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La montagna deve essere uno spazio di libertà. Dalla Francia un forte NO ai divieti e sanzioni

Siamo all’ultimo miglio di questa calda estate in cui le montagne, scelte da tanti turisti alla ricerca di frescura, hanno mostrato più che mai la loro fragilità di fronte al cambiamento climatico. Dopo la tragedia della Marmolada, che ha scosso l’opinione pubblica mettendola di fronte alla concretezza dell’emergenza ambientale, il livello di attenzione si è alzato.

Da luglio le guide alpine francesi, italiane e svizzera hanno smesso di accompagnare i clienti sul Monte Bianco e il Cervino, la cui normale italiana è interdetta da un’ordinanza dopo che una frana ha interessato in parte la via. Il frequentato sentiero del giro del lago delle Locce sotto la parete est del Monte Rosa è vietato da luglio. In Francia i rifugi sulla voie royale del Monte Bianco a causa dei crolli nel Couloir du Gouter sono stati chiusi per una quindicina di giorni dal Sindaco di Saint Gervais, il quale qualche giorno prima aveva minacciato di istituire una cauzione di 15.000 euro per chi intendesse scalare il tetto d’Europa. Provvedimenti che hanno fatto discutere. C’è chi si è espresso favorevole ai divieti per tutelare alpinisti e escursionisti avventati, ma anche i sindaci da eventuali responsabilità penali e civili; e chi invece con forza ha portato avanti l’idea di libertà, che in montagna trova la sua massima espressione, e di auto-responsabilità.

Il mondo della montagna francese dice no ai divieti

Un dibattito che nelle ultime ore ha ripreso forza grazie a un’intensa lettera, pubblicata sui social e sul quotidiano Le Monde, in cui i professionisti e le maggiori associazioni della montagna francesi prendono posizione contro divieti e normative stringenti. A firmarla Julien Bailly, presidente dell’associazione di sicurezza e prevenzione La Chamoniarde; Bénédicte Cazanave, Presidente della Federazione francese dei Club alpini e di montagna; Eric Fournier, sindaco di Chamonix-Mont-Blanc; Olivier Greber, presidente della Guide alpine di Chamonix; Christian Trommsdorf, presidente del Groupe de haute montagne.

La lettera

Invitiamo a scegliere la responsabilità, l’umiltà e la libertà. Questi sono i valori alla base della decisione di inserire nel 2019 l’alpinismo nel Patrimonio immateriale dell’UNESCO” si legge tra le prime righe della lettera, che cita anche Gérard Devouassoux, guida alpina e vicesindaco di Chamonix che nel 1972 ha fondato l’Office de haute montagne (OHM): “Non bisogna reprimere e creare alcun tipo di obbligo. Al contrario, è necessario informare per prevenire e mettere le conoscenze dei professionisti al servizio di chi è senza guida, dare puntualmente informazioni sullo stato della montagna, sulle difficoltà di ogni percorso, sull’evoluzione delle condizioni meteorologiche”.

Collaborazione tra enti e professionisti e prevenzione attraverso informazione, preparazione, corsi e “senza mai cadere nel tranello della normazione”. Questa è la strada per affrontare la montagna di ieri e di oggi, insieme all’adattamento: “In tutte le Alpi alcune vie normali di salita alle grandi vette iconiche sono oggi fortemente scoraggiate. Non significa la fine dell’alpinismo estivo” si legge nella lettera. “Di fronte al cambiamento climatico, gli attori della montagna si adattano. Le Guide osservano, valutano, consigliano e rinnovano la loro offerta per continuare a garantire esperienze indimenticabili. I Club alpini, le associazioni sportive e gli alpinisti dilettanti stanno intraprendendo la stessa strada di adattamento e responsabilità. Molti bellissimi corsi di roccia rimangono praticabili, a volte richiedono più tecnica e apprendimento, il tutto rimanendo accessibili. Diamo fiducia a chi ha il compito di valutare ogni giorno le condizioni e decidere per la cordata, per guidare su percorsi dove il rischio non aumenta”.

