Ferrovia delle Dolomiti, quanto ci manchi! Il sogno impossibile del suo ripristino
Da 60 anni il trenino bianco e azzurro che andava da Calalzo a Dobbiaco non viaggia più. Il ricordo di Evaldo Gaspari, l’appassionato cantore recentemente scomparso
C’è un trenino che ha lasciato il segno non solo nella storia dei trasporti e dello sviluppo turistico di Cortina d’Ampezzo e del Cadore, ma anche nell’immaginario di chi, più giovane, non ha fatto in tempo a vederlo, perché delle sue tracce sono ancora piene le vallate che attraversava e la stanza dei ricordi. Sto parlando della Ferrovia delle Dolomiti che proprio 60 anni fa, nel 1964, ha concluso il suo glorioso esercizio.
Qualche giorno fa è scomparso a Cortina, a 96 anni, Evaldo Gaspari, colui che senza alcun dubbio può essere definito il “cantore” di quella ferrovia, tanta è stata la passione e la competenza con cui ha amato per tutta la sua vita quella che per lui era quasi una creatura. E alla quale ha dedicato studi, raccolta di documenti di ogni tipo, progetti, fotografie, modellini, conferenze, e quello straordinario e corposo volume, La Ferrovia delle Dolomiti, pubblicato da Athesia, nel 1994, da cui sono tratte le immagini che accompagnano questo articolo.
“Il 15 maggio 1964 si diffuse la notizia che la ferrovia sarebbe stata chiusa anche nella tratta Calalzo-Cortina. Rimasi sbalordito”, scrive Gaspari. “Non mi sembrava possibile che il treno potesse essere eliminato così, con un semplice decreto ministeriale. Acquistai un paio di pellicole per filmare le ultime corse e avere così la possibilità di conservare un vivo ricordo del caro trenino. Domenica 17 maggio 1964 fu l’ultimo giorno di esercizio, con il treno del pomeriggio compii, insieme al mio bambino, l’ultimo viaggio fino a Calalzo accanto al macchinista. Nessuna cerimonia di addio. Assenteismo e indifferenza totale, dimenticati i servigi resi a tutti per tanti anni dal trenino bianco e azzurro: se ne andò in silenzio, quasi consapevole che il suo tempo era proprio finito”.
Quella volta, oltre a Gaspari si commossero i ferrovieri che con grande tristezza guardarono il treno allontanarsi per l’ultima volta. A deciderne le sorti fu una serie di circostanze. Era ritenuto pericoloso, per i binari che spesso affiancavano la strada di Alemagna, per i numerosi passaggi a livello, anche nei centri abitati, per alcuni gravi incidenti accaduti nell’ultimo periodo, e soprattutto perché il traffico viaggiatori si era ridotto al minimo e il treno era ormai ritenuto non adeguato alla nuova realtà che vedeva il galoppante sviluppo della motorizzazione privata. E, non ultima, la mancata opposizione da parte degli enti locali alla soppressione della ferrovia.
Eppure, la Ferrovia delle Dolomiti attraversò momenti, o meglio dire decenni di gloria. Quando nel 1929 venne elettrificata la linea a scartamento ridotto Calalzo-Dobbiaco, per quell’epoca era la migliore ferrovia alpina. Fu il più importante mezzo di trasporto per viaggiatori, sia valligiani che turisti, per la posta, per le merci di ogni genere.
La sua nascita fu una naturale evoluzione di quella che nella Grande Guerra era una piccola ferrovia militare da campo austriaca (Feldbahan) da Dobbiaco a Cortina e della corrispondente piccola ferrovia militare italiana in Cadore da Peajo a Zuel. Finita la guerra, il 15 giugno 1921 venne inaugurata la ferrovia a vapore Calalzo- Dobbiaco. Si andò avanti così per otto anni. Ma la trazione a vapore presentava notevoli problemi con le basse temperature, la presenza della neve e le valanghe, soprattutto nella tratta da Cortina a Dobbiaco. Così si pensò all’elettrificazione che venne completata in tempi rapidi tra il 1928 e il 1929.
Il treno era lento, ma accelerò lo sviluppo turistico ed economico di Cortina
L’esercizio durante gli anni Trenta di questa moderna e confortevole ferrovia determinò un’accelerazione dello sviluppo turistico ed economico soprattutto di Cortina. Vetture nuove, pulite, riscaldate, potevano accogliere la nobiltà e l’alta borghesia che, insieme ai ministri e ai gerarchi del regime, avevano eletto Cortina a meta prediletta delle loro vacanze sia estive che invernali. Oltre a una nutrita clientela straniera anche d’oltreoceano.
Nella vettura reale arredata a salotto, trovarono posto il principe Umberto II di Savoia (poi ultimo re d’Italia) e la sua famiglia, i duchi d’Aosta, di Bergamo e Spoleto. In un’altra vettura a loro riservata viaggiavano Edda Ciano Mussolini, Italo Balbo, Achille Starace e alti esponenti politici di allora.
Nel secondo dopoguerra un momento importante per la Ferrovia delle Dolomiti furono i VII Giochi Olimpici invernali del 1956, che videro convergere a Cortina proprio con quel treno atleti, dirigenti, delegazioni e migliaia di spettatori.
Poi il lento inesorabile declino che portò prima alla soppressione sulla tratta Dobbiaco-Cortina nel 1962, e due anni dopo su quella da Cortina a Calalzo.
Da decenni compare ogni tanto qualcuno che ipotizza una nuova ferrovia delle Dolomiti. È impensabile che un’eventuale – e al momento improbabile – sua realizzazione possa ricalcare il percorso di quella storica strada ferrata (tra l’altro oggi in gran parte divenuto una bellissima pista ciclabile e nel tratto tra Cortina e Dobbiaco una pista da fondo). Qualche progetto preliminare è stato persino redatto. Ma restano disegni nel cassetto.
Ci rimane per nostra fortuna la straordinaria documentazione raccolta da Evaldo Gaspari che riporta a quel trenino bianco e azzurro così ben inserito nel paesaggio, che attraversava prati, boschi e paesi, e si infilava nelle gallerie. Il suo ricordo non è per niente scomparso, anche per coloro che non l’hanno mai visto all’opera.
Gli svizzeri la terrebbero in funzione con biglietti per turisti da 500 franchi e farebbero il pienone come per il trenino del Bernina, resta l’incognita del come mai noi non riusciamo invece a fare lo stesso. E, se confronti i panorami, il trenino del Bernina a confronto può terminare la corsa domani.