Cronaca

Scout bloccati nella neve: le diverse versioni dei fatti e la lezione di Messner

Si è molto parlato nelle ultime ore sull’incidente in montagna accaduto a un gruppo di 15 scout rimasti bloccati in una bufera di neve in abbigliamento leggero al P.sso dello Strofinatoio sul crinale che separa Toscana e Emilia-Romagna. Fortunatamente nulla di grave è successo, anche se due ragazze di 18 anni e una ragazza di 17 anni sono state portate all’ospedale di Porretta per ipotermia.

A far discutere sono state anche le parole dei capi scout che si sono lette il giorno successivo al fatto, che danno l’idea che manchi una reale comprensione del pericolo a cui si sono esposti e hanno esposto i ragazzi. “Prima di partire abbiamo consultato il meteo, annunciava pioggia nel pomeriggio e solo nella zona di arrivo. Forse dovevamo controllare di nuovo e su altre fonti, ma non siamo andati allo sbaraglio” dice un capo scout intervistato da Repubblica, che aggiunge al giornalista che gli fa notare che i ragazzi indossassero pantaloncini corti nella neve: “È vero, qualcuno aveva i pantaloni corti, ma ci eravamo portati dietro giacche e ricambi e altri ragazzi li indossavano. Non è giusto dipingerci come degli sprovveduti in ciabatte e maglietta in giro per i monti“.  E ancora: “Per fortuna l’incertezza è durata poco, non più di un’ora. Qualcuno aveva molto freddo, altri erano spaventati, ma la situazione non è mai stata a un punto critico. In serata eravamo quasi tutti a casa“. “È stata una situazione imprevista e difficile, ci siamo trovati un po’ in difficoltà, ma la situazione è stata dipinta in maniera non corretta” sono invece le parole di un altro istruttore scout che si possono leggere sul Corriere fiorentino.

Il racconto dei fatti

Situazione imprevista. Eppure, il gruppo di scout era stato avvisato alla partenza dal rifugio Montanaro, in Toscana, da Alessandro Bini, presidente del Cai di Maresca, impegnato in un corso del club alpino effettuato proprio nelle primissime ore del mattino per anticipare il peggioramento di cui era stata diramata dalla protezione civile un’allerta arancione meteo con neve a 1.300 metri e vento a 100 chilometri orari sul passo. “Avevamo cercato di farli desistere perché sapevamo da quattro giorni che era prevista neve. Loro ci hanno risposto con leggerezza e sono partiti lo stesso: portavano la loro divisa con i pantaloni corti e la camicia, sulle spalle zaini molto pesanti” racconta al Corriere di Bologna. Dopo un’oretta, Bini decide per scrupolo di chiamare Antonio Tabanelli, gestore del Rifugio Del Lago Scaffaiolo, che il gruppo di ragazzi avrebbe dovuto raggiungere per pranzo, ma che quel giorno era però rimasto chiuso proprio per la prevista la bufera. Bini e Tabanelli decidono di preallertare il Soccorso Alpino. Nel frattempo, dopo vari giri di chiamate, il gestore e il presidente della sezione del Cai riescono a trovare un numero del gruppo e tentano di avvisarli che il rifugio di destinazione era chiuso e di tornare indietro, ma il telefono risultava irraggiungibile per mancanza di segnale.

Nonostante le inequivocabili pessime previsioni, hanno sfidato il crinale, male equipaggiati e sovraccaricati, nel bel mezzo di una bufera di neve con -2 e raffiche a più di 100. Stamattina il tentativo di dissuaderli dall’impresa da parte di un paio di persone al Rifugio del Montanaro non è stato colto e hanno proseguito fino a trovarsi in condizione di chiedere aiuto al Soccorso Alpino. L’epilogo non è stato tragico, solo tre ragazze portate in ospedale per conseguenze all’ipotermia. Che dire ai capi Scout di questa incosciente comitiva? Penso che l’esperieza vi abbia lasciato qualcosa, spero per voi che sia un balzetto verso la maturità e la coscienza e spero per noi che la prossima volta ci chiamiate per sapere se siamo aperti, per chiederci che clima c’è a 1800 metri, e se è il caso di mettere a rischio voi e chi vi viene a soccorrere” è lo sfogo sui social di Tabanelli. 

 Hanno rischiato molto, non credo se ne siano resi conto. La situazione era critica, scarsa visibilità, vento a cento chilometri l’ora, neve e grandine. Condizioni impraticabili per gli esperti, figuriamoci per degli scout” sono invece le parole su Repubblica di Mauro Ballerini, tra i primi soccorritori ad arrivare sul posto, che sempre sul quotidiano spiega: “C’è stata forte superficialità, altre due ore con quel freddo e sarebbe potuta finire male. Quando li abbiamo visti con quei pantaloncini, con quelle giacche leggere, stentavamo a crederci – racconta ancora Ballerini- abbiamo subito recuperato coperte e piumini e bevande calde, erano quasi congelati”.

