Un bivacco moderno e tecnologico sul ghiacciaio del Ruitor, per ricordare chi non c’è più
Sul ghiacciaio del Ruitor inaugura a La Thuile un bivacco a 3300 metri: è intitolato a Edoardo Camardella, ucciso da una valanga mentre sciava sul Monte Bianco, da qui perfettamente visibile
Costruiamo per necessità. Per ambizione e per destino. Costruiamo per ricordare. Edoardo Camardella muore a 28 anni il 30 novembre 2019, travolto da una valanga durante un fuoripista sul Monte Bianco, nella sua Valle d’Aosta.
Oggi sopravvive nei racconti di chi l’ha conosciuto, di suo padre Luciano e della madre Silvia; degli amici, tantissimi, di chi condivideva con lui l’amore per la montagna e i fuoripista, di chi aveva viaggiato al suo fianco in Costa Rica, da cui era appena tornato quando la slavina l’ha massacrato e ucciso.
Sopravvive nel ritratto in bianco e nero a La Thuile, il suo paese, di fianco alla porta d’ingresso della palestra di bouldering Up and Down, dove Camardella passava tanti pomeriggi; impossibile non notarlo entrando per allenarsi nell’arrampicata, qualcuno ha disegnato delle montagne alla sommità di quel volto, lo impreziosiscono come una corona.
Ora porta il nome di Edoardo Camardella (ma qui lo chiamavano e lo chiamano ancora tutti Edo) un nuovo bivacco, costruito sul ghiacciaio del Ruitor: un luogo che il ragazzo amava, dove passava il percorso trail che lui stesso aveva ideato. In un paesaggio di roccia e neve a 3357 metri d’altezza, con affaccio sul massiccio del Monte Bianco, il Bivacco Edoardo Camardella ha inaugurato il primo luglio.
Una struttura per resistere agli elementi estremi
Il Bivacco Edoardo Camardella è realizzato in acciaio, lamiera di acciaio e legno (gli interni), con un involucro prefabbricato ad alte prestazioni di isolamento; ospita 6 posti letto con materassini autoigienizzanti su una superficie complessiva di 5 metri quadrati. Sfrutta i pannelli solari per il riscaldamento (serpentina sotto il pavimento), per dare corrente alle prese di ricarica per i cellulari che si trovano a parete e per il Wifi. È in grado di resistere agli elementi estremi del ghiacciaio, dove il vento soffia a 280 chilometri all’ora e le temperature possono scendere a meno trenta gradi sotto lo zero.
La sera prima dell’inaugurazione, ci racconta il progetto chi lo ha coordinato, ovvero Massimo Roj, amministratore delegato e fondatore di Progetto Cmr, tra le maggiori società di progettazione in Italia (fattura oltre 36 milioni di euro all’anno). Roj, un milanese di quelli che si innamorano della montagna e non riescono più a farne a meno, qui a La Thuile è di casa. Indossa una felpa con cappuccio con il logo stilizzato del bivacco sul petto. “Conoscevo bene Edo”, spiega, ricordando qualche aneddoto sul giovane alpinista e maestro di sci, come quando l’aveva portato a vedere l’Inter per la prima volta a San Siro. “Era molto legato a mia figlia”, aggiunge, poi si interrompe, una sospensione che accade spesso qui tra le montagne a chi parla di “Edo”, come se la linea del tempo si fosse sfilacciata per un attimo per un tempo lungo quanto quel vezzeggiativo di tre lettere, prima che tutto vada avanti.
L’idea del bivacco, racconta il padre di Edoardo, Luciano Camardella, arriva inizialmente dagli amici a poca distanza dalla tragica morte del figlio. Si pensava di sistemarne uno storico già esistente sul Ruitor, finanziato da un notabile valdostano pare nel 1888. Oggi è un rudere, ma un rudere vincolato e quindi se n’è fatto uno del tutto nuovo per semplicità. A 150 metri di distanza e appoggiato su 12 pali che bucano il permafrost e si appoggiano sulla roccia, affogati in un cemento speciale. I tre operai che ci lavoravano, raccontano, sono stati sorpresi un giorno dal maltempo, una bufera imprevista quando non era ancora inverno, sono dovute arrivare le squadre di soccorso a piedi perché gli elicotteri non si potevano alzare.
