AlpinismoGente di montagna

Ricordo di Tom Hornbein, l’uomo della cresta ovest dell’Everest

Alpinista e medico, fu il primo insieme a Willi Unsoeld, a conquistare l'Everest salendo lungo il versante occidentale

 

«La mia infanzia fu piena d’eroi. Ora, con un certo disagio, scopro che altri mi hanno assegnato questo ruolo, dato che la nostra impresa si è conquistata una sua nicchia nella storia dell’alpinismo».

Tom Hornbein nel libro “Everest, cresta ovest”

 

Nel 1998 Tom Hornbein scriveva queste parole nell’ultima prefazione del suo magnifico libro Everest, cresta ovest (CDA&Vivalda Editori), inizialmente pubblicato nel 1965 per raccontare l’impresa di due anni prima quando lui e Willi Unsoeld effettuarono la prima ascensione lungo il versante occidentale della montagna più alta della terra, con annessa traversata in discesa dalla via normale per il Colle Sud. L’alpinismo sugli Ottomila era ancora agli albori, erano trascorsi appena 10 anni dalla prima ascensione dell’Everest effettuata da Edmund Hillary e Tenzing Norgay. Toccare la cima del tetto del mondo e piantarvi la bandiera di uno Stato era motivo di orgoglio nazionale e dimostrazione di potere sullo scacchiere internazionale.

Ma la spedizione americana del 1963 divenne qualcosa di più, proprio grazie a Hornbein e Unsoeld che, dopo il successo di Jim Whittaker giunto in cima il primo maggio dalla via normale nepalese, immaginarono di spostare il confine un po’ più in là tentando la più difficile cresta ovest. Così, il 22 maggio seguente, partirono dall’ultimo campo superando il ripido couloir poi intitolato a Hornbein, da cui era impossibile tornare indietro, e toccarono gli 8848 metri della vetta alle 18.15 per poi affrontare la discesa con un fortunoso bivacco intorno a quota 8500 metri. Era la prima volta che qualcuno osava uscire dai percorsi già battuti da altri aprendo sull’Everest una via nuova che ancora oggi conta poche ripetizioni e in traversata.

Potremmo definire Tom Hornbein, protagonista assoluto di questa impresa eroica, un eroe di tutti i giorni, a dimostrazione di come l’alpinismo sappia tirare fuori capacità straordinarie da persone all’apparenza ordinarie. Nato il 6 Novembre 1930 e cresciuto nella piatta Saint Louis, si era avvicinato alle montagne dopo aver scoperto un’innata passione per l’arrampicata sugli alberi e sulle pareti di casa. Si iscrisse, perciò, alla Facoltà di geologia dell’Università del Colorado per avvicinarsi alle Rocky Mountains, ma dopo aver partecipato a una missione di soccorso in montagna decise di studiare medicina diventando un importante anestesiologo.
“Per molti anni ho cercato di separare nettamente i miei due mondi, quello della medicina e quello della montagna. Adesso capisco che la montagna e la medicina sono trama e ordito del medesimo tessuto. Dalle montagne ho imparato molte lezioni che hanno plasmato me e il mio rapporto con coloro che mi circondano: colleghi medici e scienziati, studenti, compagni di scalata e altri amici, mia moglie e i miei figli e altre persone la cui vita è stata influenzata da questo libro” – scriveva ancora Hornbein nella sua prefazione.

Dopo una vita trascorsa alla cattedra di anestesiologia all’Università di Washington, Seattle, nel 2006 Hornbein si è trasferito con la moglie in Colorado per tornare alla base delle amate Rockies che ha continuato a frequentare e a scalare nel corso della sua intera carriera. Proprio qui, lo scorso 6 maggio è deceduto all’età di 92 anni. Il suo nome resterà per sempre scolpito sulla cresta ovest dell’Everest e nella storia dell’alpinismo. Lo vogliamo ricordare con un ultimo passaggio del suo testo scritto nel 1998 a proposito dell’evoluzione delle ascensioni sul tetto del mondo.

«L’Everest ha conquistato l’interesse del grande pubblico. Vi hanno contribuito tragedie come quella avvenuta nel 1996, raccontata nello straordinario e profondo best-seller di Jon Krakauer intitolato “Aria Sottile”. I miei sentimenti nei confronti di questo nuovo Everest sono ambivalenti. Se la mente riconosce l’inevitabilità di ciò che sta accadendo, il cuore si rattrista di fronte una tale evoluzione e rimpiange che dal luogo più alto della Terra sia generalmente scomparso il prezioso senso dell’avventura spirituale. Sono contento di essere nato quando sono nato, e di essere stato nel posto giusto al momento giusto».

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