La lezione di Messner

Sulla questione è intervenuto anche Reinhold Messner intervistato dal Corriere di Bologna. “È stata un’esperienza: la situazione in cui si sono trovati e quella sensazione di pericolo sono servite a far capire loro la lezione. Forse la loro guida non era molto esperta” dice il Re degli 8000, che alla domanda di quale sia la lezione da imparare chiosa: “Che in montagna non si va così. Anche un’esperienza drammatica, o semi drammatica di questo tipo ti fa capire che non è il comportamento giusto; in particolar modo da oltre una certa quota in poi se non sei preparato e non sai come comportarti”.

La nota ufficiale del gruppo scout

Ieri il Gruppo scout AGESCI Scandicci 1 ha rilasciato un comunicato stampa sui propri social per spiegare la loro versione dei fatti. La riportiamo nella sua interezza.

“Nella giornata del 24 aprile, il Clan del Gruppo scout AGESCI Scandicci 1, in occasione della Route di Pasqua, aveva programmato un percorso sull’Appenino Tosco-Emiliano ed è rimasto coinvolto in un’operazione di recupero a cura del Soccorso Alpino dell’Emilia-Romagna. Come Responsabili regionali dell’AGESCI Toscana, ci teniamo a fornire ulteriori dettagli per rassicurare sulla salute degli 11 Rover e Scolte e dei loro 3 Capi e su alcune dinamiche di tale accadimento.

Nello specifico, la route è iniziata il 23 aprile dal Passo dell’Oppio (nel comune di San Marcello Pistoiese) con il primo pernottamento (in tenda vicino al rifugio) a Pratorsi (1323 mt). La mattina del 24 aprile il Clan è partito alle 7:30 per incamminarsi verso il rifugio del Montanaro (dove si è rifornito di acqua). Da lì, la tappa prevedeva il passaggio dal rifugio Scaffaiolo per il pranzo per poi proseguire fino al rifugio Bicocca alla Doganaccia, luogo prefissato per il pernotto. “Le informazioni meteo che avevamo raccolto – dichiarano Letizia Malucchi e Leonardo Damiano, Capi Gruppo – indicavano che ci sarebbe stata pioggia, pertanto ci eravamo attrezzati di conseguenza con abbigliamento pesante e impermeabile.”

Il Clan, quindi, ha proseguito sul Sentiero 20 (più volte percorso dal gruppo in passato) e vicino all’incrocio con il Sentiero 00 è iniziato a grandinare e soffiare un forte vento e di lì a poco ha iniziato a ridursi la visibilità, causa nebbia, e sono aumentate le precipitazioni nevose. Il Clan è riuscito ad arrivare verso le 11:00 al passo dello Strofinatoio, che dista solo 45 minuti dal lago Scaffaiolo.

Alle ore 12:15, a circa 1 km dal rifugio Scaffaiolo – continuano i Capi gruppo – abbiamo constatato l’impossibilità di proseguire in quanto le abbondanti precipitazioni nevose avevano reso il sentiero difficilmente distinguibile. Abbiamo scartato l’opzione di tornare al rifugio Montanaro per le avverse condizioni meteo. Abbiamo dunque contattato il 112 per richiedere aiuto nell’identificazione di un sentiero che ci avrebbe aiutato a discendere la montagna. Il Soccorso Alpino ci ha consigliato di tornare indietro al passo dello Strofinatoio. Lì ci siamo incontrati con i soccorritori che ci hanno guidato a piedi al centro operativo invernale del Soccorso Alpino in località Le Polle.”

Al centro operativo, a titolo cautelativo, tutti i ragazzi e i capi sono stati visitati e il medico ha ritenuto necessario trasferire tre ragazze, accompagnate dalla loro Capo, con l’ambulanza per raggiungere il Pronto Soccorso di Porretta Terme, per accertamenti. Le condizioni delle ragazze sono sempre state buone e dopo circa 3 ore sono state dimesse e riportate a casa.

Il resto del gruppo è stato accompagnato al centro della Croce Rossa a Lizzano in Belvedere dove i ragazzi si sono riscaldi e rifocillati. Lì, ripresa la connessione dati dei cellulari, una delle ragazze che aveva contattato il rifugio del Montanaro nella preparazione logistica della route, ha potuto ricevere e leggere un messaggio del gestore del rifugio inviato alle 10:30 in cui allertava sul peggioramento del meteo. Il messaggio purtroppo non è stato visualizzato in tempo utile. Il resto del Clan con i mezzi pubblici è rientrato a Firenze in serata.

