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Montagna, ricerca e politica: è ora di uscire dall’oblio. Intervista a Da Polenza

Agostino Da Polenza
Agostino Da Polenza

BERGAMO – “Da anni si registra una sorta di oblio rispetto al tema montagna. Una scarsa attenzione politica per una realtà che di fatto è invece determinante dal punto di vista economico, geografico e demografico. A dieci anni dall’Anno internazionale delle montagne, è ora di fare il punto. E di guardare al futuro chiedendo più investimenti pubblici per la ricerca e lo sviluppo dei territori montani”. Queste le parole di Agostino Da Polenza, presidente del Comitato EvK2Cnr, che martedì prossimo sarà protagonista dell’incontro “La ricerca italiana a supporto delle politiche della montagna” organizzato a Roma dal Dipartimento Terra e Ambiente del Cnr. Lo abbiamo intervistato per voi, vista la sua ventennale esperienza nei campi della ricerca scientifica in alta quota e dell’imprenditoria.

Da Polenza, qual è il senso dell’incontro dell’8 febbraio a Roma?
A quasi 10 anni dalla nascita dell’anno internazionale delle montagne, iniziativa di cui ero stato tra i promotori in Italia e in Europa è sembrato giusto sederci attorno a un tavolo per verificare cosa è accaduto finora in Italia su queste tematiche. Lo faremo su iniziativa del Cnr: il direttore del Dipartimento Terra e Ambiente del Cnr, Giuseppe Cavarretta che tra l’altro è un geologo, si è trovato a occuparsi dello studio di molte tematiche che riguardano le aree montane del Paese, da un punto di vista fisico, ambientale, fino a quelle più culturali e socioeconomiche. E all’interno del Cnr c’è molta gente che si occupa di montagna.

In che modo farete il punto?
Lo faremo chiamando a raccontare delle montagne i protagonisti di vari settori: quelli delle occupazioni principali, dal turismo all’agricoltura, all’allevamento, all’artigianato, quelli delle amministrazioni, per capire se la questione delle montagne debba essere omologata e omogeneizzata all’interno delle grandi tematiche nazionali di sviluppo del Paese, oppure se, come abbiamo sempre ritenuto, le montagne meritino un ragionamento a se stante in virtù della loro specificità fisica, geografica, antropologica e culturale. Sarà un appuntamento in vista di un periodo di riflessione intorno al tema delle montagne.

Qual è la sua sensazione riguardo lo sviluppo delle montagne?
Dall’inizio degli anni ’90, poi con l’Anno Internazionale della Montagne 2002 e tutte le iniziative successive, è nata la consapevolezza della specificità e dell’importanza dei territori montani, spesso nell’immaginario collettivo considerati marginali, ma nella realtà dei fatti al contrario rilevanti e determinanti: perché gran parte del territorio italiano è montano, perché il 16 per cento della popolazione vive e opera in montagna, e non da ultimo per l’incidenza economica.
Da anni però si registra una sorta di oblio rispetto al tema montagna. ad esempio l’Istituto Nazionale della Montagna è andato spegnendosi negli anni, ed ora di fatto non opera più.
La legge sulla montagna che il Gruppo Parlamentare “Amici della Montagna” sta cercando con fatica di portare avanti ormai da 10 anni non è di fatto arrivata a nulla.

Insomma c’è scarsa attenzione….
Sì, scarsa attenzione politica al tema. Un’attenzione in verità c’è, ma si focalizza solo su alcune regioni, come quelle a statuto speciale, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, che pure fanno bene ad utilizzare tutti gli strumenti per sviluppare il proprio territorio, visto che le leggi glielo consentono;  ma certamente  hanno una situazione privilegiata rispetto a molte altre regioni e aree montane del nostro Paese. In quelle regioni la “montanità” ha un senso rilevante, è motivo di orgoglio, in altre invece è quasi sinonimo di inferiorità: una sorta di figli minori della stessa patria, visto che si parla quest’anno dei 150 anni dell’Unità d’Italia.

