Ambiente

La seconda vita di Capanna Margherita

La riqualificazione energetica della Capanna Regina Margherita: è questo l’obbiettivo del programma di ricerca ideato dal CAI e dal PoliMi per offrire una nuova vita al rifugio più alto d’Europa.

L’iniziativa consiste nell’individuazione di soluzioni tecnologico-costruttive per il miglioramento delle prestazioni della struttura – uno degli osservatori fissi più alti al mondo – posizionata sulla punta Gnifetti del Monte Rosa a quota 4.556 metri e inaugurata nel 1980 dopo la demolizione dello storico edificio costruito nel 1893. Negli anni, la Capanna Margherita è stata rimodernata per diventare sempre più autonoma e indipendente dal punto di vista energetico, grazie al rifacimento dell’impianto elettrico e l’installazione di un generatore in grado di soddisfare l’intero fabbisogno energetico. Lo studio del CAI Centrale e del Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle costruzioni e Ambiente Costruito (ABC) del Politecnico di Milano, parte dalla raccolta dei dati di progetto disponibili presso l’archivio del Club Alpino Centrale e presso l’archivio comunale, l’analisi sul luogo per l’integrazione della documentazione raccolta, una campagna di monitoraggio in loco con indagini termografiche per lo studio della qualità dell’involucro edilizio, supportato da analisi in opera delle temperature interne. Abbiamo approfondito il progetto con il Professore Graziano Salvalai, parte del team di ricerca del Politecnico di Milano.

In cosa consiste il progetto di riqualificazione energetica della Capanna Regina Margherita, quali sono i risultati raggiunti finora e quali gli obbiettivi?

“L’attività di ricerca è stata strutturata con un duplice obbiettivo: da un lato, studiare nel dettaglio lo stato di fatto dell’edificio sia dal punto di vista funzionale-spaziale che da quello tecnologico-prestazionale; dall’altro, individuare un set di soluzioni tecnologico-costruttive applicabili per il miglioramento dell’accessibilità e della fruibilità degli spazi interni nonché della produzione, distribuzione e gestione dei flussi di energia. Il lavoro, durato circa due anni, ha permesso di individuare e di raccogliere in una relazione tecnica-progettuale una proposta di intervento preliminare, implementabile per successivi step, nel rispetto dell’immagine e della storia dell’edificio stesso. La proposta progettuale è stata costruita tenendo conto delle condizioni ambientali, particolarmente estreme a quella quota, e della situazione attuale del rifugio, proponendo nuovi volumi e spazi senza stravolgere l’immagine attuale della Capanna”.

Quali sono gli stakeholder coinvolti?

“Il lavoro di ricerca condotto sulla Capanna Regina Margherita è inquadrato all’interno di una collaborazione quadro tra Politecnico di Milano e CAI Centrale, che prevede studi scientifici su temi di reciproco interesse, tra i quali: rifugi, bivacchi e costruzioni in alta quota; sicurezza in ambiente alpino; laboratori scientifici d’alta quota.

La Capanna Osservatorio Regina Margherita è un edificio peculiare nella sua tipologia, detiene il record di rifugio più alto d’Europa, ed è parte del patrimonio storico-culturale del Club Alpino Italiano. L’idea di procedere con degli studi per delineare possibili sviluppi futuri della Capanna è stata avanzata dal CAI Centrale in accordo con la Commissione Rifugi per far fronte a due principali problematiche: da un lato, l’attuale costruzione – inaugurata nel 1980 – risulta usurata dal tempo e dalle avverse condizioni climatiche, per cui era necessario un piano di intervento globale che tenesse conto anche delle attuali normative (requisiti spaziali minimi, sicurezza, ecc.); dall’altro, la sempre maggiore notorietà del luogo ha fatto sì che l’attuale situazione funzionale-spaziale non fosse più in grado di far fronte alla richiesta di un turismo d’alta quota diventato (quasi) alla portata di tutti”.

Quali sono le innovazioni da un punto di vista tecnologico-energetico?

“Come già accennato, la proposta progettuale è stata pensata nel massimo rispetto dell’attuale edificio, proponendo un intervento poco invasivo e che mantenesse quanto più possibile l’immagine attuale.

Proporre progetti a 4.554 m sul livello del mare è di per sé innovativo sotto tutti i punti di vista, a partire dalla gestione del cantiere. Nello specifico la proposta prevede l’utilizzo di soluzioni tecniche in grado di garantire l’efficienza nel tempo e una limitata manutenzione. Per l’involucro opaco dell’edificio è stato pensato un iperisolamento al fine di contenere quanto più possibile il calore all’interno della struttura. Oltre all’applicazione di nuovi strati di lana minerale è stato aggiunto, verso l’interno, uno strato di isolante multistrato termo riflettente (tipicamente utilizzato nell’industria aerospaziale) al fine di riflettere il calore verso l’interno e garantire un ulteriore strato di tenuta alle infiltrazioni d’aria. Dal punto di vista impiantistico, invece, la strategia generale è basata sull’utilizzo dell’energia solare, attraverso l’applicazione di pannelli fotovoltaici in copertura e in facciata, accoppiati a un sistema di accumulo dell’energia (batterie). Quando necessario (in assenza di radiazione solare o per richieste di picco), un cogeneratore a GPL permette la copertura dei carichi necessari al funzionamento dell’edificio. La qualità dell’aria interna è invece garantita da un sistema di ventilazione meccanica canalizzato con recupero di calore per assicurare il corretto apporto di ossigeno, già ridotto per unità di volume a causa ovviamente della quota”.

