Gente di montagna

Mario Conti, conquistatore del Cerro Torre

In occasione dell’anniversario della prima salita sul Cerro Torre, ricordiamo il grande alpinista lecchese misteriosamente scomparso poco più di un anno fa che quel 13 gennaio 1974 raggiunse la vetta con Casimiro Ferrari, Daniele Chiappa e Pino Negri

“Mi rispettavano, perché non parlavo spesso; quando lo facevo c’era sempre un motivo”.

Mario Conti

Nella storia dell’alpinismo Mario Conti è ricordato come uno dei quattro alpinisti che, il 13 gennaio del 1974, raggiunsero la vetta del Cerro Torre dopo aver completato la grandiosa prima ascensione della parete Ovest della montagna simbolo della Patagonia. Ma, per gli scalatori lecchesi, Mario Conti rappresenta molto di più di questo: assieme a Riccardo Cassin, Carlo Mauri e Casimiro Ferrari il suo è uno dei nomi che meglio incarnano l’identità e lo spirito dei Ragni della Grignetta. Un riconoscimento che si è meritato non solo con le sue salite sulle montagne più difficili del mondo, ma anche con la sua costante vicinanza al sodalizio alpinistico e con l’impegno nel formare i nuovi talenti e mantenere unito il legame fra le diverse generazioni dei Maglioni Rossi.

 

La sua misteriosa scomparsa nell’ottobre del 2023, proprio alla vigilia dei festeggiamenti per il 50esimo anniversario della conquista della Ovest del Torre, è stato un evento che per mesi ha riempito le cronache dei giornali e ha rappresentato un vero e proprio trauma per tutti coloro che lo conoscevano.

Mario non ha potuto prendere parte ai festeggiamenti per i 50 anni della grande impresa, ma mai come durante le celebrazioni che si sono protratte per tutto il 2024 si è avvertita la presenza del suo carisma e della sua eredità.

La vita e l’alpinismo

Mario Conti nasce a Lecco il 15 marzo del 1944, ultimogenito di una cucciolata di veri e propri talenti dello sport, cui la natura ha donato straordinarie caratteristiche di resistenza fisica.

Il fratello Luigi queste doti le metterà a frutto nell’ambito dell’atletica, aggiudicandosi più volte il titolo di campione italiano nei 10 mila e 5 mila metri, specialità nella quale gareggerà anche alle Olimpiadi di Roma del 1960, classificandosi al dodicesimo posto.

È però il primo genito Alfredo, classe 1933, a portare in famiglia il germe dell’alpinismo. Il suo nome compare, infatti, fra quelli dei primi membri dei Ragni di Lecco. Alfredo è un forte alpinista, ma è soprattutto uno sciatore di grande talento, e, nell’ambiente degli scalatori lecchesi, dove attribuire ai compagni di cordata un soprannome che ne identifichi una qualche caratteristica saliente è quasi un obbligo, Alfredo presto è universalmente conosciuto come “Zeno”, chiaro richiamo allo sciatore italiano per antonomasia, ovvero il grande Zeno Colò.

Quando, qualche anno dopo, Mario comincia la sua carriera di scalatore, anche per lui il soprannome è servito: è il fratello minore di Zeno e ha un fisico minuto, benché straordinariamente energico… non può che essere ribattezzato “Zenin”, il piccolo Zeno.

Mariolino ha anche un’altra caratteristica peculiare: è una persona decisamente taciturna. Nelle pagine introduttive del libro dedicato alla spedizione alla parete Ovest del Cerro Torre, Casimiro Ferrari ne traccia il profilo con significative parole: “Non è certamente un ragazzo ambizioso, ma sicuramente orgoglioso, forse un po’ introverso a causa di una certa timidezza, o per meglio dire di un certo ritegno nei confronti di ogni forma di esibizionismo”.

È proprio senza fare troppo rumore che Mario brucia le tappe dell’apprendistato alpinistico, mettendosi giovanissimo a confronto con le più importanti vie del Monte Bianco, delle Alpi centrali e delle Dolomiti, tanto da meritarsi, a soli 19 anni, l’ammissione al gruppo Ragni.

Gli Anni 60 sono l’epoca d’oro dei grandi rally di scialpinismo, che ai tempi erano vere e proprie maratone di più giorni, nelle quali veniva messa alla prova non solo la capacità di scivolare sugli assi, ma anche l’esperienza e l’abilità nel sapersi muovere in cordata, gestire i bivacchi all’addiaccio e le manovre di autosoccorso nelle condizioni invernali più severe. Alle competizioni internazionali prendono parte molti dei più forti alpinisti del momento e Zenin figura spesso fra le squadre che occupano i primi gradini del podio.

L’alpinismo è la sua passione, ma lui vuole farne anche un mestiere, così comincia il percorso per diventare Guida Alpina, conseguendo il brevetto nel 1969.

