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Novità in libreria: K2 La montagna del mito

Tutto, ma proprio tutto sulla seconda montagna della Terra: il nuovo, imperdibile, libro di Stefano Ardito presentato da Paolo Paci, direttore di Meridiani Montagne

Ho sempre invidiato Stefano. Negli ultimi quarant’anni abbiamo fatto lo stesso mestiere in parallelo, e spesso incrociando le strade. Però quando io pascolavo sulle Grigne, lui attraversava lo Hielo Continental, e mentre mi scottavo sui domestici ghiacciai del Rosa lui contemplava le nevi del Kilimanjaro. Sto parlando di Stefano Ardito naturalmente, autore di cento libri e mille e più reportage che, se siete pratici di queste pagine, certamente conoscete e un po’ invidiate anche voi. All’inizio degli anni Ottanta Stefano si era affacciato alla piccola finestra dell’editoria specializzata (tutte le riviste di alpinismo allora stavano a Torino) e l’aveva spalancata sugli orizzonti dell’Appennino, che nessuno conosceva. Ma in cartuccera aveva ben altro: una conoscenza capillare delle Alpi dal Monte Bianco alle Dolomiti, e l’ambizione di raccontare il grande alpinismo attraverso le parole dei suoi protagonisti, storici e contemporanei, da Fritz Wiessner a Ardito Desio, da Kurt Diemberger a Walter Bonatti e decine di altri. Stefano andava a trovarli, li intervistava, ma poi non si limitava a scrivere, ne seguiva spesso le impronte, fisicamente. In vita sua avrà scritto più parole o avrà fatto più passi? Bella domanda, secondo me non lo sa nemmeno lui.

Fatto sta che ogni suo libro contiene molte parole e molti passi. Soprattutto quest’ultimo che esce ora in libreria, K2 La montagna del mito (Solferino, 366 pagg., 20,90 euro). Cosa ci trovate dentro? Risposta semplice: tutto. Anche i personaggi, Wiessner, Desio e gli altri che ho citato poco sopra, tutti accomunati dalla grande storia della seconda vetta del pianeta. La vera novità di questo titolo, almeno nella letteratura alpinistica italiana, è che non si limita alla celebrazione (o come è spesso stato ultimamente, la denigrazione) delle imprese italiane. Tutti noi più o meno abbiamo letto di Lacedelli e Compagnoni, di Bonatti e dello hunza Mahdi, della scalata del 1954 con tutto il suo lunghissimo strascico giudiziario: Stefano ne ripercorre puntigliosamente ogni passaggio, con grande equilibrio, dando voce a tutti gli attori e alle loro ragioni. Ma sono cose che in gran parte sappiamo già. 

La montagna, gli uomini, le imprese

No, nel libro di Stefano il protagonista non sono gli uomini ma la montagna, vergine, terribile e magnifica come la vide il Francis Younghusband, tenente delle King’s Dragoon Guards, nel 1887 dal Passo Muztagh, “una montagna di dimensioni impressionanti” che sembra “ergersi come un cono perfetto, però incredibilmente alto”. Questo remoto Moby Dick del Karakorum si riflette poi negli occhi e nei desideri di una immensa carovana di personaggi, dalla “bestia” Aleister Crowley, che nel 1902 con Oscar Eckenstein (l’inventore dei ramponi moderni) ne tenta la scalata, a Luigi Amedeo di Savoia, il Duca degli Abruzzi, che con i valdostani Pétigax e Brocherel “assaggia” per la prima volta nel 1909 lo Sperone degli Abruzzi. E seguono ancora la folle impresa di Wiessner che nel 1939 sfiora la vittoria, il tentativo americano di Charles Houston del 1953 e l’incredibile conquista italiana del 1954: incredibile, chiosa Stefano Ardito, perché non si capisce come “l’Italia, uscita con le ossa rotte dalla Seconda guerra mondiale, riesca a battere nella corsa al K2 una superpotenza come gli Stati Uniti d’America”. 

Finito il racconto del “K2 montagna degli italiani” siamo solo a metà del libro. Ed è qui che entriamo nella terra incognita del K2, quella che solo gli specialisti dell’Himalaya e del Karakorum (o della loro  letteratura) conoscono. Incontriamo i giapponesi della seconda ascensione: è il 1977, ci sono voluti 24 anni per ripetere l’exploit di Lacedelli e Compagnoni; in quell’occasione sale in vetta anche il primo alpinista pakistano, il giovane Ashraf Aman, da solo, nella tormenta e senza ossigeno supplementare! E poi… be’, vi ho già anticipato troppo. Se andate avanti nella lettura troverete Renato Casarotto (morto sul suo K2 solitario nel 1986) e la spedizione femminile di Wanda Rutkiewicz, la guerra indo-pakistana e la spedizione di pulizia d’alta quota Free K2 di Mountain Wilderness, del 1990, alla quale partecipa lo stesso Stefano, come inviato del mensile Airone. Fino alle spedizioni commerciali, allo scandalo dei morti scavalcati da file di turisti paganti, ai record sempre più commerciali e sempre meno alpinistici. 

Storie che non intaccano la nostra meraviglia di fronte all’altissima quota e all’incomprensibile, bellissima pratica dell’alpinismo. Che Stefano nella sua introduzione tenta di spiegarsi così: “Forse (…) la frase più utile per capire quel che accade da oltre un secolo sul K2 è stata scritta da Ernest Hemingway, un uomo che era abituato a viaggiare, che ha affrontato molti rischi, e che sapeva raccontare: ‘Esistono solo tre sport: le corride, le corse di automobili e l’alpinismo. Tutti gli altri sono solamente dei giochi’ (…) I motori rombano, il toro sta per entrare nell’arena. Buona lettura, buon K2”.

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