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“Perché lassù”, il più grande enigma dell’alpinismo

La curatela è affidata a Serafino Ripamonti, Ragno di Lecco e giornalista, un nome che è garanzia di qualità quando si parla di montagna. Il risultato è infatti notevole. Si intitola “Perché lassù” (Mondadori, 2021) ed è una raccolta di 15 storie. 15 alpinisti che si raccontano, che cercano di dare un significato a quell’irresistibile attrazione che li riporta, giorno dopo giorno a cercare una nuova vetta, una parete da superare. Ripamonti riporta alle parole di Primo Levi, le migliori per descrivere quella passione inutile quanto appagante che è la montagna: “Era questa, la carne dell’orso e ora, che sono passati molti anni, rimpiango di averne mangiata poca, poiché, di tutto quanto la vita mi ha dato di buono, nulla ha avuto, neppure alla lontana, il sapore di quella carne, che è il sapore di essere forti e liberi, liberi anche di sbagliare, e padroni del proprio destino”. Una lunga notte in quota, una discesa rocambolesca, tirata per le orecchie. La libertà di vivere, una libertà selvatica ma priva di regole esterne, se non quelle etiche.

“Uno sport spietato, una lotta fra la vita e la morte” lo definisce Denis Urubko. Ed è la morte che ritorna spesso in “Perché lassù”. Si, perché alla fine ci fai i conti in un modo o nell’altro. Ci convivi, scalata dopo scalata. Succede anche quando scrivi. Perdere degli amici è normale in questo mondo. È inquietanti farci l’abitudine ma, come ho imparato a ripetermi in questi ultimi anni, “fa parte del gioco”. Una birra in memoria, un dolore lancinante che ti accompagna nei momenti più silenziosi e poi via per un’altra salita perché sì, fa parte del gioco e della morte non si parla. Ci pensi, ma non lo dici e nel frattempo il tuo sguardo si fa rapire da una nuova ambizione. “’Ne ho contati 58’ mi ha recentemente confessato Gnaro Mondinelli” scrive Agostino Da Polenza nel suo duro capitolo con cui si apre questa raccolta. “Sono ancora qui a chiedermi se ne valeva la pena” continua. “A cercare di dare una risposta al grande interrogativo: se, per l’alpinismo – dove alpinismo è sinonimo, per chi lo esercita, di libertà, conoscenza, scoperta ed esplorazione, sfida, spiritualità o trascendenza che sia – sia lecito assumersi rischi così elevati”. Mi ha sempre sorpreso il cinismo e a volte il sarcasmo con cui Agostino affronta il tema della morte. Con i nostri anni di seppur breve frequentazione ho imparato a comprendere questo strano meccanismo di difesa. Le emozioni stanno negli occhi. Quell’istante luminoso che rivedo ogni volta quando il racconto si sposta su chi ci ha lasciati prima del tempo. “Chi come me parla di alpinismo pur avendolo praticato in prima persona soltanto per un periodo breve della propria vita – per fortuna, dico ora – di compagni, amici e conoscenti con la stessa passione ma che non le sono sopravvissuti riempie un piccolo cimitero di montagna.

Allora perché, perché continuare a salire verso l’alto? Perché “grazie alla montagna ho imparato ad affrontare tanti problemi della vita” scrive Marco Confortola che nel 2008 se l’è vista davvero brutta sul K2. “Il senso di quello che cerco e che faccio va al di là di una specifica attività o di una prestazione” scrive invece il compianto Cala Cimenti. “Il motivo per cui continuo a tornare lassù, è godere della natura e degli elementi. Esplorare, sempre, fuori e dentro di me. E cercare di fare tesoro di tutte quelle esperienze”. “Il bello è che l’Himalaya è immenso” confida Gnaro Mondinelli sul finire delle sue riflessioni lasciando intendere le infinite opportunità esplorative di questi territori, anche per le future generazioni. “A catturarmi più di tutto era il senso di appartenenza, quella speciale identità” confessa Simone Pedeferri. “Sono una guida alpina, anzi, una guida alpina del Cervino” afferma con orgoglio l’ormai conferma dell’alpinismo François Cazzanelli.

Ognuno ha il suo perché, in questi volumi ce ne sono 15 tra cui alcuni davvero significativi che meritano una lettura. Probabilmente alla fine non avrete trovato la vostra motivazione, anzi. Avrete probabilmente le idee confuse. Ma sarete consapevoli di quanta vita c’è in questi ragazzi che, consciamente, scelgono di affrontare un rischio, di mettersi alla prova “per la vita” come diceva Stefano Zavka, che purtroppo in questo volume trova spazio solo nelle memorie di Da Polenza. “Non ci stiamo per… quella purtroppo è un’eventualità. Se andiamo in autostrada in macchina corriamo gli stessi rischi, però magari lì li corriamo per lavoro, qui li corriamo per vivere delle emozioni.

Gli alpinisti partecipanti al progetto editoriale hanno deciso di devolvere la loro quota in beneficenza alle famiglie di Tom Ballard e Daniele Nardi. A Daniele, in particolare, è dedicata l’introduzione di Antonio Pennacchi che con la sua penna delicata ma pungente sa sempre arrivare al nocciolo della questione.

Titolo: Perché Lassù

Curatore: Serafino Ripamonti

Editore: Mondadori

Pagine: 180

Prezzo: 18 €

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