“L’uomo non è un animale da città, nasce per stare in mezzo alla natura, ma bisogna spingersi solo fin dove la natura ce lo consente. Per me non è tanto importante arrivare in cima, piuttosto come ci arrivo. Per questo mi piace arrampicarmi secondo i metodi tradizionali perché è come se dessi alla natura la possibilità di buttarmi giù”
Simon Gietl
Essenziale. Non c’è altro modo per definire l’alpinismo di Simon Gietl. Umile, con il sorriso stampato in faccia e una semplicità d’animo che trova la sua massima espressione in parete oggi Simon è uno dei maggiori esponenti dell’alpinismo italiano. Amante delle solitarie e dell’inverno, instancabile ricercatori di nuove linee, esploratore affascinato dagli itinerari tecnici e difficili ha aperto decine di vie in Dolomiti, compiuto traversate e realizzato ripetizioni di primordine. Un curriculum che si arricchisce ulteriormente quando lo sguardo amplia i suoi orizzonti esplorando le cime del mondo. Nella montagna Simon ha trovato il suo destino, lei l’ha accolto nel suo cammino verticale e lui ha saputo ripagarla scegliendo il più puro degli stili.
La vita
Nato il 5 novembre 1984 Simon Gietl cresce e vive in Valle Aurina, in Alto Adige. Nonostante abbia sempre vissuto tra le montagne, scopre la bellezza delle ascensioni solo a 18 anni. Una scoperta casuale, non legata alla famiglia. I genitori arrivano da un mondo completamente diverso, ma sono stati bravi a non imporsi mai sulle scelte del figlio lasciando che Simon potesse perseguire la sua passione.
Prima di diventare guida e alpinista a tempo pieno ha lavorato come contadino nella fattoria di famiglia, poi come falegname e infine, prima di lasciare tutto per dedicarsi alla montagna, come panettiere. Finito il turno di lavoro non c’era modo di tenerlo a casa, preso lo zaino partiva immediatamente per le montagne. Il tempo libero era invece dedicato allo studio per diventare guida alpina. Questa oggi è la sua professione, a cui affianca il sostegno di alcuni sponsor che gli permettono di vivere la sua passione e dare espressione al suo alpinismo.
Ha una compagna, Sandra, e due figli, Iano e Iari.
L’alpinismo
Simon Gietl la montagna l’ha scoperta per caso, chiedendo un passaggio a un alpinista dopo un’escursione tra Dobbiaco e Brunico. Lì è nato tutto, ascoltando racconti di rocce e pareti verticali. Dopo aver messo mano sulla roccia non è più riuscito a fermarsi. “Per me l’arrampicata è come una droga, non posso farne a meno” dichiarava tempo fa. E così sembra a mettere in fila le realizzazioni compiute nel corso degli anni.
Dopo aver inanellato una serie di ripetizioni e salite sulle montagne di casa per Simon arriva finalmente il tempo di lasciare la sua traccia. Nel 2006, insieme al fratello Manuel, apre Fine, tart and spicy sulla ovest del Casteletto della Tofana di Rozes. Tre anni dopo affronta la parete sud-ovest di Cima Scotoni, anche questa volta per un nuovo itinerario. Poco dopo è sul Sassolungo e ancora sulle Dolomiti di Braies. Poi il gruppo del Sella con una nuova linea sul Piz Ciavazes e la prima grande realizzazione fuori dal territorio dolomitico: l’Eiger. È il 2011 quando, con Roger Schäli, guarda alla sua parete nord. È il 9 febbraio, pieno inverno, e i due salgono per la via Heckmair. La completano in un tempo di 4 ore e 25 minuti.
Nel dicembre 2011 Gietl compie la sua prima spedizione extraeuropea, un viaggio in Patagonia insieme a Roger Schäli durante il quale riescono ad aprire una nuova linea sulla est dell’Aguja Guillemmet. Salgono in stile alpino, a vista e senza usare spit. Tre caratteristiche che oggi sono tipiche dell’alpinismo di Simon.
Inverno e velocità vanno a genio a Simon, che sembra aver trovato la sua sfumatura ideale dell’alpinismo. Sempre con Roger Schäli, tra il 15 e il 16 marzo 2012 approccia le Tre Cime di Lavaredo. I due puntano alla prima traversata invernale del gruppo. Ci riescono, impiegando 16 effettive ore di scalata. Da questo momento in avanti le Tre Cime diventano un terreno di test, ma anche di esplorazione, dove Gietl mette a segno ascensioni dalle prestazioni elevatissime riscoprendo l’avventura su uno dei più famosi gruppi montuosi al mondo. Durante l’estate 2012, con avvicinamento in bicicletta, scala tutte le nord delle Tre Cime in sole 24 ore. Nel dicembre 2016 ritorna sulle nord insieme a Vittorio Messini, ripetendo al trilogia in sole 5 ore e 45 minuti. Un paio di mesi dopo si lega con Michi Wohlleben e ripete la traversata del gruppo aggiungendo alle Tre Cime anche Punta Frida e Cima Piccolissima. Nel 2019 alza l’asticella decidendo di compiere nuovamente la traversata, ma questa volta in solitaria. Un vero e proprio viaggio alla scoperta di se stesso, a stretto contatto con quell’elemento che in una manciata di anni ha saputo plasmarlo trasformandolo in uno dei più forti e determinati alpinisti del panorama italiano.
Alle ascensioni sulle montagne di casa seguono, con intervalli più o meno regolari, nuove ascensioni sulle montagne del mondo. Simon sceglie sempre obiettivi tecnici per le sue spedizioni, prediligendo uno stile di salita pulito e minimalista. Così nel 2015 insieme a Bubu Bole e Silvo Karo realizza la seconda ascensione sul Cruz del Sur, in Perù. Nel 2017 mette invece a segno, con Vittorio Messini, un nuovo itinerario di misto lungo la parete nord-est della punta Shivling, nell’Himalaya indiano.
Seguono un cospicuo numero di prime salite o prime ripetizioni sulle Alpi, principalmente in Dolomiti. Impossibile citarle tutte. Una delle più belle e affascinanti, sicuramente Can you hear me? sulla ovest di Cima Scotoni. Una delle pareti più dure di tutte le Dolomiti, su cui Gietl ha riscritto le regole della scalata. Nell’autunno 2018 vi apre questo nuovo itinerario in solitaria dedicandolo all’amico Gerhard Fiegl, scomparso in montagna.
Tra le sue ultime realizzazioni la prima traversata invernale e solitaria del Catinaccio, nel marzo 2022, l’apertura della via Gold Fish sul Meru Sud nella primavera 2023 e la recentissima Identitat nelle Dolomiti di Sesto.
“Le Dolomiti sono il mio retaggio, sono il cortile di casa, lo stadio in cui posso scatenarmi.”
Simon Gietl