La richiesta dei firmatari è di non soccombere all’emotività dell’escalation comunicativa che turba le persone e minaccia il naturale desiderio di esplorare. “La montagna deve rimanere uno spazio di libertà a fronte della tentazione di totale sicurezza. La pratica dell’alpinismo non può essere subordinata all’ottenimento di un permesso nelle Alpi francesi, culla di questa disciplina secolare che ha visto i suoi attori, dilettanti e professionisti, plasmare e trasmettere un vero e proprio patrimonio culturale, un’arte di abitare fugacemente una natura ostile, di aprirsi la via per il tempo di una conquista dell’inutile, nella libertà e nella responsabilità”.

E poi è il turno della dura risposta alla scellerata proposta del sindaco di Saint Gervais sulla richiesta di deposito cauzionale per i soccorsi e l’eventuale funerale a chi vuole salire il Monte Bianco. “Difendiamo il modello di soccorso in Francia. Dalla loro creazione più di 60 anni fa, il PGHM e la CRS (la cui circolare del 1958 specifica che tale assistenza, ora professionalizzata, è gratuita in quanto a carico dello Stato) soccorrono e salvano vite in montagna insieme alla Sécurité civile, senza discriminazioni o gerarchie di responsabilità di fronte all’imprevedibile. È la nobiltà della nostra scelta di società, della ridistribuzione sociale delle sue ricchezze e della dedizione di ciascuno al proprio corpo per consentire a tutti di poter beneficiare dell’assistenza in ogni circostanza, nella vita quotidiana o nel tempo libero. Nessuna cauzione, nessuna sanzione, nessuna autorizzazione, ma prevenzione e responsabilità. Una società priva di rischi non esiste. Saper accettare il rischio, impegnarsi ad affrontarlo, tendere a ridurlo senza mai domarlo del tutto, questa è la grandezza del compito dell’uomo e dell’alpinista”.

I francesi per ragioni storiche sono più devoti al valore della libertà e una presa di posizione così forte dalle maggiori associazioni di categoria non sorprende. Sarebbe bello che anche in Italia sulla questione qualcuno battesse un colpo, magari il Club Alpino.

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4 Commenti

  1. Dunque si alla libertà, ma con guide pagate! Altrimenti ? Se succede qualche cosa chi risponde penalmente? L’assicurazione ? La guida? O il sindaco del territorio interessato? Si parla di responsabilità, rendiamoci conto che non si vogliono colpire i professionisti che sanno sicuramente valutare i rischi, ma si vuole inanzitutto evitare che degli ‘’irresponsabili’’ (e sappiamo bene che sono tanti a frequentare la montagna, credendo di essere sulla montagnetta di San Colombano) si possiano trovare in situazioni di pericolo visto il periodo contingente. Ci siamo trovati davanti a dei fatti metereologici che hanno creato problemi (e purtroppo causato vittime), i divieti (a mio umile giudizio giusti e dovuti) sono stati in fin dei conti temporanei e mi sembra che se ne stia facendo una tragedia.
    Certo la montagna (la natura e la vita intera in generale) deve essere vissuta in libertà, ma trovo molto giusto, a riguardo dei fatti di cui si parla, ciò che disse Victor Hugo il grande poeta francese: Il popolo ha diritto alla libertà ma non ha il diritto sulla libertà.
    Cordialmente

  2. Un ripetitivo conflitto fra i valori ideali e i problemi della realtà quotidiana, entrambi gestiti da politici che vogliono mantenere i propri interessi economici ottenuti in varie maniere.
    E il sottofondo comune è sempre la sola e solita parola libertà, che dovrebbe negare tutto quello che fanno.

  3. I Francesi ci hanno fegato ancora sulla strada della civiltà Dovrebbero inviare copia a quelle regioni troglodite (anzi forse tra i trogloditi la mutua assistenza era necessaria) che vogliono far pagare i soccorsi, tra l’altro generando l’odioso e pericoloso dubbio sul “se” avrò diritto di essere assistito

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