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Lo sfocato come scelta consapevole, nel paesaggio di montagna e non solo

Tutto a fuoco? Oppure no? Dipende da molti fattori, ma soprattutto da quello che si intende comunicare con le proprie immagini. Nozioni su profondità di campo, primo piano e punto di interesse.

Ognuno può farlo: punti, metti a fuoco e scatti; questo è l’unico modo di imparare…”. La frase di Eugene Smith, alias Johnny Depp, nel film “Il Caso Minamata” racconta in maniera semplice, e forse semplicistica, il procedimento per fotografare e il modo di imparare. Tutto vero! Non mi sogno di mettere in dubbio le parole del grandissimo Eugene Smith, neanche nella trasposizione filmica. Mi permetto, però, in questa sede, di aggiungere che la profondità di campo e il suo controllo sono fattori importanti. In particolar modo, in questo capitolo, mi riferisco ad inquadrature, con un punto nitido e bene a fuoco, restituendo una sensazione di sfocato molto accentuata, generalmente sullo sfondo, ma non sempre.

Profondità di campo

Una delle prime nozioni che si apprendono, in fotografia, è il metodo per ottenere una profondità di campo estesa. Cosa si intende per profondità di campo? Se volete una definizione tecnica precisa e molto scolastica, suggerisco di dare uno sguardo a Wikipedia. Sì lo so…la definizione aulica e classica è poco comprensibile. Persino uno scienziato della NASA avrebbe qualche dubbio. Più semplice calcolare le coordinate per un allunaggio sulla faccia nascosta della luna. In maniera semplice, definirei la profondità di campo come la zona “nitida” o la zona apparentemente a fuoco (anche se non lo è) che l’occhio umano è in grado di percepire davanti e dietro il punto di messa a fuoco. Oppure potrei dire che è la zona che l’occhio percepisce “nitida”, dalla fotocamera al punto di messa a fuoco e dal punto di messa a fuoco allo sfondo.

Monte Rosa e campo di colza.
Monte Rosa e campo di colza.
Il Monte Rosa ripreso da un campo di colza. Impossibile, in questo caso, avere nitido il primo piano e anche lo sfondo, a meno di non unire diverse immagini, con avanzate tecniche di post produzione. E' la lontananza delle cime, dal punto di ripresa, ad imporre la scelta di avere nitide le cime e di sfocare il primo piano. Tra l'altro anche un diaframma chiuso, f/16, non consente comunque di avere profondità di campo sufficiente, visto l'utilizzo di una focale tele. Il punto di messa a fuoco è sulla montagna. L'ottica è il Nikkor 80-400, utilizzato ad una focale di 320 mm. La foto è stata giù previsualizzata in formato panoramico, durante la fase di ripresa. Usando il teleobiettivo, si sfrutta anche il fenomeno ottico della compressione dei piani: la distanza tra il Monte Rosa e i fiori, in primo piano, sembrerà essere minore di quanto non sia in realtà. Nikon D800; Nikkor 80-400 4,5/5,6 AFG VR2; Treppiede; 1/800 sec; f/16; ISO 400.
Il Monte Rosa ripreso da un campo di colza. Impossibile, in questo caso, avere nitido il primo piano e anche lo sfondo, a meno di non unire diverse immagini, con avanzate tecniche di post produzione. E’ la lontananza delle cime, dal punto di ripresa, ad imporre la scelta di avere nitide le cime e di sfocare il primo piano. Tra l’altro anche un diaframma chiuso, f/16, non consente comunque di avere profondità di campo sufficiente, visto l’utilizzo di una focale tele. Il punto di messa a fuoco è sulla montagna. L’ottica è il Nikkor 80-400, utilizzato ad una focale di 320 mm. La foto è stata giù previsualizzata in formato panoramico, durante la fase di ripresa. Usando il teleobiettivo, si sfrutta anche il fenomeno ottico della compressione dei piani: la distanza tra il Monte Rosa e i fiori, in primo piano, sembrerà essere minore di quanto non sia in realtà. Nikon D800; Nikkor 80-400 4,5/5,6 AFG VR2; Treppiede; 1/800 sec; f/16; ISO 400.

