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Nuovi impianti nell’Appennino emiliano? Scendono in campo Cai e ambientalisti

Ci risiamo. Per la montagna italiana, il periodo dell’uscita (speriamo!) dal Covid-19, e i fondi del Next Generation EU, distribuiti in Italia dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sembrano destinati a finanziare progetti che non sembrano ispirati a partecipazione, cultura, innovazione e lotta al cambiamento climatico come previsto dall’Unione Europea. E che in qualche caso possono avere un pesante impatto sull’ambiente. 

Un mese fa abbiamo raccontato del progetto per una cabinovia da Montorio al Vomano ai Prati di Tivo, sul Gran Sasso, da finanziare con il PNRR. Qualche giorno fa abbiamo scritto come la Valtellina abbia chiesto 2,5 miliardi di euro, pari al 13% dei 191,5 miliardi italiani del Piano, per un traforo ferroviario “di base” sotto allo Stelvio e per un altro sotto al Mortirolo. 

Rientrano in questo filone, anche se erano già stati parzialmente finanziati, i due progetti che minacciano uno degli angoli più belli e più amati dell’Appennino settentrionale.  

Quattro anni fa, nel 2016, le Regioni Emilia-Romagna e Toscana hanno siglato un protocollo per ottenere un finanziamento a fondo perduto da 20 milioni di euro per collegare le piste toscane di Cutigliano con il Lago Scaffaiolo e con quelle del Corno alle Scale, in Emilia. Con delle navette da Cutigliano all’Abetone, anche questa stazione entrerebbe a far parte di un mega-comprensorio da 120 chilometri di piste, accessibili con un unico skipass. Lo scorso 9 agosto, la cronaca di Pistoia del quotidiano La Nazione ha annunciato con il titolo La Doganaccia alla conquista del Corno alle Scale l’arrivo dei primi finanziamenti da Firenze. Nell’articolo venivano citati i nomi di imprenditori e gruppi industriali emiliani pronti a contribuire con fondi propri. 

Più recentemente, la Regione Emilia-Romagna ha annunciato di voler avviare la costruzione di una nuova seggiovia quadriposto da Polla al Lago Scaffaiolo, e di non voler ricorrere alla Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA), dato che il nuovo impianto sarà “un semplice ammodernamento dell’esistente”. 

Per il comitato Un altro Appennino è possibile, che riunisce numerose associazioni (CAI, Legambiente, WWF, Mountain Wilderness, Italia Nostra, Federtrek, AsOER, TrekkingItalia, Amici dei Parchi di Monteveglio e dell’Emilia, Comitato Bazzanese Ambiente e Salute, 6000 Sardine), le cose sono diverse. In realtà il progetto prevede un tracciato diverso, una stazione di partenza diversa, una nuova stazione intermedia e una nuova stazione di arrivo, a un’altitudine superiore di 100 metri rispetto all’attuale, con oltre duecento metri di infrastruttura in più” spiega Un altro Appennino è possibile, in un comunicato che è stato rilanciato su LoScarpone.it e dall’Ufficio stampa nazionale del CAI. L’impianto, con la nuova stazione di arrivo al Lago Scaffaiolo, a fianco del rifugio Duca degli Abruzzi, ma e la sua costruzione, con un cantiere pesante, su forti pendenze e terreni fragili determinerebbe un danno ambientale non recuperabile a due parchi regionali, a una ZPS a quattro habitat di interesse comunitario, in una zona che ospita la maggiore biodiversità della Regione”.

Il combattivo Comitato emiliano ha annunciato un ricorso al TAR contro la nuova seggiovia per il Lago Scaffaiolo. Il 12 marzo, per finanziare le spese legali, è stata lanciato il crowdfunding Questa è la VIA!, sulla piattaforma IdeaGinger, con l’obiettivo di raccogliere 7000 euro in tre settimane. La cifra è stata raccolta in tre giorni. Al 29 marzo, gli euro erano diventati 14.000, da parte di 494 donatori. 

La nuova seggiovia è un investimento miope, che non garantisce un futuro al Corno alle Scale e al territorio circostante, e che esprime una visione della montagna rivolta al passato” prosegue Un altro Appennino è possibile. Tutti i dati e le ricerche sul turismo indicano che sono altre le strade da percorrere. I 6 milioni di euro del nuovo impianto sarebbero un ottimo sostegno all’avvio di nuove e più equilibrate forme di turismo, a un’ospitalità aggiornata e diffusa su tutto il territorio, a servizi volti a sostenere il ri-abitare la montagna (non ad aumentare le seconde case), a ridare ruolo e possibilità alle nuove generazioni”. 

Già a partire dal 2016, il CAI, il WWF e Legambiente, insieme alle altre associazioni, avevano ricordato che negli ultimi 30 anni al Corno alle Scale le temperature sono aumentate, e la neve che cade mediamente in un inverno si è ridotta di circa un metro. I forti venti che battono il crinale appenninico, con raffiche ben oltre i 100 chilometri all’ora (nel 2016 al Passo di Croce Arcana, vicino allo Scaffaiolo, si è registrato il record italiano di 238 chilometri all’ora). Legambiente Emilia-Romagna ha bollato l’iniziativa come “un accanimento terapeutico”. Ma i dati scientifici, e quelli sulla crescita del turismo legato all’ambiente, per gran parte dell’anno, sull’intero Appennino, non bastano a sventare la minaccia. 

Anche in Regioni evolute come Emilia-Romagna e Toscana, una visione del turismo vecchia di almeno 50 anni, le nevicate dell’inverno che si è appena concluso, la legittima frustrazione degli impiantisti e degli altri operatori della montagna dopo una stagione perduta rischiano di avere un prezzo molto grave. L’impegno di Un altro Appennino è possibile è un esempio per altre montagne italiane.

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2 Commenti

  1. Credo che sarebbe bello e costruttivo che questi progetti di riqualificazione fosse pubblicamente dichiarati cosi anche l’ opinione pubblica potrebbe farsi un idea di quello che sarà. Non è una mera curiosità: quando si dice no ad un progetto perché se ne ritiene un altro migliore bisognerebbe argomentare la scelta. Per inciso non sono a favore di nuovi impianti in appennino e proprio per questo vorrei che fossero di pubblico dominio quelli alternativi. Così anche i futuri “elettori”, che sono una delle poche cose che gli amministratori pubblici tengono in considerazione, saprebbero come indirizzare le loro scelte.

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