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Omar Di Felice completa la traversata del Ladakh, “una terra che sa donare calore e accoglienza”

“So che questa spedizione è un po’ un punto di ripartenza, ci raccontava Omar Di Felice a pochi giorni dall’avvio della sua nuova avventura “Alone in Ladakh”. Una idea, quella di tentare una traversata invernale della regione dell’India himalayana in solitaria, o meglio dire in compagnia della sua fidata bici, trasformata in realtà in una manciata di settimane, come “parte del processo di uscita da ciò che è successo in Antartide”. È partito alla ricerca non di un record ma soprattutto di sensazioni Di Felice, con la voglia di provare ad allontanare il senso di amaro in bocca lasciato dalla “caduta” vissuta nel silenzio candido dell’Antartide, laddove troppo forte è diventato il rumore dei pensieri. E ce l’ha fatta. Ha concluso la traversata con un “incontro speciale”, in cui sperava, a quota 5359 metri, sulla vetta del Khardung La, uno dei passi carrozzabili più elevati al mondo: “Ad attendermi c’era l’Omar di qualche tempo fa”, ha raccontato a conclusione della lunga pedalata tra le vette d’Himalaya.

11 i giorni trascorsi in sella, 1100 i chilometri percorsi, quasi 20.000 i metri di dislivello: questa la sintesi dell’impresa realizzata nel “Piccolo Tibet indiano”, iniziata esattamente laddove si è poi conclusa, in corrispondenza del Khardung La, seguendo un itinerario diverso da quello elaborato prima della partenza dall’Italia, a causa di un imprevisto.

Un avvio con qualche imprevisto

“Partirò da Manali, che è il primo paesino prima della valle dello Zanskar – ci preannunciava Omar un mese fa – , dove poi si entra in Ladakh. Affronterò una serie di passi, tra cui in primis lo Shinku La (5031 m), entrerò nell’altopiano del Ladakh e da lì attraverserò due villaggi principali: uno è Padum, dove c’è anche una scuola di bambini con cui ho dei contatti, che vorrei andare a trovare, e l’altro è Kargil. Tra questi due villaggi ci sono altri passi tra 4000 e 5000 metri. Da Kargil andrò verso Leh, il capoluogo del Ladakh e da lì tenterò l’attacco al Khardung La”. 

Data la chiusura della strada dal lato di Manali, per alto rischio valanghe sullo Shinku La, l’ultracyclist romano si è trovato a dover modificare in maniera repentina il tragitto originario, definendo come nuovo punto di partenza Leh. Dopo una manciata di giorni dedicati all’acclimatamento, partendo dalla quota del capoluogo invernale del Ladakh, pari a 3500 metri, è andato subito all’attacco del Khardung La. Poteva andare tutto liscio? La Legge di Murphy vale anche in Himalaya a quanto pare, e così Omar si è trovato a dover fare dietrofront una volta giunto al posto di blocco a South Pullu, a quota 4700 metri. Qui, nonostante i permessi precedentemente ottenuti, non gli è stato concesso, per ragioni di sicurezza (leggasi, rischio valanghe) di salire ai 5359 metri del Khardung La senza una scorta. Tornato a Leh, non si è perso d’animo e all’indomani è ripartito alla volta del passo di montagna.

Il 26 febbraio l’avventura ha preso finalmente il via, di passo in passo, di villaggio in villaggio, lungo un nuovo itinerario, definito tenendo conto di alcune restrizioni dovute ai presidi militari (alcune aree sensibili di confine sono tutt’ora sotto controllo militare e in costante tensione con Pakistan e Cina). Ha così attraversato la Nubra Valley, ha raggiunto attraverso una pista sterrata il lago Pangong, uno dei laghi salati più alti al mondo, che in inverno risulta completamente ghiacciato, situato in una zona particolarmente delicata dell’Himalaya, al confine tra India e Tibet (Cina), terra in cui ricade circa il 60% della sua superficie. Ha fatto quindi ritorno a Leh, affrontando una serie di passi tra cui il Chang La (5339 m), di poco inferiore dunque al Khardung La.