Sentendo la testimonianza dei capi Clan, durante tutto l’accaduto il gruppo è rimasto unito, facendosi forza in un momento di difficoltà. Alla fine di questa situazione diventata critica, ci teniamo a ringraziare il Soccorso Alpino e la Croce Rossa per la loro grande professionalità e tempestività. Attualmente tutti i ragazzi sono in ottime condizioni.

A conclusione di questa vicenda, ci teniamo a ribadire l’attenzione che noi scout impieghiamo nello svolgere le nostre attività in sicurezza, senza mettere a rischio la salute e l’incolumità degli oltre 8000 ragazzi che ci vengono affidati. La nostra è un’associazione che porta i giovani fuori e propone esperienze che non sono esenti da rischi, la gestione degli stessi fa parte dell’educazione. La situazione di pericolo non si è trasformata In un problema perché i ragazzi e i capi coinvolti hanno saputo riconoscere il pericolo. Educhiamo anche al fallimento e alla rinuncia, se i ragazzi sono tornati indietro e hanno chiesto aiuto è un segno di maturità e non di incoscienza.

Chiara Beucci e Alberto Ceccherini – Responsabili AGESCI Toscana”.

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20 Commenti

  1. Non c’è niente da fare, ripetono da anni le stesse parole, non capiscono che le loro idee sul muoversi in sicurezza (avere la casa con sé) e sull’abbigliamento non sono adatte per andare in montagna.

  2. Se ne incontrano così, sembra assurdo ma l’ equipaggiamento minimo indispensabile ovvero calzoni lunghi in montagna (sempre e ovunque), quelli no, ma le mascherine ben appiccicate quelle sì, mai senza.

  3. Qualcuno si ricorda quando un gruppo di scout costrì delle palafitte dentro un torrente e la notte furono travolti?

    1. Stavo per scrivere la stessa cosa. Qualche anno fa ho conosciuto la madre di uno dei ragazzi morti. Un dolore irreparabile

  4. Persino dove ci si ritiene al sicuro dal meteo capita il cigno nero:cade da 9 metri in palestra di arrampicata indoor, cronaca di questi giorni a Treviso..e non e’la prima volta che analogo incidente succede…pur essendoci norme e sicurezze…
    Intanto il climber e’ fuoripericolo, prima o poi raccontera’ quelloche si ricorda.
    Altra volta il compagno trattenitore aveva male usato il marchingegnodettto grigri , altra ancora il climber aveva saltato l’ultimo rinvio e si era lasciato cadere..come si fa sempre anzichè disarrampicare lentamente ,altra volta la corda di trattenuta era lasca in quanto in basso l’aiutante si era distratto a guardare intorno e non sopra…
    Collocare avvolgitori e trattenitori automatici o un materassone ..toglie valore all’impresa??

  5. Messner è il re degli ottomila solo perché la valanga ha colpito il fratello e non lui…

    Anche ammesso che avessero messo i pantaloni lunghi cosa avrebbero potuto fare? Sì, avrebbero potuto controllare meglio il meteo e scegliere di non partire rovinandosi il ponte ma sempre ammesso che le previsioni erano corrette.

    Ma se c’è chi finisce sulle prime pagine per essere andato a 8000 metri senza ossigeno, sarà libero uno di camminare con i pantaloncini corti se è particolarmente caloroso o di portarsi uno zaino da 30kg se ha le gambe per farlo? Il problema del gruppo è stato il disorientamento dovuto alla neve, non il freddo o l’abbigliamento che ha comunque consentito a tutti di tornare a casa con le proprie gambe. Leggendo il conunicato solo 3 ragazze sono state portate in ospedale per eccessivo zelo dei soccorritori.

    1. Andrea, devi essere uno di queglii scout, se no tanta malafede e ignoranza non si spiega.
      ah, leggiti Nanga Parbat in solitaria di Messner, poi ginocchia sui ceci per un mese per il giudizio ridicolo e sprezzante iniziale

    2. Quando ci si assume la responsabilità di accompagnare delle persone, tra le altre cose minori, bisogna comportarsi di conseguenza. Su questo punto non c’entrano Messner, gli 8000 o l’eccessivo zelo (poveri soccorritori….eccesso di zelo…), ma le responsabilità.

      “Avevamo cercato di farli desistere perché sapevamo da quattro giorni che era prevista neve”..

      Questa frase mette fine al dibattito.

