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Sul ghiaccio del Ben Nevis. Le ascensioni di Dario Eynard e Fabio Olivari in Scozia

Gli alpinisti italiani sono tornati sulle pareti di ghiaccio e di misto della Scozia. Qualche giorno fa abbiamo raccontato della ripetizione di Bring da Ruckus sul Lochanagar, forse la via più dura delle Highlands, da parte di Filip Babicz e Dawid Skoczylas. Oggi vi raccontiamo delle ascensioni dei lombardi Dario Eynard e Fabio Olivari, rispettivamente 22 e 28 anni, che hanno rappresentato il Club Alpino Italiano all’International Scottish Climbing Meet che si è tenuto dal 25 febbraio al 4 marzo sul Ben Nevis, 1343 metri, la montagna più alta delle Isole britanniche. Fabio ha alle spalle un lungo curriculum di ascensioni sulle Alpi, e una via nuova aperta in Groenlandia nel 2018. Dario, negli ultimi anni, si è fatto notare con una solitaria estiva alla Via degli Inglesi del Piz Badile, e una solitaria invernale alla Nord della Presolana.

In Scozia, tra febbraio e marzo, il tempo è stato sempre bello, cosa rarissima a quelle latitudini. Per una settimana, ognuno degli ospiti si è legato in cordata con un esperto climber locale, per poi arrampicare a comando alternato. Una formula che permette di far conoscere ai visitatori le vie classiche e moderne delle Highlands e l’etica severa degli alpinisti locali. Questi, in cambio, ricevono dagli stranieri una prospettiva più ampia e internazionale. Le pareti delle Highlands scozzesi, esposte alle perturbazioni dell’Artico, hanno visto nascere già alla fine dell’Ottocento un alpinismo su ghiaccio e misto di alta (e oggi altissima) difficoltà. L’evento, che lo Scottish Mountaineering Club organizza dal 1997, vuol far conoscere agli alpinisti stranieri “l’unica esperienza invernale della Scozia”.

All’edizione 2023 del Meet, oltre ai due italiani, hanno partecipato alpinisti provenienti dalla Germania, dalla Polonia, dalla Corea del Sud e da Singapore. Dario Eynard ha arrampicato insieme a Scott Grosdanoff, mentre Fabio Olivari si è legato in cordata con Ryan Balharry. L’intera attività si è svolta sul versante settentrionale del Ben Nevis, con base alla CIC Hut, un rifugio dello Scottish Mountaineering Club che sorge a 680 metri di quota, ai piedi delle pareti più imponenti della montagna. I risultati sono stati ottimi, con una dozzina di ripetizioni importanti. Dario Eynard e Scott Grosdanoff hanno aperto una via nuova, che hanno battezzato Solar Wind a causa dell’aurora boreale alla quale avevano assistito la sera prima.

“E’ stata un’esperienza fantastica” racconta Fabio Olivari, che come l’amico Dario, dopo il ritorno in Italia, ha iniziato ad affrontare il lungo e difficile corso per diventare guida alpina. “L’invito è arrivato con una telefonata di Antonio Montani, il presidente generale del CAI. Ci siamo preparati sui canali e sul misto del Pizzo del Becco, nelle Orobie”. Anche in Scozia, come sulle Alpi, l’inverno 2022-’23 è particolarmente asciutto. Per questo motivo, il versante settentrionale del Ben Nevis era corazzato di neve e ghiaccio solamente nella parte alta. “Abbiamo iniziato con due grandi classiche, la Tower Ridge e il Point Five Gully. La prima è una cresta con passaggi su roccia fino al quarto grado, ovviamente da salire con i ramponi ai piedi. La seconda via è una goulotte magnifica e famosa. L’abbiamo trovata più difficile del solito, a causa delle condizioni asciutte”.

“E’ impressionante sapere che il Point Five è stato salito per la prima volta nel 1959, scavando gradini nel ghiaccio, con piccozze e ramponi tradizionali” spiega ancora Fabio. “Poi siamo saliti di difficoltà, affrontando l’Indicator Wall e Mickey Mouse, una via di V scozzese, il nostro M5, che combina vari itinerari preesistenti”.

“La nostra esperienza in Scozia è stata estremamente positiva. Ho imparato ad affrontare un tipo di terreno misto diverso da tutti quelli su cui ho arrampicato sulle Alpi sintetizza Dario Eynard. “L’ultimo giorno io e Scott ci siamo dedicati all’apertura di una nuova via, elegante ed estremamente piacevole da scalare. L’abbiamo chiamata Solar Wind. Sono circa 250 metri per sei tiri di corda, con difficoltà intorno al VII scozzese, M6+ nella scala alpina del misto”.

Più delle difficoltà delle vie, ha impressionato i due alpinisti lombardi l’etica severissima delle Highlands. “Il drytooling non è ammesso, perché può rovinare la roccia. Per lo stesso motivo, su una parete gigantesca come quella del Ben Nevis, non esiste un solo spit. Ogni tanto si trova un chiodo tradizionale, dall’aria poco affidabile” spiega Fabio Olivari. Quando gli chiedo un giudizio tecnico, Fabio non ha dubbi. “Gli scozzesi sono molto più avanti di noi, rispettano la roccia perché sanno di averne poca”. Certo, il risultato è un’arrampicata poco sicura, su lastre di ghiaccio poggiate sulla roccia, e ricoperte da una crosta di neve.E’ un’arrampicata in cui bisogna fidarsi, e che richiede attenzione. Ci si protegge con hexentric, dadi, qualche vite corta da ghiaccio. Gli scozzesi usano spesso i talon, dei ganci che si piantano nell’erba ghiacciata. Li ho usati anch’io, ma non vorrei volarci sopra da capocordata”.

L’esperienza scozzese è stata positiva anche dal punto di vista umano. “Non ero mai stato in Gran Bretagna, pensavo di trovare delle persone chiuse, invece abbiamo fatto amicizia, e abbiamo avuto un rapporto meraviglioso. Siamo rimasti d’accordo che, in estate, Scott e Ryan verranno ad arrampicare insieme a noi sulle Alpi” conclude Fabio Olivari. L’esperienza di Dario e Fabio sul Ben Nevis è positiva anche secondo Antonio Montani, presidente del Club Alpino Italiano. “Il CAI vuole tornare a essere protagonista dell’alpinismo e dell’arrampicata di punta, e lo fa partendo dai giovani più promettenti. Per questo abbiamo scelto di impegnarci, anche sostenendo le spese, per permettere a questi ragazzi di rappresentarci in manifestazioni internazionali come l’International Scottish Climbing Meet”.

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