AlpinismoAlta quota

Invernale al Nanga Parbat per Barmasse, Gottler e Arnold

Avevamo anticipato che questo inverno si sarebbe parlato ancora di Nanga Parbat e infatti eccoci qui a farlo: ieri è atterrata a Islamabad una cordata inattesa. I nomi sono d’eccezione: Hervé Barmasse, David Gottler e Mike Arnold. Con loro anche il pakistano Kudrat Ali. L’obiettivo è altrettanto di livello: la prima invernale della parete Rupal.

Il gruppo dovrebbe arrivare al campo base entro il fine settimana. Lo stile alpinistico dei tre alpinisti è sempre stato molto leggero e minimale, vedremo come lo declineranno in una sfida invernale. Di certo non ci sarà utilizzo di ossigeno o portatori d’alta quota.

La squadra

Per Gottler è la seconda esperienza invernale, nel 2013/14 aveva tentato di scalare sempre il Nanga Parbat insieme a Simone Moro raggiungendo la quota massima di 7200 metri. Il tedesco ha anche in curriculum un buon numero di vette di 8000 metri, tra cui Gasherbrum II, Broad Peak, Dhaulagiri, Lhotse e Makalu. Ha tentato anche due volte il K2 e l’Everest, l’ultima questa primavera con Kilian Jornet.

Nel 2017 Gottler era invece insieme a Barmasse per la salita della difficile parete sud dello Shisha Pangma, i due si fermarono a pochi metri dalla vetta per l’instabilità della neve nell’ultimo tratto.

Tante invece le salite tecniche sulle Alpi, Patagonia e Pakistan per Hervé, ma nessuna vetta nell’aria sottile e nessuna invernale. Sarà una prima assoluta per lui.

Mike Arnold, americano, ha nello zaino molte spedizioni in Alaska e in Sud America, ma è un esordiente sugli 8000.

La parete Rupal

Posta a sud-est, la parete Rupal del Nanga Parbat con i suoi 4500 metri di sviluppo è considerata la più alta al mondo.

Scalata poche volte in estate, tra cui la storica salita dei fratelli Messner nel 1970 durante la cui discesa sul versante Diamir perse la vita Günther, non è mai stata conquistata in inverno.

Il Nanga Parbat è stato infatti salito solo due volte nella stagione fredda, ma sempre passando dalla parete Diamir: nel 2016 da Alex Txikon, Simone Moro e Ali Sadpara lungo la via Kinshofer e nel 2018 da Elisabeth Revol e Tomasz Mackiewicz seguendo quella che era la via (mai conclusa fino a quel momento nemmeno in estate) Messner-Eisendle. In discesa perse la vita il polacco Mackiewicz.

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3 Commenti

  1. Riprendendo il commento fatto l’anno scorso da Kammerlander sul tentativo solitario di Kobusch alle ‘Everest e attualizzandolo a questa spedizione si può dire: “zero chance”!

  2. Sì Kobusch tenta, ma nessuno pensa vada poco’ sopra l’inizio.
    Per me questi se trovano buone condizioni e 6-8 giorni di bel tempo, con la “gamba” che hanno e i materiali moderni leggeri oggi a disposizione, almeno in due possono raggiungere la vetta, però se sono capaci di non farsi troppi problemi di “linea”….. è “solo” alto 4500 metri.
    E’ un bel versante solare per l’inverno e sono in quattro per supportarsi……. e poi già due erano saliti e scesi in 5 giorni, ma è un’altra storia.
    L’idea mi piace, non penso sia strampalata.

  3. A parte che già altri si sono lasciati attrarre da fatto che la parete fosse esposta a sud (per primi i gloriosi polacchi di un tempo) e tutti hanno preso sonore batoste, ma la parte che credo essere più ostica riguarda il fatto che o sali tutta la parete sino al vertice della cima sud (e le difficoltà non sono poche in tal caso) e allora mantieni la stessa esposizione quasi fino alla cima principale, ma se già segui la via Schell o la via Messner, poi ti trovi a dovere affrontare la parte finale, quella più alta in cui sei più stanco e meno reattivo e, nelle condizioni invernali dove il freddo è più intenso, su diverso versante con diversa esposizione e ancora con lunghezza e difficoltà notevoli da affrontare. Per un’impresa invernale in puro stile alpino come è loro intenzione affrontare credo che la scelta di questa parete sia la meno pagante in termini possibile riuscita. Tuttavia, se dovessero riuscire, sarà gloria eterna!

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