il Nanga Parbat si sposteranno nel Karakorum per tentare il Gasherbrum e l’Hidden Peak. A causa del forte vento in quota, ha rinunciato poco sotto la cima del Nanga il valtellinese Marco Confortola, che è rientrato al campo 3 e nei prossimi giorni potrebbe tentare nuovamente.

Ma il Nanga Parbat resta una montagna severa. Dopo la morte del polacco Pawel Kopeć, le guide di Elite Expeditions hanno partecipato al soccorso di due alpinisti bloccati sul muro roccioso della Via Kinshofer. “Erano clienti di altre agenzie, ma sulle Grandi Montagne siamo tutti una grande comunità”, ha commentato Nirmal Purja, non citando i nomi dei salvati ma quelli dei soccorritori, Karma Sherpa e Pasang Tendi Sherpa.

Mancano notizie aggiornate, invece, dell’alpinista pakistano Asif Bhatti, professore universitario, bloccato all’ultimo campo, incapace di muoversi da solo a causa della cecità causata dal riverbero della neve. Ad assisterlo è stato Israfil Ashurli, un alpinista dell’Azerbaigian. Appena il meteo lo consentirà, un elicottero dovrebbe portare in quota un team di soccorritori. Ma i piloti e gli elicotteri pakistani non sono quelli nepalesi, e un soccorso in long line sarà possibile solo al campo II o più in basso.

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