E da Leh ha dato il via alla seconda parte della traversata. Ha raggiunto il villaggio di Kargil, teatro di una delle recenti guerre più sanguinose di questa porzione di India. Si è poi spinto fino al confine con il Kashmir nel villaggio di Drass, considerato il secondo più freddo al mondo dopo il villaggio siberiano di Oymyakon, per poi fare nuovamente ritorno a Leh, doppiando altri due passi himalayani: il Namik La e il Fotu La. Arrivato al capoluogo, nonostante una febbre di compagnia, Omar non ha voluto perdere di vista quello che aveva inizialmente immaginato come traguardo della traversata, e sabato 11 marzo si è nuovamente diretto al Khardung La, per un’ultima scalata simbolica.

“Volevo con tutto me stesso concludere l’avventura in cima al Khardung La nonostante lo avessi già scalato all’inizio della traversata. Lo volevo così tanto che, stamattina, dopo una notte insonne con febbre e mal di gola, ho scelto di “rischiare”. Un passo alla volta, chilometro dopo chilometro, ho visto la cima avvicinarsi e quando ho iniziato a vedere le bandiere di preghiera ho capito di avercela fatta, il commento una volta rientrato a Leh. “Giorno dopo giorno ho riscoperto il potere della bicicletta, nonostante le molte volte in cui il freddo, il vento, la stanchezza, il peso della bici e la solitudine sono sembrati essere ostacoli insormontabili. ‘Se pensi è la fine, se pedali arrivi’. E nonostante i molti pensieri sono tornato a svuotare la mente e riempire il cuore della bellezza di una regione unica.”

Un’avventura nata come si diceva, senza obiettivi specifici, a conclusione della quale Omar è pronto a tornare a casa con la sensazione di aver ripreso “il feeling con l’estremo”, pedalando costantemente oltre i 4000 metri di quota, esposto a temperature tra i -12°C e i -20°C. Un viaggio sì in un ambiente estremo, che si è però rivelato essere una terra che mi ha anche donato calore e accoglienza. Nei piccoli villaggi attraversati non sono mai mancati una coperta e un piatto di riso caldo la sera, nonostante le popolazioni locali stiano sperimentando sempre più gli effetti della scarsità idrica e dei cambiamenti climatici”. 

Il Ladakh, un paradiso nella morsa del cambiamento climatico

La traversata in solitaria del Ladakh segna una ulteriore tappa del progetto “Bike to 1.5°C”, lanciato da Di Felice in collaborazione con l’associazione Italian Climate Network, allo scopo di divulgare, attraverso le sue avventure e il contributo di numerosi esperti, i temi relativi alla crisi climatica. Prima tappa del progetto è stata rappresentata dall’arrivo di Omar alla sede della COP26 a Glasgow, in sella alla sua bici, nell’autunno 2021. A seguire l’Arctic World Tour, il primo giro del mondo artico, realizzato nell’inverno 2021/2022. Il Ladakh, terza tappa, è una regione himalayana che, in conseguenza del cambiamento climatico che favorisce arretramento e fusione dei ghiacciai, si trova alle prese con una progressiva riduzione della riserva idrica. Nel tentativo di mitigare la carenza d’acqua in particolare nei mesi estivi, si stanno sperimentando i cosiddetti Ice stupa, grandi coni di ghiaccio – ideati nel 2013 dall’ingegnere Sonam Wangchuk, utilizzando come spunto gli stupa, i tradizionali monumenti buddisti a forma di piramide o cono realizzati in vari materiali, quali argilla, legno, pietra – in grado di fungere da fonte irrigua.

Di seguito la registrazione della diretta, condotta da Omar prima di iniziare a pedalare da Leh, insieme alla climatologa Elisa Palazzi e con la professoressa in geografia umana Giovanna Gioli, per affrontare il tema del cambiamento climatico il Ladakh e più in generale nella regione himalayana.

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