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Arriva il disgelo, riparte l’assalto ai Pantani di Accumoli

Lo scorso inverno, con le sue nevicate abbondanti, ha fatto dei Pantani di Accumoli una meta affascinante e frequentata. Centinaia di escursionisti attrezzati con ciaspole o sci hanno raggiunto i laghetti, nascosti dalla neve, partendo da Forca Canapine, in territorio umbro. Altri hanno percorso l’itinerario, più ripido e più lungo, che sale dal versante di Accumoli, e che si svolge interamente nel Lazio. Molti hanno incluso nell’escursione il Monte Utero, una panoramica cima dove spicca un cippo dell’antico confine tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato della Chiesa. Le settimane tra maggio e giugno, sono un’altra stagione affascinante per i Pantani. Nei laghetti l’acqua abbonda, i Monti della Laga e i Sibillini sono ancora striati di neve, nella conca e sui vicini pendii si ammirano le fioriture di grande valore scientifico grazie alle quali il sito è stato vincolato dall’Italia e dall’Unione Europea come SIC e poi come ZPS.

Tra qualche mese, purtroppo, la bellezza dei Pantani potrebbe essere gravemente deturpata. Lo scorso 1 aprile, il Consiglio comunale di Accumoli, presieduto dal sindaco Franca D’Angeli, ha approvato a maggioranza (7 voti contro 2) il progetto definitivo per la costruzione di un “rifugio montano” appena a sud dei Pantani. Un’altra votazione, quel giorno, ha reso l’atto “immediatamente eseguibile”. La Regione Lazio ha appoggiato l’operazione dall’inizio, e con un protocollo d’intesa del 2017 si è impegnata “a curare tutte le azioni e gli adempimenti necessari per la progettazione, la fornitura e la realizzazione del rifugio”. 

Come spesso accade in operazioni di questo tipo, nel verbale del Consiglio Comunale del 1 aprile, e nei documenti precedenti, delle affermazioni corrette si mischiano a strumentalizzazioni e falsità. E’ vero che Accumoli, come i centri vicini, è stata martoriata dai terremoti dell’estate e dell’autunno del 2016. A quattro anni e mezzo dalle scosse, la ricostruzione del borgo non è ancora iniziata, e gli abitanti vivono nei prefabbricati. Sulla Via Salaria, a valle dell’abitato, è nato un piccolo agglomerato di negozi. Non c’è dubbio che un turismo rispettoso dell’ambiente sia importante per far rinascere la zona, ma non è vero che ad Accumoli “l’attività turistica è sempre stata fiorente” come afferma il Consiglio Comunale. Partire da zero può consentire di far bene, ma occorre farlo con il piede giusto, e con progetti corretti. 

Sull’Appennino, come abbiamo denunciato più volte, la legittima esigenza di rilanciare il territorio dopo i terremoti e il Covid è stata utilizzata per lanciare progetti di enorme impatto ambientale come i nuovi impianti di risalita sul Terminillo, la cabinovia da Montorio al Vomano ai Prati di Tivo e il collegamento tra le piste di Ovindoli-Magnola e di Campo Felice.

Il comitato Emidio di Treviri, che raccoglie professori e ricercatori di Ascoli Piceno (il nome si ispira al Santo protettore della città) parla di una “ricostruzione devastante”, e denuncia “la retorica sui territori vessati dal sisma che per ripartire di nient’altro hanno bisogno, se non di distruggere i propri patrimoni naturali”. Il progetto di albergo ai Pantani viene paragonato a “una Disneyland dell’Appennino centrale”. Il CAI delle Marche e del Lazio, in un comunicato firmato anche da WWF, Italia Nostra, Salviamo l’Orso e Mountain Wilderness, accusano la Regione Lazio e il Comune di Accumoli di essere “incapaci di cogliere l’autentico portato della valorizzazione delle risorse ambientali, dissipandone la qualità in una logica di desolante continuità con il passato”.

Sembra un ceffone al CAI, e alle centinaia di soci che lavorano da anni al Sentiero Italia, il fatto che questo straordinario percorso venga citato dalla Regione Lazio e dal Comune di Accumoli per dimostrare la necessità dell’albergo ai Pantani. E’ scorretto e bugiardo, da parte di Comune e Regione, definire “rifugio” un albergo di 3 piani, con circa 20 posti-letto, accessibile in auto sia da Forca Canapine sia da Accumoli. L’ipotesi di una struttura più piccola, raggiungibile a piedi o in bici dai visitatori, e in fuoristrada dal solo gestore non è stata presa in considerazione.

Gruppi e associazioni locali hanno reso pubblico un lungo elenco di magagne nelle delibere della Regione e del Comune di Accumoli, e che saranno al centro di ricorsi.  L’Eco dei Pantani, un gruppo di appassionati della zona, denuncia che a breve, una volta sciolta la neve, riprenderanno i lavori per sistemare le due strade verso il cantiere dell’albergo. Per diventare accessibile alle auto normali il tracciato che sale da Accumoli, che oggi è una pista per fuoristrada, dovrebbe essere modificato e allargato. Quello da Forca Canapine, già sistemato due anni fa con la spesa di un milione di euro, attraversa nell’ultimo tratto il SIC/ZPS. Il suo allargamento, quindi, viola le leggi comunitarie e nazionali.   

Le ultime considerazioni da fare riguardano la posizione “di frontiera” dei Pantani. Trent’anni fa la zona, sul confine tra i Monti Sibillini e i Monti della Laga, era stata presa in considerazione per essere inserita nei Parchi nazionali del Gran Sasso-Laga e dei Sibillini, e ne è stata esclusa solo per non complicare i confini di entrambi. A rendere inutile, oltre che deturpante, l’albergo dei Pantani è la presenza a Forca Canapine, a un’ora di cammino di distanza, del rifugio Genziana e di altre strutture, tutte raggiunte dalla strada asfaltata, inagibili dopo i terremoti del 2016. Rimettere in piedi una di queste, e magari affidarla in gestione a un’associazione o a una cooperativa di Accumoli, sarebbe meno costoso e più logico, e avrebbe un impatto ambientale minore. Ma mettere insieme Lazio e Umbria, e magari le vicinissime Marche, per lo sviluppo di un’area montana, sembra impensabile nell’Italia iper-regionalista che sta uscendo a fatica dal Covid.

Fino a oggi i confini delle tre regioni, e la semplice bellezza dei luoghi, hanno reso insufficiente l’impegno di escursionisti e ambientalisti per salvare i Pantani. Certo, i laghetti tra Forca Canapine e Accumoli non sono i Sibillini o il Gran Sasso, né le Pale di San Martino o il Gran Paradiso. 

La battaglia per difenderli da due strade e da un edificio inutile, però, merita una mobilitazione più vasta. Tutelare la fragile bellezza di questi luoghi, renderli accessibili solo a piedi, in bici o a cavallo, è la possibilità di rinascita e sviluppo per Accumoli e per i borghi vicini. Riusciranno a capirlo, prima di dare il via alle ruspe, il sindaco Franca D’Angeli e il presidente Nicola Zingaretti?

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