La riscoperta del telemark, lo sci delle origini
La tecnica di discesa inventata in Norvegia nel XIX secolo convince un numero sempre maggiore di frequentatori della neve. Qualche suggerimento per iniziare a scendere con il “tallone libero”
Tra tradizione e passione, tra pratica sportiva e arte, il telemark è una delle discipline più antiche e affascinanti dello sci. Dopo un boom che lo ha visto protagonista tra gli anni ’70 e ’80, è poi caduto in disuso a favore di sci alpino, sci alpinismo e snowboard. Eppure lo zoccolo duro, quella nicchia di praticanti che in maniera romantica ha continuato a crederci, a praticarlo e a viverne la filosofia, è rimasta. Recentemente è stato addirittura presentato, da parte di un noto brand un nuovo modello di scarpone da sci che sembra aprire a una nuova dimensione. Proprio questa presentazione è stata l’occasione per Telemark Club Milano per annunciare la sua “rinascita” e la volontà di rinvigorire quella community di appassionati un tempo così florida. Alla presentazione, pubblicizzata su passaparola e il canale Instagram del club, hanno preso parte una cinquantina di appassionati provenienti per la maggior parte dalla Lombardia, ma non solo.
Mix perfetto tra tecnica, storia e avventura
Nato in Norvegia nella regione da cui prende il nome, dove nel XIX secolo il pioniere e “papà della disciplina” Sondre Norheim rivoluzionò il modo di affrontare i pendii innevati inventando la tecnica telemark, che ben presto si diffuse tra la popolazione locale in quanto considerato il modo migliore per controllare il movimento. Le prime gare si disputarono nel 1843.
Quel tallone libero, che spesso incuriosisce e che certo non rende l’idea della stabilità (ma attenzione, è solamente apparenza!), ha dato vita a uno dei motti degli anni d’oro del telemark. “Libera il tallone, libera la mente”, così dicevano (e dicono) i praticanti, che in genere preferiscono la neve fresca alla pista battuta.
Stiloso, elegante, sinuoso, sembra quasi una danza con gli sci ai piedi e permette un alto grado di personalizzazione. Per i neofiti, la maggiore e più evidente differenza è che mentre nello sci tradizionale il tallone è fissato allo sci, nel telemark si scia con movimenti più fluidi e naturali, con il tallone che si solleva, permettendo al corpo di abbassare il proprio baricentro nel tipico “affondo”. Equilibrio, coordinazione e una certa forza sono sicuramente necessari, ma il “buon maestro” saprà far capire all’allievo che esiste anche il modo per fare poca o meno fatica. A proposito di maestri, gli abilitati ad insegnare telemark non sono numerosi ma non mancano e quasi in ogni comprensorio sciistico è possibile trovare qualcuno che dà lezioni di telemark.
Quale attrezzatura?
L’attrezzatura per il telemark è specifica e progettata per questo stile di discesa. Ecco un elenco dell’attrezzatura necessaria:
1. Sci da telemark: simili a quelli da sci alpino, in molti casi gli stessi utilizzati per lo sci alpinismo, la cui larghezza varia a seconda del terreno.
2. Attacchi a tallone libero: il tallone non è fissato allo sci, permettendo il movimento caratteristico del telemark. Ne esistono di due tipi: tradizionali e NTN (New Telemark Norm, più moderni che offrono una maggiore trasmissione del movimento, ma non necessariamente i migliori per chi sta imparando).
3. Scarponi specifici per telemark: Anche qui ne esistono due modelli. I 75 mm (per attacchi tradizionali) e NTN (per l’omonimo attacco). Devono offrire una buona mobilità della caviglia e supporto laterale.
4. Bastoncini o bastone singolo a seconda delle preferenze.
Dove praticare il telemark?
Il telemark è una disciplina versatile, che si può praticare sia su piste battute che in neve fresca. La pratica del telemark non necessità di discese particolarmente ripide, anzi. Per chi sta imparando i luoghi migliori sono senza dubbio quelli che presentano discese dolci e non troppe contropendenze. Nel mondo i luoghi più frequentati dal popolo del telemark sono la Norvegia, Chamonix e La Clusaz in Francia, Aspen in Colorado e Niseko in Giappone.
Articolo già pubblicato, aggiornato dalla redazione di Montagna.tv il 2 gennaio 2025