In realtà è opportuno specificare che, in fotografia, l’unico punto a fuoco è solo quello dove si pone il sensore della messa a fuoco. Si, lo so, sembra uno strano gioco di parole. Più precisamente si può dire che non ci si riferisce ad un punto di messa a fuoco, ma che si deve immaginare una sorta di parete immaginaria sulla quale si punta il sensore di messa a fuoco. Tutti gli oggetti posti esattamente su questa sorta di superficie piana risulteranno a fuoco e ben visibili. Gli altri, posti davanti o dietro, invece, saranno fuori fuoco. Per far sì che risultino nitidi e apparentemente a fuoco è necessario chiudere il diaframma. Più è chiuso e maggiore sarà la sensazione di “tutto a fuoco” percepita dall’occhio umano. Ci siamo? Visto che siamo qui, specifico che la profondità di campo dipende:

  • Dal diaframma: più è chiuso e più è estesa
  • Dalla lunghezza focale: più l’obiettivo è lungo, in millimetri, e più la pdc diminuisce. Per contro, più la focale è corta, grandangolare, e più la pdc è estesa.
  • Dalla distanza: più ci si avvicina al soggetto e più la pdc diminuisce. Questo terzo elemento, però, è molto rilevante in ambito di macro fotografia, meno in altri generi fotografici. Ne parlerò in maniera più specifica, in uno o più capitoli sulla macro in quota.
  • Più il sensore della fotocamera è ricco di megapixel e più è di formato grande (tipo FX o medio formato) e minore è la profondità di campo.

Il Cervino. O meglio, le ciaspole davanti al Cervino, in una foto di “lesa maestà”. La sagoma e la forma del Cervino è evidente e ben riconoscibile, nonostante la ridotta profondità di campo. La scelta è di raccontare una ciaspolata, come prima cosa, ma è evidente che si tratta di un'escursione ai piedi del Cervino.
Il Cervino. O meglio, le ciaspole davanti al Cervino, in una foto di “lesa maestà”. La sagoma e la forma del Cervino è evidente e ben riconoscibile, nonostante la ridotta profondità di campo. La scelta è di raccontare una ciaspolata, come prima cosa, ma è evidente che si tratta di un’escursione ai piedi del Cervino.

Profondità di campo estesa

Nella maggior parte dei casi, nella fotografia di montagna e soprattutto nel paesaggio si cerca sempre di ottenere una profondità di campo estesa. Se guardate gli altri numerosi capitoli di questa rubrica, troverete che moltissime delle foto che li illustrano sono state scattate con una profondità di campo estesa: paesaggi d’ampio respiro, cime con cieli impreziositi da nubi, laghi, fiumi, cascate, fiori e molto altro. In genere, nella fotografia di paesaggio, soprattutto, si cerca di ottenere un’immagine con tutti i piani ben visibili, con la sensazione di tutto a fuoco, per l’occhio umano, dal primo piano all’infinito.

Un modo diverso per rappresentare il simbolo di sentiero e l'escursionista. Si pone l'attenzione sul segno di percorso, ma si racconta anche la presenza di chi sta camminando lungo l'itinerario. Spesso, per illustrare articoli su riviste di trekking ed escursionismo, come la stessa Montagna.TV, è necessario che ci siano fotografie di persone che camminano o che si muovono sul sentiero. Spesso, quindi, cerco modalità diverse per scattare questa tipologia di fotografie e anche per accontentare redattori, giornalisti, foto editor e il direttore...La focale, in questo caso, è di 24 mm, quindi grandangolare. La profondità di campo dovrebbe, quindi, essere elevata, come spiegato sopra. Mi sono, quindi, avvicinato molto al punto di messa a fuoco, in modo da ridurla. Più il punto di messa a fuoco è ravvicinato e più la pdc si rduce. Nikon D810; Nikkor 24-70 2,8 AFG; 1/250 sec; f/5,6; ISO 800.
Un modo diverso per rappresentare il simbolo di sentiero e l’escursionista. Si pone l’attenzione sul segno di percorso, ma si racconta anche la presenza di chi sta camminando lungo l’itinerario. Spesso, per illustrare articoli su riviste di trekking ed escursionismo, come la stessa Montagna.TV, è necessario che ci siano fotografie di persone che camminano o che si muovono sul sentiero. Spesso, quindi, cerco modalità diverse per scattare questa tipologia di fotografie e anche per accontentare redattori, giornalisti, foto editor e il direttore…La focale, in questo caso, è di 24 mm, quindi grandangolare. La profondità di campo dovrebbe, quindi, essere elevata, come spiegato sopra. Mi sono, quindi, avvicinato molto al punto di messa a fuoco, in modo da ridurla. Più il punto di messa a fuoco è ravvicinato e più la pdc si rduce. Nikon D810; Nikkor 24-70 2,8 AFG; 1/250 sec; f/5,6; ISO 800.

