Alpinismo

Prima traversata solitaria invernale del Catinaccio. Intervista a Simon Gietl

Sono serviti due bivacchi e tre intensi giorni di scalata a Simon Gietl per compiere la prima traversata in solitaria e in inverno del Catinaccio. 17 chilometri per un dislivello di oltre 5000 metri, difficoltà tra terzo e quinto grado, con punte di sesto, e uno zaino da circa 20 chili con dentro tutto il necessario per muoversi in totale autonomia. “La difficoltà maggiore è stata la neve, veramente tanta” commenta Simon. “Battere traccia per così tanto tempo, con il peso dello zaino sulla schiena è stato stancante. A un certo punto ho pensato di lasciarlo e andare avanti per una mezz’oretta per poi tornare indietro a recuperarlo” ma con le giornate invernali ancora corte questa strategia avrebbe rallentato ancora di più le operazioni. Così avanti, testa bassa e concentrazione. Partito dal Passo di Costalunga, a sud, Simon si è mosso verso nord toccando tutte le vette principali del gruppo.

Simon come nasce l’idea di attraversare il Catinaccio?

“In inverno vado spesso a scalare nelle falesie ai piedi del gruppo. Qui le temperature non sono mai estreme e le pareti sono spesso baciate dal sole. Negli ultimi due o tre anni ho osservato più volte la skyline del Catinaccio pensando alla traversata.”

Come mai non l’hai fatto prima?

“Perché poi arrivava la primavera e l’estate e non andavo più in zona, così mi passava di mente fino all’inverno successivo.”

Quest’anno hai deciso di concretizzare il progetto, come mai in solitaria?

“Inizialmente non era questo il mio piano, soprattutto perché non conosco bene il Catinaccio e non mi sentivo sicuro. Così ho parlato del progetto con Egon Resch, un amico guida della zona, e appena gli ho accennato dell’idea mi ha detto di averci pensato anche lui, ma in estate. Aveva già in mente di provarci con un collega, Daniel Haböck. Così abbiamo unito le forze.”

Quindi avete fatto un tentativo?

“Si, a metà febbraio. Le condizioni erano perfette, le temperature giuste e la neve anche. Siamo stati via tre giorni, durante i quali abbiamo superato i due terzi del percorso poi, l’inaspettato. Una scarica di sassi ha ferito Egon alla mano, aveva bisogno di cure mediche, così abbiamo abbandonato il tentativo e siamo rientrati.”

Dopo?

“Una volta sicuro che Egon stesse bene sono tornato a pensare al progetto. Volevo riprovarci, ma Egon non poteva per ovvie ragioni e Daniel non se la sentiva. Così ci ho pensato su a lungo, è stata una decisione difficile da prendere.”

Come mai?

“Le condizioni sono cambiate, è arrivata una perturbazione che ha portato quasi mezzo metro di neve fresca. Poi ci si è messo anche il vento. Alla fine mi sono deciso, nonostante le grandi incognite di un gruppo che non conosco approfonditamente. Con me ho portato solo l’essenziale per poter scalare in sicurezza, per bivaccare e mangiare.”

In altre occasioni sei riuscito a fare dei depositi di materiali lungo il percorso nei giorni precedenti. Anche qui hai usato questa strategia?

“No, ho portato tutto con me nello zaino ed è stato molto diverso rispetto alle altre traversate solitarie realizzate in passato. Ho calcolato materiali per tre bivacchi e alla fine del terzo giorno la stanchezza mi stava convincendo a preparare la tenda, poi ho sentito Egon e Daniel che mi stavano venendo incontro. A casa mi aspettava una bella cena e una birra fresca, così ho continuato.”

Com’è stato stappare la birra e guardare la linea appena percorsa?

“Farlo non è stato molto difficile, la parte complessa è stata la partenza, il momento della decisione. Poi la solitudine assoluta su delle montagne che non conosco bene come quelle di casa. Che avventura. Mi ha aperto gli occhi su nuove possibilità. Le solitarie e le invernali passate mi hanno permesso di affrontare il Catinaccio, ma questa ha spinto la mente alla ricerca di nuove idee, di nuove possibilità.”

Un’esperienza intensa…

“Si, soprattutto all’inizio. Quando ho lasciato la macchina e ho iniziato a camminare sono entrato in un flusso di concentrazione talmente forte da isolarmi e allontanarmi da tutto. C’era solo la via da percorrere, il mio obiettivo. Non mi sono reso conto di nulla se non di quello, poi a sera ho alzato la testa e mi sono reso conto dello spettacolo. Del panorama che stavo vivendo.”

Pensa mai alla famiglia quando sei lassù da solo?

“Prima di dormire. Sul cellulare ho le foto della mia compagna e dei miei figli, le guardo e le riguardo. Lì dimentichi tutto, dimentichi il posto in cui ti trovi, le solitarie, i riconoscimenti. Ci sono solo loro e il battere ritmato del cuore.”

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