Alpinismo

Everest: una stagione in bilico?

Sul versante nepalese l’Icefall, la seraccata del Khumbu, è in condizioni particolarmente difficili. Su quello del Tibet, le autorità di Lhasa e di Pechino ritardano l’emissione dei visti che consentiranno agli alpinisti di varcare il confine. Ci sarà abbastanza tempo per i tentativi di vetta?

Gli Icefall Doctors ce l’hanno fatta, la via nella seraccata dell’Everest è attrezzata. Mercoledì 17 aprile, il quotidiano nepalese “The Himalayan Times” ha pubblicato la notizia che centinaia di alpinisti attendevano, e con loro gli Sherpa che li guideranno verso l’alto e le agenzie nepalesi e straniere che hanno organizzato a caro prezzo le spedizioni. 

Secondo Lama Kazi Sherpa, presidente del Sagarmatha Pollution Control Committee (SPCC), gli otto Icefall Doctors (gli Sherpa Ang Sarki, Dawa Nuru, Pemba Tshering, Ngima Tenzi, Nawang Chhimi, Dawa Chhiri, Dawa Zangbu e Mingma Gyalzen) “hanno impiegato dieci giorni più del previsto, superando cinque tratti molto pericolosi, e tentando per tre itinerari diversi prima di riuscire a completare il lavoro”. 

Ora il compito passa agli Sherpa di Seven Summit Treks, la più grande agenzia nepalese, che attrezzeranno la via dal Campo II fino agli 8848 metri della vetta. Gli Icefall Doctors resteranno nei mesi di aprile e maggio al campo-base per ripristinare il percorso in caso di interruzioni causate da crolli di seracchi o valanghe. 

“The Himalayan Times” annuncia che fino a oggi il Ministero del Turismo ha emesso 274 permessi per l’Everest e 40 per il Lhotse. Molti degli alpinisti che nelle prossime settimane tenteranno la cima deve ancora arrivare in Nepal, altri si stanno già acclimatando sui sentieri del Khumbu o su vette facili come il Lobuche East o l’Island Peak.

La notizia dell’apertura della via, com’è ovvio, fa tirare un sospiro di sollievo a chi ha investito due mesi di vita e un bel po’ di soldi nell’impresa (i prezzi vanno da 50.000 dollari in su, esclusi l’equipaggiamento personale e il volo per Kathmandu), e alle agenzie che hanno già arruolato gli Sherpa e sistemato le loro tende al campo-base.

Ma c’è anche una riflessione da fare. Nell’alpinismo sugli “ottomila”, nonostante la pausa imposta dal Covid-19, i numeri crescono in maniera impressionante. Nel 2023 hanno raggiunto la cima dell’Everest 622 persone, e altre 122 sono arrivate sul K2, un dato ancora più impressionante a causa delle difficoltà della via. 

Per la stagione 2024, si prevedevano numeri ancora più grandi. Le notizie che arrivano dalla seraccata del Khumbu, invece, dimostrano che tutto dipende dalle condizioni della montagna. La possibilità che, prima o poi, il rischio di crolli o il pericolo di valanghe impediscano di aprire una via accettabilmente sicura nell’Icefall è concreta.   

Nei giorni scorsi, non a caso, si è ripreso a parlare di alternative. Un operatore esperto come l’austriaco Lukas Furtenbach ha riaperto la discussione sulla possibilità di “saltare” la seraccata trasportando gli alpinisti e i loro bagagli in elicottero al Campo II, una soluzione oggi vietata dalla legge nepalese. 

Torna d’attualità anche il progetto dell’alpinista francese Marc Bâtard, che lavora da anni per attrezzare un percorso che aggira l’Icefall da destra, sulle rocce ai piedi del Nuptse. In tutti i casi, gli alpinisti che arrivano in cima all’Everest dovrebbero usare un’espressione resa celebre da Reinhold Messner. “Lhagyelo!”, che significa “hanno vinto gli Dei!”. 

Tardano i permessi per il versante Nord. Ma anche per Cho Oyu e Shishapangma

Mentre la situazione sul versante nepalese dell’Everest sembra sbloccarsi, non ci sono novità per quello tibetano. Come ci ha spiegato l’alpinista vicentino Mario Vielmo nei giorni scorsi, le autorità della Regione Autonoma del Tibet continuano a rinviare l’emissione dei visti d’ingresso in Cina per gli alpinisti diretti all’Everest (il versante tibetano è stato riaperto dopo quattro anni di chiusura), allo Shishapangma e al Cho Oyu. 

Dal 9 aprile la data di emissione dei visti è slittata al 16 e poi “all’ultima settimana di aprile, ma senza una data precisa” come ha comunicato l’agenzia britannica Adventure Peaks, che vanta sul suo sito “l’85% di successi per i nostri clienti sull’Everest”. Decine di alpinisti si sono spostati in Langtang, per compiere un trekking e acclimatarsi lontano dal caldo e dall’inquinamento di Kathmandu. Ma cosa accadrà in futuro? 

Tutti i visti concessi agli alpinisti stranieri, come hanno già comunicato le autorità di Pechino e di Lhasa, scadranno il 31 maggio. Ma se una spedizione allo Shishapangma, per alpinisti già in parte acclimatati, si può risolvere in due o tre settimane, sull’Everest i tempi sono necessariamente più lunghi. 

Non si preoccupano fino a oggi del problema le spedizioni dell’austriaca Furtenbach Adventures, dell’americana Alpenglow Expeditions e delle altre agenzie che arrivano ai piedi dell’Everest con clienti preacclimatati grazie alle notti trascorse nelle tende ipobariche montate a casa propria. “Possiamo lavorare con tempi più stretti, pensavamo comunque di non entrare in Tibet prima di fine aprile” ha spiegato Lukas Furtenbach. 

I responsabili di Adventure Peaks, invece, temono che sia troppo tardi per salire l’Everest dal versante tibetano, e hanno cambiato programma. I clienti, già acclimatati durante il trek in Langtang, sono stati portati in elicottero ai 4000 metri di Pangboche, nel Khumbu, e tenteranno la vetta dal versante nepalese. Salire l’Everest quest’anno resta un’impresa complicata.

Ascolta ora l’intera storia nel podcast di Montagna.tv “Il mistero dell’Everest”!

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