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Come il ghiaccio protegge i meleti dalle gelate primaverili

La scorsa settimana, di fronte alle immagini dei fuochi antigelo accesi su Alpi e Appennini per proteggere vigneti e frutteti dalle gelate primaverili è sorta spontanea una curiosità: quanto è sostenibile tale tecnica dalle origini antiche? Esistono sistemi più moderni e meno impattanti?

Gelate: protegge di più il ghiaccio o il fuoco?

Se le antiche tecniche di difesa dalle gelate tardive primaverili si basano sull’utilizzo del fuoco, allo scopo di riscaldare l’aria attorno alle piante, le soluzioni più moderne si fondano sul ghiaccio. I cosiddetti sistemi antibrina consistono infatti in impianti di irrigazione a pioggia che consentono, a basse temperature, la creazione di uno strato di ghiaccio attorno a fiori, gemme, frutti e foglie. Un ghiaccio protettivo. Una affermazione che pare paradossale!

Una spiegazione chiara di come funzioni il sistema e di quali siano i vantaggi a confronto con i fuochi antigelo è fornita dall’associazione dei produttori di frutta e verdura della Val Venosta (VIP), con riferimento particolare alla coltivazione del frutto iconico della Val Venosta: la mela.

“Quando di notte i contadini accendono l’irrigazione a pioggia e l’acqua man mano si congela, sotto allo strato di ghiaccio viene rilasciata dell’energia che viene trasmessa ai fiori sotto forma di calore – si legge sul sito ufficiale dell’associazione – . Ed ecco che i delicati fiori di melo sono al sicuro. In questo modo non si manifestano danni derivanti dal gelo e i contadini possono sperare in un buon raccolto. Per di più, si tratta di un vero e proprio spettacolo: fiori di ghiaccio scintillanti alla luce del mattino. Impossibile immaginare qualcosa di più bello.”

“È un dato di fatto che l’irrigazione antigelo sia il metodo di protezione più sostenibileaggiunge l’associazione – . Non produce emissioni e i contadini sono attenti a gestire con particolare parsimonia le risorse idriche. Gran parte di esse proviene dai laghi artificiali, mentre una piccola parte, circa il 25%, da pozzi profondi. L’acqua piovana e derivante dal disgelo dei laghi artificiali viene deviata verso valle irrigando i terreni. Una volta che il terreno è saturo, l’acqua ritorna nella falda e il ciclo della natura si chiude”.

Il perché dei fuochi antigelo

A questo punto sorge spontanea una seconda domanda: perché continuare ad accendere fuochi se disponiamo di una opzione sostenibile come i sistemi antibrina?

L’accensione di fuochi antigelo (candele, torce, falò) nei frutteti non è spesso una scelta, ma una necessità. In Val Venosta, ad esempio, alcuni contadini, in particolare quelli che si trovano in posizione collinare, non hanno accesso alle riserve idriche necessarie per l’irrigazione antigelo. Per certo una problematica non esclusiva dell’Alto Adige.

Una ulteriore ragione è data dal fatto che tali sistemi innovativi si siano diffusi laddove sbalzi termici intensi, come quelli che si stanno verificando nelle ultime settimane, siano frequenti durante l’anno e negli anni. Località in cui dunque l’investimento per un sistema antibrina abbia un ottimale rapporto costo-beneficio.

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