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Niente sci e confini sigillati, ecco le decisioni del governo per le feste

La neve che sta scendendo sulle Alpi e sulle pianure del Nord, e che inizia a imbiancare l’Appennino, ha il sapore e il colore di una beffa. Il DPCM che il premier Giuseppe Conte ha presentato la sera del 3 dicembre agli italiani ha confermato le limitazioni annunciate, e ne ha aggiunte di nuove. 

Come tutti si aspettavano, prima di gennaio gli impianti di risalita e le piste da sci non apriranno. Dal 21 dicembre all’Epifania i confini tra le regioni “gialle” verranno chiusi. A Natale, Santo Stefano e Capodanno sarà vietato uscire dal comune di residenza. L’obbligo di quarantena per chi torna da una vacanza all’estero sembra ideato per fermare gli sciatori in trasferta. Un rischio spesso evocato da presidenti regionali e ministri, ma che le ultime notizie hanno ridimensionato. Se in Svizzera gli impianti sono aperti, o stanno per aprire, in Francia e in Austria le cose sono diverse. Ernst Schoepf, presidente del Consorzio dei comuni del Tirolo, si è schierato per l’attesa. “L’inverno è lungo. Anche se partiremo a gennaio, avremo ancora molto lavoro”. 

Prima di commentare queste scelte, è obbligatorio parlare dei dati. Anche se i tamponi positivi diminuiscono, e l’indice RT, che indica la rapidità di trasmissione del Covid, è sceso sotto a 1 in gran parte delle regioni italiane, altri dati sono rimasti negativi. Sappiamo che il picco dei morti arriva dopo quello dei tamponi positivi, ma le 993 vittime del 3 dicembre sono una cifra impressionante e dolorosa.

L’ansia di limitare gli spostamenti degli italiani, però, sembra aver fatto prendere anche delle decisioni sbagliate. 

Giuseppe Conte, da tempo, sembra molto più attento al quadro politico (la tenuta della maggioranza, il MES, il possibile rimpasto, la nomina dei 300 esperti per gestire il Recovery Plan) che non alla realtà concreta degli italiani, a iniziare dall’arrivo o meno degli annunciati “ristori”. Quando ha parlato di “vacanza sulla neve”, poi, lo ha fatto con toni superficiali, e a volte offensivi per le categorie interessate, come ha ci detto qualche giorno fa Valeria Ghezzi, presidente dell’ANEF. Altri membri del governo hanno usato toni simili a quelli del premier. 

Anche le regioni, e le province di Bolzano e di Trento, non hanno fatto una bella figura. Si pensava che avrebbero fatto al governo delle proposte di mediazione, con un’apertura a numero chiuso degli impianti e la salvaguardia delle attività invernali alternative (ciaspole, fondo, scialpinismo…) dove i rischi di assembramento sono ridotti. Le regioni dell’arco alpino e l’Abruzzo, invece, hanno scelto il muro contro muro, proponendo al governo di aprire impianti e piste per chi soggiorna in una seconda casa o in albergo. Un sistema che avrebbe sfoltito le presenze nelle località più vicine alla pianura, ma che per le località alpine famose avrebbe significato aprire quasi al 100%. La risposta è stata ovviamente negativa. Nessuno, né a Roma né nei capoluoghi di regioni e province, ha alzato un dito per salvaguardare l’altra neve, in favore della quale si erano espressi tra gli altri Reinhold Messner, Michele Serra e Paolo Cognetti. Passeggiate, ciaspole, fondo e scialpinismo piacciono a centinaia di migliaia di italiani, e generano un fatturato di centinaia di milioni di euro. 

Forse è l’occasione buona per scoprire se un’altra montagna è possibile” ha scritto Paolo Cognetti su Repubblica, “con un turismo che consumi meno, invada meno, passi meno di fretta, e si trasformi almeno in parte in un ripopolamento, portando alla montagna non solo clienti e denaro ma umanità e cultura. Quella montagna fuoripista per favore non chiudetela”. L’appello dell’autore de Le otto montagne non è stato raccolto, ma il disinteresse per questi temi da parte di governo e regioni non stupisce. La stessa mancanza di attenzione, da sempre, tocca nel resto dell’anno all’escursionismo, all’alpinismo e alle altre attività all’aria. 

In un’intervista Alessandro Massimo Nucara, direttore di Federalberghi, si è giustamente preoccupato di “un prevedibile calo del 90% del fatturato” a causa del blocco del turismo invernale. Anche lui, però, non ha accennato alla possibilità di recuperarne una parte con le attività diverse dallo sci. Forse avrebbe dovuto sentire i suoi associati di Cogne, Pescasseroli e Asiago.  

