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Le foto del leopardo delle nevi che hanno lasciato senza fiato il mondo sono false

Le foto straordinarie del leopardo delle nevi di Kittiya Pawlowski hanno fatto il giro del mondo e sono state pubblicate sui più importanti giornali, Times incluso. Scatti così eccezionali, considerata anche la rarità dell’animale, da non sembrare veri. Ed effettivamente, non sono veri. A scoprire la magagna è stato il magazine francese Alpine Mag, che ha realizzato un’approfondita indagine sulle fotografie di Pawlowski rivelando che non sono autentiche, ma piuttosto delle immagini digitali create con un programma di editig stile Photoshop.

 

Fotografie vs realtà

In particolare, secondo le ricostruzioni di Alpine Mag, le tre foto che ritraggono il leopardo in lontananza sono frutto di un collage di pezzi di foto distinte assemblate tra loro per creare l’immagine perfetta. Un esempio, riportato dalla rivista francese grazie all’esperto occhio della fotografa Jocelyn Chavy, è la foto 3 (nella gallery): il leopardo cammina sul filo di una cresta, che è quella ovest del Nuptse, dietro assolata un’altra cresta che nella realtà non si trova lì ma a un km di distanza (è la cresta sud-ovest della medesima montagna). Anche la foto 2 è stata modificata con tali criteri facendo un mosaico di pezzi del Lho La e altre montagne. Medesima cosa per la foto 1, forse la più condivisa: il leopardo cammina sollevando la neve con le zampe su una cresta, dietro si staglia un’imponente e affilata montagna, che in realtà è uno spuntone di roccia innevato del Pumori, che dopo un piccolo colle prosegue verso la cima della montagna, che però è stato cancellato per far sembrare più impattante la fotografia.

Il leopardo delle nevi altrui

Altra questione è invece l’immagine 4, quella che presenta il leopardo delle nevi seduto. Alpine Mag ha scoperto che l’animale ritratto proviene dalla fotografia scattata in Mongolia di un altro fotografo, Sylvain Cordier. Kittiya Pawlowski ha ritagliato l’animale dallo scatto del collega e poi lo ha adattato modificando le macchie e capovolgendolo a specchio per meglio inserirlo nella sua immagine (i malpensanti direbbero anche per fare in modo che la ricerca per immagini di Google non lo riconoscesse). La pancia del felino è stata poi modificata prendendo la pancia del secondo leopardo presente nello scatto originale. Lo si può ben vedere nei video realizzato con cura da Carlos Garranzo, che potete vedere qui sotto. Da dove vengano i leopardi delle altre tre fotografie non è stato ancora scoperto.

Secondo Alpine Mag il fotografo e la sua agenzia, la francese Hemis, non ne sa nulla. La foto però, come dimostra la stessa Pawlowski pubblicando le fatture non è stata rubata come sostenuto, ma regolarmente comprata sulla banca fotografica Alamy con licenza commerciale.

La difesa di Kittiya Pawlowski

Il problema però rimane. Queste immagini hanno fatto il giro del mondo e sono state vendute a centinaia di dollari sul sito di Kittiya Pawlowski senza mai specificare o chiarire che fossero delle creazioni digitali. La Pawlowski nel difendersi sostiene di non aver mai detto che non erano editate: “Tutte le mie immagini sono modificate ed elaborate in Photoshop e Lightroom. Alcune immagini sono composite, altre no. Alcune sono solo leggermente ritoccate. Non sono un giornalista. Non ho mai dichiarato che le mie immagini non sono state modificate” e poi: “I giornali e i media di tutto il mondo hanno preso le mie immagini e le hanno pubblicate dando un loro significato. Non mi hanno chiesto se fossero modificate. Le hanno interpretate a modo loro e le hanno diffuse in tutto il mondo. Hanno detto ai loro follower che non erano state modificate”.

Una difesa un po’ debole, considerando tra le altre cose che le fotografie sono state presentate insieme alla storia del suo viaggio per scattarle, dei chilometri percorsi con lo zaino in spalla, il freddo, la fatica dell’attesa, i polmoni avidi di ossigeno allo scopo di scattare la “serie di foto più difficile e gratificante che abbia mai scattato”. Insomma, il materiale per far intendere che gli scatti erano autentici c’è tutto. E fino all’uscita dell’articolo di Alpine Mag la Pawlowski non si è mai prodigata a chiarire di questo fraintendimento mondiale sulle proprie fotografie, ma ha preferito stare in silenzio.

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