      1. Sul fatto di non aver ascoltato i rifugisti sono d’accordo con te, anche se dubito che tutti coloro che pontificano (Messner compreso) non si siano mai trovati in situazioni impreviste in montagna, lo stesso rifugista ha fatto un corso CAI quel giorno e per sua fortuna le previsioni hanno azzeccato e non si è messo a nevicare già dalla mattina.

        Sul fatto della responsabilità non sono d’accordo con te, è tutta gente con età che va da 17 a 21 anni, i capi hanno qualche anno in più, solitamente meno di 30, erano tutti coscienti di cosa stavano andando a fare.

        1. Non ci fosse la parola “capo” sarei d’accordo con lei. Essendoci una gerarchia stabilita e riconosciuta il capo è responsabile del gruppo.

    3. “Il problema del gruppo è stato il disorientamento dovuto alla neve, non il freddo o l’abbigliamento che ha comunque consentito a tutti di tornare a casa con le proprie gambe”
      16 ragazzi senza una preparazione adeguata, senza conoscenze adeguate, senza un ben niente per poter uscire da una situazione d’emergenza, sono scesi perchè il soccorso alpino li ha fatti scendere, se no staremmo commentando una tragedia.
      Non si sale in cresta con vento forte , con zaini strapieni e pesanti, non si sale in gruppo numeroso quando il tempo è brutto.
      Record di errori fatti, l’unica cosa giusta allertare i soccorsi, per il resto stendiamo un velo pietoso.

  6. “conclusione di questa vicenda, ci teniamo a ribadire l’attenzione che noi scout impieghiamo nello svolgere le nostre attività in sicurezza, senza mettere a rischio la salute e l’incolumità degli oltre 8000 ragazzi che ci vengono affidati. La nostra è un’associazione che porta i giovani fuori e propone esperienze che non sono esenti da rischi, la gestione degli stessi fa parte dell’educazione.”

    Credo che gli Scout escano spesso e volentieri dalla loro “zona” di competenza; mi domando quindi con quale formazione possano portare minori a spasso per montagne. Le dichiarazioni dei soccorritori non lasciano alcun dubbio. La risposta Agesci cerca di alleggerire la questione.

    1. La risposta Agesci, alla luce di quanto dichiarato dal Sig. Bini e dall’evidente allerta meteo, è semplicemente vergognosa, anzi delittuosa, perché sminuendo il gravissimo comportamento dei responsabili di fatto li assolve, creando premessa per una possibile reiterazione dell’imprudenza.
      Avrebbero fatto meglio a dire: ci scusiamo profondamente, siamo felici che alla fine sia andato tutto bene, i ns responsabili si sono comportati con estrema leggerezza e per questo li sospendiamo per 6 mesi.

  7. Sono stato uno scout anche io.
    Posso assicurare che nei gruppi di cui
    ho fatto parte la conoscenza su come
    ci si muove in montagna non era
    adeguata.
    La AGESCI dovrebbe rendere obbligatorio,
    per almeno un esponente del gruppo, il
    corso di accompagnatore di montagna, prima di autorizzare uscite di gruppo in
    ambiente montano.

  8. DICEVA CROMWELL: ai suoi soldati: Put your trust in God, my boys, and keep your power dry. Ovverosia: Abbiate fede in Dio, ragazzi, ma tenete asciutte le polveri (ovvero precauzione e prudenza). Comunque in questo caso un intervento c’e’stato, da parte di solidarietà organizzata( per chi crede e’ il modo giusto di agire da parte dei moderni buoni samaritani).I salvati possono ancora raccontarla…e in futuro ascolteranno meglio i consiglieri Cromwelliani.

  9. Scout censito dal 1988 fino al 2016, prima come lupetto poi via via come capo e come formatore. Lla battuta in questione è carina e mi ha sempre fatto ridere, al netto che chi la pronunci lo faccia sapendo che è, appunto, una battuta, e che in realtà lo scautismo è un movimento educativo meraviglioso che offre un’opportunità di crescita senza eguali nella nostra società. Detto questo, la mancanza di adeguata preparazione in montagna l’ho sempre vista purtroppo, così come, aimè, la mancanza di sicurezza e competenza quando si portano i ragazzi in bici.(giri di 100 km senza una pompa, un attrezzo, una luce, per non parlare del caschetto). Spesso si confonde lo spirito di arrangiarsi con quello che si ha(che vale se parliamo di essere prima di apparire, di muoversi coi mezzi e non con l’auto, di divertirsi con poco e sapere improvvisare una festa con una chitarra e due danzette) con la sciatteria e l’improvvisazione(ho visto fare una route con passaggi sopra i 2000 con le converse…) c’è molto da lavorarci, indubbiamente

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