Ambiente

Cervi, stambecchi, camosci: cosa fare se li si incontra da molto vicino

Sempre più numerosi, e spesso troppo confidenti, gli ungulati che popolano i nostri boschi di solito scappano appena ci vedono. Non sempre, però. E potrebbero essere guai

 

Cinghiale, cervo, capriolo, daino, muflone, camoscio alpino, camoscio appenninico, stambecco: tutte le specie di ungulati presenti nel nostro Paese (oltre all’ammotrago recentemente introdotto dall’uomo) nel secolo scorso sono cresciute sensibilmente sia in termini numerici che distributivi in quasi tutta Italia, arrivando ad occupare anche aree a forte presenza antropica. Questo fenomeno, ancora in corso e imputabile a svariati fattori (spopolamento di aree collinari e montane, riforestazione, istituzione di aree protette e programmi di reintroduzione e rinforzo), ha aumentato le possibilità di incontro con l’uomo. Ne derivano situazioni di rischio? E quali sono invece i comportamenti opportuni per favorire la convivenza e minimizzare i conflitti? 

Come tutti gli animali selvatici – e ancor di più in quanto prede – gli ungulati normalmente si danno alla fuga di fronte a una potenziale minaccia. Se impossibilitati a farlo per la presenza di un ostacolo (una parete rocciosa, un precipizio, o anche più semplicemente un muro di cemento), possono tuttavia mettere in atto atteggiamenti di difesa o inavvertitamente travolgerci mentre scappano: trattandosi di animali dalle dimensioni non trascurabili, dotati di corna, palchi o zanne, questo può causare ferite anche gravi. Ecco perché è importante mantenere sempre le distanze, indietreggiare con calma nel caso di un incontro ravvicinato e lasciare all’animale la possibilità di allontanarsi in sicurezza, per esempio cedendogli il passo su un sentiero. 

Anche lasciando da parte il cinghiale (di cui abbiamo parlato qui), è sempre più frequente il caso di grandi erbivori che frequentano parchi cittadini o giardini di abitazioni, finendo per perdere diffidenza e aumentando la possibilità che si verifichino situazioni “anomale”, con possibili reazioni aggressive, fughe nel traffico o tra i passanti e problemi sanitari. Per questo motivo, ognuno di noi, in città come negli ambienti naturali, deve evitare di dare cibo agli animali, porre attenzione a non lasciare rifiuti a disposizione, tenere sotto controllo il proprio cane e informare le autorità di avvistamenti, anche al fine di trovare le più opportune azioni da mettere in atto per ristabilire le distanze.

Nei periodi della riproduzione cresce l’aggressività

Altre situazioni particolari riguardano i maschi di cervidi durante il periodo riproduttivo. Tra luglio e agosto per il capriolo e tra settembre e ottobre per il cervo e il daino, a causa dei cambiamenti ormonali i maschi aumentano le interazioni aggressive tra individui della stessa specie, sia per difendere il proprio territorio, sia per proteggere un harem. Nel caso di un incontro con l’uomo possono tentare un attacco o rimanere sul posto nell’incertezza di trovarsi di fronte ad un potenziale competitore o ad un pericolo. In tali circostanze, che per la verità sono rare e riconducibili solitamente a esemplari abituati alla presenza dell’uomo (ad esempio perché cresciuti in cattività), occorre prestare particolare attenzione e, in caso, fare rumore per rendersi riconoscibili.

Infine, incontri decisamente rischiosi, ma non per noi, sono quelli con i cuccioli dei cervidi, che può capitare di trovare immobili in mezzo alla vegetazione, in primavera-estate. Non sono abbandonati: le madri si sono allontanate solo temporaneamente per cercare cibo e quindi non vanno toccati né prelevati. Meglio rimanere a distanza e abbandonare il prima possibile il sito di ritrovamento.

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