Nei primi Anni 70, Mario non ha all’attivo l’apertura o la ripetizione di itinerari tecnicamente estremi, ma la sua resistenza, l’affidabilità, il suo istinto e la confidenza con l’alta montagna sono fuori di ogni dubbio. Proprio per questo viene ammesso fra i dodici componenti della spedizione dei Ragni che, nell’estate australe fra il 1973 e il ’74, si reca in Patagonia per chiudere il conto che i lecchesi avevano in sospeso con la parete Ovest del Torre. Con quella muraglia verticale di ghiaccio si erano già confrontati senza successo Carlo Mauri e Walter Bonatti nel 1958. Nel 1970 Casimiro Ferrari aveva condotto le cordate fino a circa 300 metri dalla vetta, ma ancora una volta le tempeste del Torre avevano avuto la meglio. Ora, in occasione del centenario di fondazione del Cai Lecco, è arrivato il momento della riscossa.

Aspettative enormi gravano sulle spalle dei giovani alpinisti, ma loro, forti dello straordinario spirito di gruppo che li unisce, non si lasciano intimidire. Zenin si dimostra fra i più adatti al logorante assedio in cui si ingaggiano e rivela anche uno straordinario talento per la scalata sul ghiaccio verticale e inconsistente del Torre, tanto che solo a lui Casimiro concede di condurre alcuni tratti dell’ascensione da capocordata. Mario ripaga la fiducia aprendo magistralmente alcuni dei tiri più impegnativi. Legati alla stessa corda partono per l’assalto finale e, nel pomeriggio del 13 gennaio del 1974 sono sulla vetta del Torre, seguiti da Pino Negri e Daniele Chiappa.

Dopo questo straordinario exploit sono gli impegni lavorativi, pur sempre legati alla montagna, ad occupare maggiormente il tempo e le energie di Zenin. L’attività di Guida Alpina lo porta ad accompagnare clienti sulle Alpi e fra le montagne di tutti i continenti, per molti anni è anche istruttore delle Guide, membro della Commissione tecnica nazionale del Soccorso Alpino e della Commissione tecnica Materiali del Cai.

Riesce comunque a ritagliarsi il tempo per portare avanti la sua attività personale, confermandosi fra i protagonisti di quegli Anni 70 che sono stati sicuramente un’epoca d’oro dei Ragni.

Nel 1975 prende parte alla spedizione nazionale del Cai alla parete Sud del Lhotse, purtroppo conclusasi infruttuosamente. Nello stesso anno è nella Cordillera Central del Perù, dove compie la prima ascensione dello spigolo Nord del Nevado Rakuntay. Il 1976 è l’anno della prima ascensione del Taulliraju Chico, mentre al 1977 risale l’apertura della nuova via sul Nevado Trapecio, sempre nelle Ande peruviane.

Negli Anni 80 Conti è ancora in piena attività. Il decennio si apre per lui con un’avventura decisamente “fuori contesto”. Prende parte, infatti, all’edizione del 1982 della Parigi Dakar, il mitico rally automobilistico attraverso il deserto del Sahara. È affiancato al supporto di un piccolo team che partecipa alla gara con una Panda 4×4. Quando la squadra decide di ritirarsi prima della fine della competizione, Zenin si rende disponibile per riportare il mezzo in Italia, percorrendo a ritroso il tragitto fatto, praticamente in solitaria!

L’esperienza sulle quattro ruote è però solo una breve parentesi. L’anno successivo lo scalatore lecchese è di nuovo sulle grandi montagne, questa volta in Himalaya, per la spedizione dei Ragni al Lhotse Shar, che però si arresta poco sopra i 7200 metri a causa dell’eccessivo pericolo di valanghe.

Cinque anni dopo è al Cho Oyu, alla guida della spedizione dei Ragni diretta al difficile spigolo Ovest. Anche questa volta le condizioni della montagna non consentono di completare la salita, ma lui si consola raggiungendo la vetta lungo la via normale, in perfetto stile alpino.

L’estate australe fra il 1994 e il ’95 lo vede di nuovo in azione fra le amate montagne dell’estremo sud del continente americano, dove si affianca a Casimiro Ferrari e Giuseppe “Det” Alippi per aprire una via diretta sull’impressionante parete Nordovest del Cerro Piergiorgio, l’ultimo grande sogno patagonico del Miro.

Il Piergiorgio diviene il simbolo di un passaggio di testimone. Così si esprime in proposito lo stesso Conti nella postfazione del libro La Torre del vento: “Rinunciammo [al Piergiorgio] con la promessa di ritornare, ma la lunga malattia che portò Casimiro alla morte nel 2001 glielo impedì. Io tornai per ben tre volte su quella parete, finché finalmente nel 2008 una spedizione da me diretta, con la cordata Barmasse-Brenna, raggiunse la vetta”.

Dopo la scomparsa del Miro, Zenin diviene il nuovo perno della continuità della cultura alpinistica dei Ragni: è lui a consigliare i giovani alpinisti del gruppo e ad accompagnarli di persona in molte dello loro avventure, supportandoli con la sua esperienza derivata da decine di spedizioni in tutto il mondo e con la capacità di accettare e favorire le innovazioni, pur tenendo fermi i valori della tradizione.

Libri

La Torre del vento, Casimiro Ferrari, Alpine Studio, 2012 (Prima edizione: Cerro Torre – Parete Ovest, edizioni Dall’Oglio, 1975)

Film

Torre del vento, Gruppo Ragni di Lecco, Mimmo Lanzetta, 1975

“Ghè mia prublema!”

Le poche parole con cui Zenin era solito commentare una situazione complicata, prima di passare all’azione e… risolverla!

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