In che modo è stata coinvolta e informata / formata la comunità e quali sono stati i feedback che avete ricevuto?

“Il lavoro è stato delineato e strutturato in stretto contatto con la Direzione, la Commissione Rifugi e l’ufficio patrimonio del CAI. Fin da subito è stato coinvolto il rifugista (Giuliano Masoni) in qualità di profondo conoscitore dell’edificio, sia da un punto di vista tecnico che della sua gestione, che ci ha offerto spunti e consigli su come migliorare la situazione attuale sotto tutti i punti di vista. Fondamentale anche la collaborazione con l’ufficio tecnico del Comune di Alagna Valsesia, che ha condiviso la documentazione tecnica relativa al progetto originale dell’edificio. È intenzione di tutti gli stakeholder coinvolti presentare, non appena possibile, i risultati raggiunti durante un evento pubblico su temi inerenti la sostenibilità ambientale in area alpina.

Grazie a questo progetto di ricerca è in costante crescita l’interesse dei nostri studenti universitari del corso di Laurea in Ingegneria Edile-Architettura del Politecnico di Milano – Polo Territoriale di Lecco, di temi progettuali legati all’architettura alpina. Negli ultimi due anni si sta consolidando e sistematizzando infatti l’interesse verso tesi di laurea che trattano la riqualificazione o la nuova costruzione di rifugi e bivacchi alpini da parte di studenti appassionati che trovano tra i docenti un adeguato supporto scientifico. Sono stati sviluppati dagli studenti molti progetti interessanti – tra cui la proposta di riqualificazione della Capanna Margherita – in seguito esposti presso la Fondazione Minoprio in una mostra in occasione dell’evento High Summit COP 26

È possibile creare da zero o riqualificare un rifugio rendendolo completamente sostenibile? Quali sono gli ostacoli per una completa sostenibilità?

“In generale, un edificio sostenibile ed energeticamente efficiente si caratterizza per un ridotto impiego di risorse in tutte le fasi di vita dello stesso, dalla costruzione alla gestione fino alla dismissione o riuso dei vari componenti. Le architetture alpine non si differenziano particolarmente da quelle ricettive, posizionate nel fondo valle, per servizi e comfort richiesti. È quindi necessario e ancora più doveroso applicare, per quanto possibile, strategie e soluzioni che rendano il manufatto il più efficiente e meno impattante possibile. Numerose soluzioni e tecnologie costruttive sono attualmente disponibili e devono necessariamente essere messe a sistema, secondo una visione olistica, in un progetto architettonico-tecnologico in grado di massimizzare le risorse locali e le fonti energetiche rinnovabili. Il maggior ostacolo è a mio avviso proprio legato al fatto che i rifugi alpini sono nella maggior parte dei casi edifici definiti “off grid”, cioè non connessi con il sistema energetico nazionale, per cui l’energia necessaria al funzionamento deve essere autoprodotta in loco sfruttando quanto più possibile le fonti rinnovabili che però non sono per natura sempre disponibili”.

Perché si parla tanto di sostenibilità dei rifugi e in montagna quando le città sono piene di automobili e industrie che inquinano?

“La montagna è diventata sempre più un luogo di fuga e di riparo dalla frenetica vita cittadina, un luogo terapeutico dove poter godere appieno della natura, di paesaggi inusuali e viste mozzafiato. Tuttavia l’alta montagna e i rifugi che la popolano sono molto esposti alle forze avverse del cambiamento climatico, ritiro dei ghiacciai, scioglimento dello strato di permafrost e relativi cedimenti e smottamenti di strati rocciosi, ecc. Anche per tale motivo l’opinione pubblica in generale pone molta attenzione all’ambiente montano cercando (non sempre con successo) prima di tutto di non contaminarlo, e quando possibile di contribuire alla conservazione e alla valorizzazione dell’ambiente stesso”.

La zona di Alagna è protagonista di diverse iniziative legate alla sostenibilità, penso per esempio all’ambizioso progetto Alagna Walser Green Paradise del Sindaco di Alagna Roberto Veggi e di Riccardo Beltramo, Professore Ordinario del dipartimento di Management presso l’Università degli Studi di Torino, e al progetto ICE MEMORY. Quest’area sembra particolarmente sensibile alle tematiche ambientali, come mai secondo lei?

