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Sergi Mingote e la sua “Olympic Route”, una proposta sostenibile

Si era prefissato di scalare i 14 Ottomila in un tempo massimo di 1000 giorni, ma la pandemia di Coronavirus ha stravolto prima i piani primaverili e dopo quelli estivi. L’atleta catalano Sergi Mingote si è allora re-immaginato il 2020 scegliendo di dedicarsi a un progetto forse meno complesso logisticamente, ma ugualmente affascinante: 60 giorni per attraversare 10 Paesi europei, scalando le 14 vette iconiche del vecchio continente. Un viaggio sostenibile chiamato “Olympic Route”, per promuovere la candidatura olimpica “Pirineus Barcelona 2030”. In questo suo viaggio, che oggi lo vede in Grecia, ha percorso i Pirenei, fulcro della candidatura olimpica. Quindi ha proseguito verso le Alpi, toccando Torino che ha ospitato le Olimpiadi invernali 2006, e ha continuato verso Cortina d’Ampezzo, che ospiterà insieme a Milano le Olimpiadi invernali del 2026. L’abbiamo incontrato, approfittando dell’occasione per fargli qualche domanda.

Sergi, come mai sei diventato ambasciatore e promotore della candidatura olimpica “Pirineus Barcelona 2030”?

“È successo circa un anno fa, durante un’intervista sul mio progetto ‘14×8000 Catalonia Project’. In quest’occasione ho scoperto della candidatura olimpica, mi hanno spiegato l’idea che mi è subito piaciuta per la sua componente sostenibile, a favore dell’ambiente. Così ho deciso di sostenere l’iniziativa legandola anche al mio progetto himalayano.”

Invece come nasce questo viaggio in Europa?

“Avendo dovuto sospendere il progetto himalayano a causa del virus ho ripreso una vecchia idea che avevo in mente già da qualche tempo. All’inizio era un viaggio in bici, non c’erano le 14 vette da scalare e non era previsto il Monte Olimpo. Lavorandoci sopra è poi nato questo ibrido che in qualche modo si rifà ai 14 Ottomila e che pedalando mira a promuovere la candidatura olimpica.”

Nella tua pedalata sei passato anche da Torino, che nel 2006 ha ospitato i giochi olimpici invernali. In quell’occasione la città è rinata, trasformandosi, mentre le valli sono state dimenticate poco dopo la fine dei giochi. Potrebbe riaccadere?

“Questo è un problema. Il progetto si chiama ‘Pirineus Barcelona 2030’ e non a caso i Pirenei vengono prima di Barcellona nel nome. Sono l’epicentro della candidatura, mentre Barcellona è il motore trainante. L’obiettivo è far conoscere ed emozionare attraverso la bellezza delle valli dei Pirenei. Barcellona non necessità di promozione, ha già avuto la sua Olimpiade nel 1992. Ora bisogna far conoscere e dare visibilità alle montagne, ai Pirenei. Anche per questo ci saranno pochi eventi a Barcellona, solo quelli indoor. Gli altri saranno tutti sulle montagne, sui Pirenei catalani, su quelli aragonesi e in Andorra. È molto importante ricordare che i protagonisti sono i Pirenei, altrimenti non sarei ambasciatore della candidatura.”

Torniamo al viaggio. Cosa vuoi trasmettere attraverso la tua lunga pedalata europea?

“L’essenza del progetto olimpico ‘Pirineus Barcelona’. Si tratta di una proposta dove l’ecosostenibilità è un elemento imprescindibile. Poche costruzioni nuove, riutilizzo e adattamento delle infrastrutture esistenti, rispetto dell’ambiente. Il progetto ‘Olympic Route’ racconta esattamente questo.

In tutto il viaggio, 60 giorni, le emissioni prodotte sono pari a 830 chili di anidride carbonica, un volume che può essere compensato piantando 5 alberi. Così facendo si equilibrano le cose e il progetto è a emissioni zero.”

Quante sono le possibilità di vincere la candidatura?

“Abbiamo un rivale importante che è Sapporo (Giappone). Però credo che il nostro progetto abbia dalla sua le sfumature, i toni differenti. I Pirenei aragonesi sono diversi da quelli catalani. Inoltre per il salto con gli sci ci si sta organizzando per a Sarajevo, dove già esistono le strutture. Il nostro è un approccio molto aperto che potrebbe rappresentare una ventata d’aria fresca. Può essere un valore.”

Un’ultima curiosità preferisci essere qui a pedalare o vorresti essere in Himalaya a scalare?

“In Himalaya.” (ride)

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