La notizia positiva, è che, tranne il 25, il 26 dicembre e il 1 gennaio, in tutte le regioni “gialle” si potrà andare liberamente sui sentieri, in falesia e in montagna. Un dato importante per gli appassionati, perché l’attività nella natura significa benessere, ma con luci e ombre per guide, istruttori e strutture ricettive. Se in regioni come il Veneto, la Lombardia e il Piemonte, una volta diventate gialle, è facile prevedere un buon afflusso verso le località di montagna, realtà come il Trentino, la Valle d’Aosta e l’Alto Adige avranno comunque una mazzata. Sarà difficile anche la situazione dell’Abruzzo, perché nei borghi dell’altopiano delle Rocche o del Gran Sasso, meravigliosi per ciaspole, scialpinismo e fondo, l’afflusso da Pescara e dalla costa non compenserà quello da Roma e da Napoli.    

Sembra sbagliata anche la decisione di impedire, a Natale, Santo Stefano e Capodanno, di uscire dal proprio comune. Una scelta che rischia di affollare più del necessario il centro di Roma, Milano e altre città, e che segregherà per tre giorni gli abitanti dei borghi di montagna con poche centinaia o poche decine di abitanti. L’UNCEM, l’Unione Nazionale di Comuni, Comunità ed Enti Montani, ha chiesto al governo di modificare il divieto, consentendo gli spostamenti all’interno di ogni valle. Richieste analoghe arrivano da presidenti di regioni come Luca Zaia (Veneto) e Attilio Fontana (Lombardia). La chiusura dei confini comunali darà anche un’ennesima, evitabile, legnata a centinaia di trattorie e agriturismi fuoriporta, in montagna e in collina, che perderanno la loro clientela. E che saranno discriminati rispetto ai ristoranti in città, che a pranzo potranno lavorare normalmente. 

L’ultimo dubbio, ovviamente, va alle prospettive per gennaio. Ieri i responsabili di vari comprensori sciistici hanno annunciato di essersi messi al lavoro per aprire in sicurezza dopo l’Epifania. Il Superski Dolomiti, il più vasto carosello d’Europa, ha annunciato lo stesso con pagine pubblicitarie sui giornali. Il DPCM del 3 dicembre autorizza l’apertura dei comprensori sciistici “subordinatamente all’adozione di apposite linee guida da parte della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e validate dal Comitato tecnico-scientifico, rivolte a evitare assembramenti”. A consentire davvero l’apertura, com’è ovvio, sarà solo un ulteriore calo dei numeri relativi alla pandemia. C’è anche bisogno che si raggiunga un accordo tra le regioni e il CTS, e perché questo accada serve un intervento del governo. Gli atteggiamenti delle scorse settimane, purtroppo ci fanno essere pessimisti. La sera del 5 o del 6 gennaio, da Palazzo Chigi potrebbe arrivare un ennesimo “tutti a casa”.    

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7 Commenti

  1. Forse gli italiani come altri popoli non hanno ancora capito che per limitare fortemente i contagi bisogna evitare gli assembramenti, oltre a usare le mascherine e fare attenzione a ciò che si tocca,
    Vedo sempre capannelli di persone, gruppi nei rifugi o ai ristoranti e penso a cosa succederebbe in montagna nei “ristori” se si andasse tutti a sciare, o la sera negli alberghi/pensioni con palestre, massaggi, saune e quant’altro.
    Sciare è solo la “gibigiana”

  2. Cosa vuoi che ti dica… a me sembra proprio che i governanti non capiscano un bel niente di montagna, delle sue necessità e priorità, e di come ci si vive e lavora.

  3. Non ho capito bene se è possibile praticare o no sci di fondo e scialpinismo. Sono attività in cui l’assembramento è inesistente. Io le pratico proprio perché sono attività praticamente in solitudine.

    1. Buongiorno Renato,
      fino al 20 puoi praticare attività motoria e sportiva secondo le norme che regolano il colore della tua Regione. Dal 21 al 6 gennaio, anche se la tua Regione è gialla potrai svolgere tali attività solo all’interno della stessa. I giorni 25 e 26 dicembre e 1 gennaio potrai farlo solo all’interno dei confini comunali. Ovviamente in ogni caso mantenendo le prescrizioni su distanziamento e uso della mascherina.

  4. E comunque le piste da fondo apriranno, e sono aperti i sentieri per le ciaspe…insomma manca solo o sci alpino, un test per vedere se è ancora così centrale e importante (…io vedendo quante persone in questa situazione ancora camminano sulle colline e montagne credo che si avranno delle sorprese…la voglia di stare all’aria aperta potrà in parte compensare la chiusura degli impianti di risalita….)

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