“Direi che tale sensibilità è tipica di tutte le aree alpine, dove la componente naturalistica-ambientale è giustamente vista come driver di sviluppo locale. Proporre progetti e iniziative che permettano di usufruire delle bellezze naturali locali è a mio avviso obbligo e ha il duplice obiettivo di sviluppo dell’economia locale e di gestione/conservazione dei luoghi e della memoria storico-architettonica di aree altrimenti a rischio di spopolamento”.

Quali sono i prossimi passi del progetto e in che direzione vi state muovendo per il futuro?

“La fase di ricerca preliminare è conclusa, mi aspetto che il Club Alpino Italiano delinei a breve le prossime azioni al fine di preservare, valorizzare e mettere in sicurezza un luogo che è diventato nel tempo icona e meta ambita da moltissimi appassionati. Il tema centrale è ora a mio avviso quello di proporre uno studio più approfondito, che metta sul tavolo decisionale anche una proposta di nuova struttura, tenendo conto anche del fatto che nel 2030 il rifugio compirà 50 anni di vita…”

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4 Commenti

  1. Con tutti gli incentivi statali sulla riqualificazione energetica sarebbe stato meglio demolirla completamente e rifarla nuova con le ultimissime tecnologie incluso un nuovo laboratorio tecnico (già presente attualmente) più moderno per esperimenti vari in quota coinvolgendo i 2 maggiori politecnici ossia Torino e Milano.

    1. Ormai sono rimasti in pochi a credere che ci sia trippa per tutti i gatti; non avendo ancora quelli del governo l’ albero dei soldi, ci sarà chi avrà il rimborso e chi dovrà mettere la casa all’ asta per ripagare la cartella esattoriale che arriverà a lavori ultimati, o anche non ultimati, considerata la situazione attuale di scarsa reperibilità di materie prime edili e finanche dei ponteggi. Di tutti i lavori di riquaificazione energetica possibili, un rifugio situato a oltre 4500 mt s.l.m. è il meno urgente e utile da attuare, ammesso che lo sia in quanto tale. Se proprio si vuol rifare qualcosa, si colga l’ occasione per toglierla di mezzo questa capanna e ridare alla punta Gnifetti la sua dignità di “quattromila”, sarebbe bellissimo, ma sarebbe una scelta di chi ama veramente la montagna e la natura e ne capisce la sacralità. Purtroppo viviamo nell’ era dei tecnocrati e della loro nuova divinità, l’ aggiornamento tecnologico.

  2. Vecchio invito AI VECCHI TEMPI: all’inizio della salita verso un rifugio O BIVACCO veniva radunata catasta di ciocchi di legna stagionata e protetta DA COPERTURA DI LAMIERA ONDULATA…tagliata alla misura adatta.POI UN CARTELLO INVITAVA OGNI ESCURSIONISTA CHE INTENDESSE AVVALERSI DEL RIFUGIO IN ALTO , DI PORTARE SU QUALCHE CIOCCO…NELLO ZAINO.VARIANTE…QUALCHE BOMBOLETTA DI GAS LIQUIDO O DI COMBUSTIBILE AD ALTO POTERE ENERGETICO ..PER UN EVENTUALE GENERATORE O CALDAIETTA.COME COIBENTANTI CI SONO ANCHE PANNELLI SPAZIALI A MICROSFERE CAVE..Ho fatto conto che con questi, dallospessore di 1,5 centimetri , potrei coibentare self PERSONALE FAI DATE, e internamente ,il mio appartamento. Spendendo quanto dovro’pagare ad un asseveratorefiscalistaamministratore addetto per le pratiche burocratiche ecobonus 110%..senza avere possibilita’ di scelta sui tempi e meteriali usati..low cos tmaggior profittoper una ditta. OVVERO ..plasticona espansa o lana di roccia spessi anche 1,5 DECIMETRI.SE VOLESSI PANNELLI FOTOVOLTAICI ALLA FACCIATA O APPESI AI POGGIOLI O SUL TETTO, SAREI IN MINORANZA condominiale E POI GLIINTERVENTI SONO PILOTATI DA CHI CI VUOLE GUADAGNAR E IL MASSIMO.SOSPETTO CI SIA UN BIG ECO BUSINESS. QUANDO TI DICONO CHE LA TUA ENERGIA ELETTRICA E’ ECO GREEN, COME FAI A SEPERE CHE E’VERO …DENTRO I FILI GLI ELETTRONI SON SEMPRE UGUALI E LE LINEE INTERCONNESSE.
    CON CENTRIALI idroelettriche A GAS, A CARBONE E PURE NUCLEARI.

  3. Tema interessante, devo però dire che il professore è un po’ fumoso. Rimangono infatti senza risposta le domande che sorgono spontanee sul tema.
    Quindi partiranno dei lavori di ammodernamento? Quando? A un certo punto si parla di un ulteriore studio, non si capisce finalizzato a cosa. Infine si parla di rifacimento totale a breve.
    Come direbbero gli inglesi, manca il SO WHAT?
    Peccato.

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