Aggiornamento: 17 maggio 2023
Carlos Soria, partito nella notte del 16 maggio insieme a Sito Carcavilla e a Mikel Sherpa per tentare di raggiungere la vetta del Dhaulagiri, si è ferito alla gamba a oltre 7700 metri di quota. La notizia è stata data dal team che lo segue a casa con il post su Facebook pubblicato di seguito. Sito Carcavilla e la squadra di sherpa stanno aiutando Soria nella discesa verso il Campo 3, dove si prevede che venga evacuato in elicottero.
Anche i polacchi Bartek Ziemski e Oswald Pereira, che avevano raggiunto la vetta del Dhaulagiri qualche giorno fa ed erano riusciti nel progetto di farne la discesa con gli sci, sono tornati in quota per aiutare nelle operazioni di soccorso. Come informa il giornalista Alessandro Filippini, i due sono stati trasportati in elicottero da Kathmandu al Campo 2, il punto più alto raggiungibile viste le condizioni meteo. Dovranno dunque salire con ossigeno fino al punto in cui è localizzato Soria, per poi aiutarlo nella discesa.
Ricordiamo che Carlos Soria stava tentando il Dhaulagiri per la 14esima volta, che sembrava essere quella buona: aveva raggiunto il Campo 3 (7200 metri) il 16 maggio, insieme a Sito Carcavilla e a Mikel Sherpa. Insieme erano partiti per la cima ieri notte, quando è avvenuto lo sfortunato incidente.
10 Maggio 2023
Carlos Soria, forte alpinista spagnolo che ha da poco compiuto gli 84 anni, sta tentando la salita del Dhaulagiri. Nel 1973, esattamente 50 anni fa, ha partecipato a una delle prime spedizioni spagnole a un “ottomila”, il Manaslu. Oggi continua a vivere la montagna con la passione del primo giorno.
L’8 maggio l’alpinista nato nel 1939 ad Avila ha raggiunto i 5850 metri del campo I, ai piedi della cresta Nord-est del Dhaulagiri, insieme al suo compagno di spedizione Sito Carcavilla. L’idea è di passare due notti a quella quota, ridiscendere ai 4750 metri del campo-base e poi ripartire verso gli 8167 metri della settima cima della Terra.
A rendere possibile la salita al campo I è stato un miglioramento del tempo. I due alpinisti spagnoli, arrivati il 20 aprile al campo-base, sono rimasti a lungo bloccati da nevicate che hanno accumulato due metri di neve.
Carlos ha scritto in un post del 6 maggio: “Non abbiamo altra scelta che aspettare pazientemente mentre spalavamo neve dal campo. Non abbiamo mai visto così tanta neve su questa montagna. Ieri finalmente è uscito il sole, ma dobbiamo attendere, la montagna è troppo carica. Le valanghe sono continue, e molte sono sulla nostra via di salita. Nei prossimi giorni vedremo se è possibile raggiungere il campo I e valutare lo stato della montagna al di sopra del campo-base.”
Carlos Soria sa perfettamente cosa lo aspetta, è stato varie volte sul Dhaulagiri (l’ultima un anno fa, nel 2002), è arrivato molto vicino alla vetta, e non intende mollare, nonostante l’età e la protesi al ginocchio.
“In tutte le montagne c’è un rischio, anche se dev’essere sempre il minore possibile. L’alpinismo è meraviglioso, io me la godo anche quando sto un po’ male. So a cosa vado incontro e cosa può succedere. La montagna non si adatta a te. Sei tu che devi adattarti alla montagna, alle condizioni e al meteo” ha dichiarato in un’intervista a Desnivel poco prima della partenza.
Nella stessa sede spiega l’attrazione che prova per il Dhaulagiri: “8167 metri, una sagoma molto elegante, una montagna che mi ha respinto molte volte. Ma so che posso scalarla, voglio scalarla e ci proverò. Potrebbe essere la mia ultima possibilità.”
La passione di Carlos Soria
Carlos Soria Fontán scopre la montagna a 14 anni, nel bel mezzo di una gioventù dura, fatta di tanto lavoro e poco cibo. Prima le montagne spagnole, poi le Alpi raggiunte in Vespa, poi la spedizione al Monte Elbrus, 5642 metri, la vetta più alta del Caucaso. A questo punto il suo nome si lega indissolubilmente a quello dell’alpinismo spagnolo. Partecipa nel 1973 e 1975 ad alcune delle prime spedizioni in Himalaya, e finalmente nel 1990 conquista il suo primo ottomila, il Nanga Parbat.
Da allora Soria continua a frequentare le grandi montagne, scala il Manaslu nel 2010, poi il Cho Oyu, il K2 (a 65 anni), il Makalu (a 69 anni, senza ossigeno). Il suo obiettivo è diventare il più anziano alpinista della storia a scalare i quattordici ottomila. L’allenamento è l’arma vincente di Soria: “Quello che faccio lo faccio perché mi piace, non per chissà quale motivo. Perché è il mio modo di vivere. Non mi costa fatica allenarmi, non mi è mai pesato.”
Per raggiungere l’obiettivo mancano solo lo Shishapangma e il Dhaulagiri, ma Carlos Soria continua a fare spedizioni soprattutto perché questa è la sua passione. “Sono fortunato, c’è molta gente che mi vuole bene e me ne accorgo ogni giorno di più. A volte penso di aver lasciato una buona impronta nella vita, questo mi dà molta serenità e allegria. Sono innamorato della mia vita, e sono orgoglioso della mia famiglia” ha dichiarato l’alpinista, ancora a Desnivel.