Destinazione K2. Intervista ad Anna Torretta prima della partenza.
Otto alpiniste italiane e pakistane tenteranno di arrivare sugli 8611 metri del K2 per celebrare la prima ascensione del 1954. Anna Torretta non vuol essere definita una “chioccia”, ma sa di essere la più esperta del gruppo. Ed è una madre, alle prese con un difficile distacco dalle figlie Petra e Lidie
Il volo per Islamabad decollerà domenica prossima dall’aeroporto della Malpensa. Mezza giornata per arrivare nel cuore dell’Asia, poi il trasferimento a Skardu e ad Askole, e il trekking verso il ghiacciaio Baltoro, l’anfiteatro di Concordia e il campo-base. Qualche giorno prima di partire, Anna Torretta è al rifugio Torino insieme alle figlie.
L’allenamento fisico e all’alta quota è ormai alle spalle, grazie a molte ore di lavoro in palestra e a decine di uscite a piedi e con sci e pelli di foca sulle cime e sui ghiacciai della Valle d’Aosta. Questo è il momento degli abbracci, delle coccole che precedono il distacco.
Dopo essere arrivata in Pakistan, e aver raggiunto il campo-base del K2,Anna affronterà la seconda vetta della Terra insieme ad altre tre alpiniste italiane, Cristina Piolini, Federica Mingolla e Silvia Loreggian, e alle quattro pakistane Amina Bano, Nadeema Sahar, Samana Rahim e Samina Baig.
Quest’anno il K2 sarà una montagna affollata, perché il governo di Islamabad ha rilasciato più di 170 permessi agli alpinisti. Come sempre, dai tempi del Duca degli Abruzzi fino a oggi, sarà una vetta difficile, pericolosa, bellissima. Ecco qualche riflessione di Anna prima di decollare verso l’Asia.
Come fa una madre a dire alle figlie che starà via per due mesi e che va ad affrontare una montagna gigantesca e difficile?
Sono allenata, l’ho fatto tante altre volte. Lidie e Petra sono abituate alla mia assenza, sanno che vado in parete o ad alta quota anche quando mi allontano per poche ore da casa.
Il K2 è più lontano, però. Ed è più grande…
Sì. Il K2 è gigantesco, è lontano, ma ha una forma talmente perfetta da consentire anche a un bambino di identificarlo facilmente. Non ce ne sono molte nel mondo di montagne così. Sulle Alpi ci sono il Cervino, il Monviso, l’Aiguille Noire de Peutérey che vedo davanti a me in questo momento.
Che esperienze hai vissuto in Himalaya e nel Karakorum?
Ho tentato solo una volta un “ottomila”, il Cho Oyu, sono arrivata a 7000 metri e poi mi sono fermata perché c’era troppa neve. In Nepal ho salito l’Ama Dablam, 6812 metri, un’altra delle “montagne perfette” di cui dicevo poco fa.
L’Ama Dablam è una montagna ripida, tosta, impressionante. Che esperienza è stata per te? Si può fare un paragone con il K2? Oppure i 1800 metri di differenza rendono impossibili i confronti?
Ho salito l’Ama Dablam lungo le corde fisse, e quindi senza vere difficoltà alpinistiche. Però la via è molto esposta, supera dei pendii di ghiaccio duro e dei salti di roccia verticali. Devi sapere quel che fai. E avere molta esperienza.
A proposito di esperienza. Con i tuoi 53 anni sei la più grande tra le otto alpiniste della spedizione. Pensi che sul K2 ti toccherà fare la chioccia del gruppo?
La chioccia certamente no, e nemmeno la capospedizione. Anche Silvia e Federica sono guide alpine, e questo ci darà un atteggiamento comune nei confronti delle difficoltà e del pericolo. Cristina ha molta esperienza ad alta quota, sono certa che anche con lei non ci saranno problemi. Tra le quattro pakistane c’è Samina Baig che è già stata in cima al K2 due anni fa, mentre le altre hanno meno esperienza.
Sai in che condizioni troverete il K2 tra meno di un mese?
Ci hanno detto che c’è molto ghiaccio scoperto, l’inverno ha portato poche precipitazioni anche lì, come sull’Everest.
Salirete con l’ossigeno o senza? Chi sistemerà le corde fisse sullo Sperone Abruzzi, sulla Piramide Nera e nel Collo di Bottiglia?
Alla domanda “volete l’ossigeno o no?” noi italiane abbiamo risposto di no, mentre le ragazze pakistane hanno detto sì. Poi, una volta sulla montagna, si vedrà. Delle corde si occuperanno le spedizioni commerciali, ma lascio volentieri le trattative ad Agostino Da Polenza. Il capospedizione è lui.
A marzo voi ragazze vi siete conosciute a Milano, poi avete passato qualche giorno insieme al rifugio Torino. Che impressione hai avuto delle quattro ragazze pakistane?
Abbiamo cercato di conoscerci e capirci, abbiamo parlato delle nostre famiglie, so che le differenze tra il nostro mondo e il loro sono forti. Io ho alle spalle due spedizioni in Afghanistan, e qualcosa da questo punto di vista l’ho imparata. Tre delle ragazze pakistane sono ismailite, una è sunnita. Parlano un inglese particolare, all’inizio non riuscivamo a capirci, poi ce l’abbiamo fatta.
Hai due figlie, in estate hai molto lavoro sulle Alpi, e in più devi scrivere e presentare i tuoi libri. Quando il CAI ti ha proposto la spedizione al K2 hai pensato di rispondere “no grazie”?
Assolutamente no! Partecipo alla community Donne di Montagna, organizzo i Women’s Climbing Days e altri eventi. Una spedizione femminile al K2 era un’occasione troppo ghiotta per lasciarmela sfuggire.
Nelle ultime settimane sei stata molte volte in televisione e sui giornali. La gente ti riconosce? Ti fa gli auguri? E questa attenzione ti fa piacere o ti imbarazza?
Ogni tanto qualcuno mi riconosce, pochi minuti fa un gruppo di signore mi ha chiesto di fare una foto insieme, qui sul terrazzo del rifugio Torino. Nove anni fa, quando ho partecipato al reality RAI “Montebianco”, mi sono abituata a essere riconosciuta per strada.
Torniamo alle tue figlie. Quanto riuscirete a restare in contatto a distanza?
I campi-base non sono più quelli di una volta! Ai piedi del K2 avremo il wifi, potremo telefonare, spedire e ricevere foto, fare videochiamate. Ma la distanza resterà.
E’ possibile rinunciare a un po’ di contatto fisico tra madre e figlie?
Bella domanda, il difficile è proprio lì. Per ridurre il distacco porterò con me un camoscio di péluche che mi hanno regalato Petra e Lidie. La piccola mi ha chiesto di dormire per una settimana con la stessa maglietta, e poi di lasciargliela per sentirmi accanto a lei. Ho obbedito, ma confesso di essermi commossa.