Alpinismo

Kristin Harila, Sophie Lavaud e Viridiana Alvarez in vetta allo Shishapangma

Sullo Shishapangma si registrano i primi arrivi in vetta dopo 3 anni di mancata concessione dei permessi di salita sugli 8000 del Tibet agli alpinisti stranieri

“Giorno 20 della spedizione in Tibet (26 aprile 2023) a 8027 metri, sulla cima dello Shishapangma. Il mio nono ottomila. Ora è tempo di scendere”. Questo il breve messaggio che, lanciato dall’alpinista messicana Viridiana Alvarez in diretta tramite il suo dispositivo inReach, ha informato il mondo dell’arrivo sulla cima del più piccolo degli ottomila, nonché unico a ricadere totalmente in territorio tibetano, della prima spedizione internazionale cui sia stato concesso un permesso di salita dal Governo cinese dopo 3 lunghi anni di sospensione, a partire dalla primavera del 2020. Un successo post-pandemia dunque, condiviso da Viviana con altre due alpiniste, la norvegese Kristin Harila e la svizzera Sophie Lavaud. Insieme al trio femminile, il fotografo norvegese Matyas Miklebust e un team di Sherpa composto da Tenjen Sherpa, Pemba Tenzing Sherpa, Chhiring Wongchu Sherpa e Ngima Rita Sherpa. In vetta sarebbero arrivati, secondo quanto riportato dallo staff di Seven Summit Treks, anche due alpinisti tibetani e una alpinista cinese.

Il messaggio di vetta di Viridiana Alvarez

I dettagli in merito all’ascesa sono al momento ben pochi. Quel che è noto è che la vetta sia stata raggiunta alle 2:50 PM circa (ora nepalese, dunque 10:50 AM circa in Italia) di ieri, e che le condizioni affrontate in salita siano risultate estreme. “Il team ha lavorato in maniera incessante per raggiungere la cima – si legge nel post di annuncio della vetta condiviso sui canali social di Seven Summit Treks – sfidando condizioni meteo estreme e superando i propri limiti, siamo così orgogliosi del loro incredibile risultato.”

Un avvio di spedizione tra le polemiche

Per Kristin Harila il raggiungimento della vetta dello Shishapangma rappresenta al contempo un punto di arrivo e di partenza. Si tratta del suo 13° ottomila (nel 2022 ne ha saliti 12, facendo uso di ossigeno supplementare, fermandosi a tale cifra a causa proprio della mancata di concessione da parte del Tibet per ascese su Shishapangma e Cho Oyu), nonché il primo del suo nuovo progetto “She Moves Mountains” che prevede di realizzare la salita dei 14 ottomila in soli 6 mesi, stavolta senza ossigeno (ma avvalendosi del supporto degli Sherpa). Un mese fa, di fronte al protrarsi dell’incertezza sul fronte dei permessi tibetani, la norvegese ha optato per un avvio del progetto sulle pendici del Manaslu, dove ha avuto modo di acclimatarsi, prima di ricevere la bella e inattesa notizia della concessione di un permesso di salita da parte del Governo cinese per lo Shishapangma e il Cho Oyu. Anche Sophie e Viridiana, ugualmente impegnate nel completare la propria personale collezione dei 14 ottomila, sono state raggiunte dalla novità mentre erano già operative in Nepal, la prima con un obiettivo non definito, la seconda puntando all’Everest senza ossigeno. La concessione dei permessi è stata accompagnata da qualche polemica. Il Governo cinese ha infatti respinto la richiesta di alcuni degli Sherpa parte del team di Kristin Harila: Pasdawa Sherpa e Dawa Ongju Sherpa. In loro difesa è sceso in campo anche Nirmal Purja.

Dawa Ongiu Sherpa ha voluto esprimere il proprio sconforto di fronte a tale decisione sui social. In un lungo post, in cui ha raccontato il sogno condiviso con Pasdawa Sherpa e Kristin di conquistare i 14 ottomila, arrivando a collezionarne 12 in 144 giorni, e sperando di poter ottenere, tutti e tre insieme, quegli ultimi due permessi per realizzare la salita degli ottomila tibetani, si è detto rattristato dalla scelta dell’alpinista norvegese di proseguire nel suo progetto come se nulla fosse, lasciandoli alle spalle, una volta ottenuto il suo personale permesso di salita. “Vorremmo che ciascuno comprendesse che senza il nostro aiuto genuino e la nostra guida, quei 12 ottomila non sarebbe stato possibile salirli in tempo record”, il messaggio lanciato alla collettività, accompagnato da una meticolosa descrizione dei compiti svolti durante le spedizioni con Kristin, dal trasportare il materiale ad attrezzare le vie di salita. “Lei non ha dovuto posizionare un singolo metro di corda o fare un singolo nodo”. Lo Sherpa racconta nel dettaglio la vicenda, decisamente complessa, della concessione dei permessi e poi del ritiro degli stessi nell’arco di una manciata di giorni. La ragione? Per essere stati in Pakistan in precedenza, affrontando 5 giganti himalayani insieme a Kristin. “Perché i permessi di Kristin Harila e del suo team non sono stati cancellati?”, domanda Dawa Ongiu Sherpa. Una domanda che non ha ricevuto risposta nelle scorse settimane. Harila dalla sua non ha voluto affrontare sul momento la questione.

A inizio aprile le tre fortunate alpiniste sono dunque volate in Tibet, per iniziare insieme al resto del team l’avvicinamento al campo base dello Shishapangma. Il 18 aprile, in un rapido aggiornamento video da campo base, Kristin annunciava di essere pronti a salire, senza escludere che la rotazione in programma potesse convertirsi in un summit push. Così non è andata, il tentativo di vetta vero e proprio è andato infatti in scena una settimana più tardi. Nella giornata di lunedì 24 aprile, il team ha raggiunto il campo 2 (6900 m), sfidando una bufera che ha consentito loro di riuscire a montare sole due tende. All’indomani il meteo è migliorato, permettendo di raggiungere campo 3, o meglio dire un campo 3 più basso del solito (posizionato a quota 7100 invece che i canonici 7300 m). Da qui nella mattina di mercoledì 26 aprile è partito l’attacco alla vetta, con arrivo in cima alle 2:50 PM.

Next stop: Cho Oyu!

Mentre si attendono dettagli sull’ascesa, su chi abbia o meno utilizzato ossigeno supplementare e quali condizioni si siano trovati ad affrontare, non resta che prepararsi a vedere il team composto da Kristin, Sophie, Viridiana, Mathias e gli Sherpa spostarsi dallo Shishapangma al Cho Oyu (8201 m), altro ottomila che non vede passaggio di spedizioni internazionali sulle sue pendici dall’ormai lontano 2019. Per Kristin Harila, come anticipato, lo Shishapangma ha rappresentato il 13° ottomila salito, dunque con il Cho Oyu avrebbe modo di completare la sua collezione (e arrivare a quota 2 del nuovo progetto, qualora si confermi che abbia effettuato la salita di ieri senza ossigeno). Lo Shishapangma è il 13° ottomila anche per Sophie Lavaud, cui resta da salire soltanto il Nanga Parbat (che potrebbe rappresentare un obiettivo della prossima estate). Viridiana Alvarez, arrivata a quota 9, con la salita del Cho Oyu potrebbe raggiungere cifra tonda.

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