Costruire a queste altitudini, nel paesaggio simil lunare del ghiacciaio, è stata una impresa. Massimo Roj racconta dei problemi legati al trasporto. Una temperatura più alta di 6 gradi rispetto al previsto ha drasticamente ridotto la portanza dell’elicottero russo a doppia pala impiegato per tradurre in altitudine i componenti della struttura, assemblati a valle ed esposti in paese nel dicembre 2021.
Un progetto che diventa realtà
A La Thuile, nel piazzale davanti alle funivie, restano il piedistallo e le grafiche, con il QR code per sostenere il progetto, che alla fine è costato oltre 300mila euro – trovarli è stato un lavoro a parte – e ha coinvolto via via sempre più aziende, leader nel loro settore ed eccellenza italiana nella costruzione e nell’industria. Con qualche scelta sorprendente, come la porta d’ingresso, che è stata realizzata da una azienda specializzata in componenti nautici per garantire l’isolamento, o i serramenti speciali. Di fianco al bivacco una colonna con la videocamera streaming in tempo reale e i sensori per la stazione meteo, una delle più alte d’Europa.
All’interno del bivacco, un’unica grande finestra, che si affaccia sul massiccio del Monte Bianco. Su una parete, di fianco a uno dei lettini, nel legno, c’è il ritratto di Edoardo Camardella. Duemila metri più giù, in paese, non lontano dall’altro ritratto del ragazzo, in un piazzale proprio di fronte alla Up and Down, è stato installato invece il “bivacchino”, un frame in legno che dell’originale ha le medesime dimensioni, ma ne trascrive la struttura in maniera semplificata attraverso le linee portanti, le stesse che si vedono sui cappellini e sulle magliette della sezione merchandising del sito, e che è stato creato come luogo per raccontare il progetto in paese. Un codice Qr attiva un’esperienza in realtà aumentata per visitare virtualmente quel “piccolo manufatto di enorme complessità”, come lo definisce Roj, che si trova in altitudine e non tutti potranno raggiungere.Ci sono voluti 12, 13 schizzi per arrivare alla versione definitiva e quasi 4 anni per vedere il bivacco diventare realtà. La parte di progettazione è durata sei mesi, spiega l’architetto Roj. Da subito, sapeva che il numero due sarebbe stato importante nel progetto. “Erano due ragazzi quelli morti sotto la valanga e di conseguenza il bivacco è costruito su due moduli”, così da ricordare anche Luca Martini, ucciso dalla valanga insieme a Edoardo Camardella, savonese di poco più di trent’anni che trascorreva in Val d’Aosta gli inverni, magnetizzato dalla passione per la montagna e per lo sci ripido. “Ma noi eravamo legati a Edoardo”, chiosa Roj. E il bivacco resterà come sua memoria, lì in cima alle montagne che erano la sua vita.
Capisco il voler ricordare il figlio , ma c’era davvero il bisogno di un bivacco in quel posto ??
Avevo già detto che secondo me , specialmente in Valle d’Aosta ce ne sono già anche troppi di
rifugi e bivacchi e ultimamente pure molto discutibili sul piano estetico . E si continua ….
Capisco il voler ricordare il figlio , ma c’era davvero il bisogno di un bivacco in quel posto ??
Avevo già detto che secondo me , specialmente in Valle d’Aosta ce ne sono già anche troppi di
rifugi e bivacchi e ultimamente pure molto discutibili sul piano estetico . E si continua ….
E magari il figlio non sarebbe nemmeno stato d’accordo.