L’obiettivo dell’evento è un “Programma nazionale di ricerca per la montagna”: cosa si intende di preciso?
È una proposta che viene dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e che condivido. Le montagne sotto tanti punti di vista rappresentano sistemi regionali di studio e di ricerca, che vanno al di là dei confini degli stati. Le Alpi, gli Appennini, come l’Himalaya, non possono essere considerati solo a livello locale o nazionale, perché la loro realtà si estende oltre le frontiere. Così per esempio, noi del Comitato EvK2Cnr lavoriamo in Himalaya e le stazioni meteo che abbiamo all’Everest collaborano con quelle cinesi del versante tibetano, ma si integrano anche con quelle pakistane.
Esiste poi ovviamente anche una dimensione locale, perché per esempio un ghiacciaio rappresenta una risorsa idrica ed energetica sfruttata dai territori. Un programma di studio in senso localistico è di grande interesse, dentro ci stanno il tema del lavoro e del telelavoro, della modernizzazione, del miglioramento delle infrastrutture e dello sviluppo tecnologico della montagna. Ci sono le attività produttive, tecnologiche, che in montagna possono essere svolte, e diventare anche delle eccellenze, com’è dimostrato in Svizzera che è un Paese interamente montano.

Quali sono gli investimenti pubblici per la montagna cui si fa appello?
Gli investimenti pubblici devono riguardare innanzitutto le infrastrutture. Ma in generale, più che di investimenti, si potrebbe pensare a forme di agevolazione fiscale per le aree montane, magari per favorire la permanenza dei giovani, il turismo, l’agricoltura, lo sviluppo dei pascoli, la pulizia dei boschi. Purtroppo il nostro è un Paese molto burocratizzato. Ricordo un progetto sulle biomasse boschive mai partito perché erano boschi pubblici e una fitta normativa complicava ogni operazione.

In che condizione versano le montagne oggi?
C’è sicuramente grande disparità da regione a regione. Ci sono territori ad altissimo sviluppo, in tutti i sensi, turistico agricolo, tecnologico, penso per esempio a Bolzano, oppure distretti industriali montani molto efficienti, come nelle Marche, nel bellunese. Ma ci sono anche molti altri territori, dove lo sviluppo è indietro, arrancano in salita. Per il turismo, ad esempio, ci sono criticità nella qualità della ricettività, per il marketing, le infrastrutture assenti, e questo succede in gran parte delle montagne del sud. Tendenzialmente la montagna alpina se la cava e spesso fa sistema sul piano economico per quanto riguarda il turismo, che è sicuramente un settore in crescita.

In qualità di presidente del Comitato EvK2Cnr, quali sono le difficoltà maggiori per chi fa ricerca nel mondo della montagna?
La difficoltà sta nel far comprendere il vero valore delle montagne a prescindere dal numero di gente che va a votare da quelle parti.  Di far comprendere a quanti poi finanziano i progetti di ricerca, alle Istituzioni e ai ministeri  che le montagne sono una parte importantissima del sistema globale.

E invece per un imprenditore, quali sono gli ostacoli maggiori da affrontare?
Lo svantaggio maggiore per chi opera in montagna è di certo di tipo logistico, perché è difficile operare sulle montagne, tante sono le difficoltà per i trasporti e per i commerci. Le materie prime possono incontrare ostacoli ad arrivare tra i monti e poi anche a ripartire. Compensa questi svantaggi un’attitudine al lavoro non indifferente. I montanari sanno rimboccarsi le maniche e ingegnarsi verso soluzioni nuove e diverse. Se questa capacità fosse incentivata, anche solo con facilitazioni burocratiche, si potrebbero realizzare grandi progressi.

Se fornito di strategie, politiche ad hoc, quali potenzialità potrebbe avere il mondo della montagna?
La montagna ha una grandissima potenzialità. Uno dei compiti di convegni come questo, a cui anche le persone che si occupano di previsioni economiche dovrebbero interessarsi, è di andare a interrogarsi sulle potenzialità delle montagne. Quale percentuale di utile potrebbe aggiungere una razionalizzazione in termini produttivi del sistema montagna? Io credo una fetta importante, se penso al turismo, all’energia, alle produzioni agroalimentari, ai prodotti tipici, alla green economy. Ne sono un esempio regioni come il Trentino Alto Adige, che “resistono” meglio all’erosione del benessere anche in tempo di crisi, che sono però regioni autonome con una fiscalità dedicata e particolare. È certo che le montagne producono benessere, e bisogna che questa convinzione diventi imprenditoriale, politica e di tutti coloro che sulle montagne ci vivono.

Per maggiori info sull’evento scarica il

Per maggiori info sull’evento scarica il Brochure Cnr 8_febbraio_2011

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