Profondità di campo ridotta

Il punto di messa a fuoco è sul primo albero. Il diaframma è aperto, sia per ridurre la profondità di campo, si per accentuare l'effetto della nebbia, ulteriormente intensificato dalla compressione dei piani dell'ottica tele. Sicuramente l'occhio dell'osservatore si concentra nel punto nitido che è, ovviamente, anche quello della messa a fuoco. Nikon D800; Nikkor 80-400 4,5/5,6 AFG VR2 1/160 sec; f/7,1; ISO 400; focale di 330 mm. Mano libera, grazie allo stabilizzatore.
Il punto di messa a fuoco è sul primo albero. Il diaframma è aperto, sia per ridurre la profondità di campo, si per accentuare l’effetto della nebbia, ulteriormente intensificato dalla compressione dei piani dell’ottica tele. Sicuramente l’occhio dell’osservatore si concentra nel punto nitido che è, ovviamente, anche quello della messa a fuoco. Nikon D800; Nikkor 80-400 4,5/5,6 AFG VR2 1/160 sec; f/7,1; ISO 400; focale di 330 mm. Mano libera, grazie allo stabilizzatore.

Non sempre, però, è obbligatorio cercare la massima profondità di campo. Nel ritratto, per esempio, è prassi normalissima e consolidata rendere il volto ben nitido (ok dai, diciamo a fuoco) e lo sfondo ben soffuso, non riconoscibile, in modo che l’occhio dell’osservatore si concentri sul viso (o sul muso, se parliamo di fauna, cosa che mi è più congeniale e più inerente in questa sede). Anche nella fotografia di montagna, in casi molti diversi, può essere interessante “giocare” con la pdc ridotta, in modo che l’occhio dell’osservatore si concentri sulla parte ben visibile, senza distrarsi dal reste.

Un ritratto di un giovane stambecco. Lo sfondo è decisamente soffuso. E' normale, in questo caso, visto che la focale utilizzata è molto lunga. Anche usando un diaframma chiuso, non sarebbe stato possibile avere lo sfondo leggibile. Più la focale è lunga e più la profondità di campo diminuisce. Più il sensore è grande (formato FX, in quesot caso) e ricco di megapiexel e più la profondità di campo si riduce. Lo scatto è stato effettuato con la D850, ricchissima di megapiexel, ben 45...Nikon D850; Nikkor 300 2,8 AFS; treppiede. ISO 100. f/4; iso 200. Ho parlato di fotografia di animali, in questio post: fotografare gli animali in montagna.
Un ritratto di un giovane stambecco. Lo sfondo è decisamente soffuso. E’ normale, in questo caso, visto che la focale utilizzata è molto lunga. Anche usando un diaframma chiuso, non sarebbe stato possibile avere lo sfondo leggibile. Più la focale è lunga e più la profondità di campo diminuisce. Più il sensore è grande (formato FX, in quesot caso) e ricco di megapiexel e più la profondità di campo si riduce. Lo scatto è stato effettuato con la D850, ricchissima di megapiexel, ben 45…Nikon D850; Nikkor 300 2,8 AFS; treppiede. ISO 100. f/4; iso 200. Ho parlato di fotografia di animali, in questio post: fotografare gli animali in montagna.

Scegliere, quindi, di ragionare sugli sfocati diventa, quindi, un’ulteriore metodo di comunicare, un modo diverso di utilizzare il linguaggio della fotografia.

Fotografia di stelle alpine o del rifugio Firenze? Poco conta. O meglio, a mio avviso si tratta di una fotografia del rifugio, fortemente ingentilita dalla presenza del fiore di montagna per eccellenza. Nikon F90x; Sigma 15 2,8 AFD; Velvia 50 iso.
Fotografia di stelle alpine o del rifugio Firenze? Poco conta. O meglio, a mio avviso si tratta di una fotografia del rifugio, fortemente ingentilita dalla presenza del fiore di montagna per eccellenza. Nikon F90x; Sigma 15 2,8 AFD; Velvia 50 iso.
Im land. Il campanile di Alagna Valsesia. Il punto di messa a fuoco è sul cartello, con la scritta in lingua Walser di “Im land” (terra), nome col quale veniva chiamata questa località. Lo scatto sottolinea la presenza intensa e ancora attuale della cultura Walser, nel territorio della Valsesia. Il Campanile è ben riconoscibile e qualsiasi osservatore è consapevole del soggetto che si vede sullo sfondo. Nikon D800; Nikkor 24-70 2,8 AFG; foclae di 50 mm; 1/1250 sec; f/2,8; ISO 400.
Im land. Il campanile di Alagna Valsesia. Il punto di messa a fuoco è sul cartello, con la scritta in lingua Walser di “Im land” (terra), nome col quale veniva chiamata questa località. Lo scatto sottolinea la presenza intensa e ancora attuale della cultura Walser, nel territorio della Valsesia. Il Campanile è ben riconoscibile e qualsiasi osservatore è consapevole del soggetto che si vede sullo sfondo. Nikon D800; Nikkor 24-70 2,8 AFG; foclae di 50 mm; 1/1250 sec; f/2,8; ISO 400.
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