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Ghiaccio porpora sulle Alpi. Così le alghe accelerano lo scioglimento dei ghiacciai

La sopravvivenza dei ghiacciai alpini risulta minacciata dal surriscaldamento globale, dalle minori precipitazioni nevose annuali ma anche dalla presenza di alghe unicellulari. Le medesime responsabili della formazione della cosiddetta dark zone della Groenlandia. Una ampia area della calotta polare, che si estende per circa 100.000 chilometri quadrati, caratterizzata da un evidente inscurimento della superficie del ghiaccio. Tale fenomeno, seppur su scala più ridotta, si manifesta anche sui ghiacciai alpini.

In un recente studio condotto dai ricercatori dell’Università di Milano – Bicocca, sotto il coordinamento del dottor Biagio Di Mauro sul ghiacciaio del Morteratsch, in Engadina (Svizzera), è stata trovata conferma molecolare della presenza nei ghiacci alpini della medesima alga responsabile del fenomeno del “ghiaccio porpora” in Groenlandia: la Ancylonema nordenskioeldii.

I risultati dello studio, dal titolo “Glacier algae foster ice-albedo feedback in the European Alps”, sono stati di recente pubblicati sulla rivista scientifica Scientific Reports.

Il fenomeno del “bio-albedo feedback”

Che i ghiacciai ospitino forme di vita, dai microbi agli artropodi e anellidi non è una novità. Peculiarità dell’alga unicellulare Ancylonema nordenskioeldii, come spiegato dal dottor Di Mauro in una intervista rilasciata a Bicocca News, è che a differenza degli altri organismi, normalmente rilevabili in piccole cavità nel ghiaccio, dette cryoconite holes, si ritrovi dispersa sulla superficie del ghiacciaio, dove può dare luogo a vere “esplosioni algali” nelle stagioni più calde. Esattamente come nel caso della Chlamydomonas nivalis, alga verde associata al fenomeno della neve rosa.

Le due specie algali agiscono su neve e ghiaccio secondo il medesimo meccanismo. A seguito della germinazione delle spore nelle ottimali condizioni estive, la produzione di pigmenti fotosintetici porpora attiva il cosiddetto fenomeno del “bio-albedo feedback”. “Diminuisce l’albedo dei ghiacciai – chiarisce il ricercatore – e accelera ulteriormente la fusione di neve e ghiaccio. Favorendo la presenza di un sottile strato di acqua che permette loro di sopravvivere in condizioni altrimenti poco ospitali per la vita”.

Per arrivare a identificare il microrganismo responsabile di tale fenomeno sulle Alpi europee, il team ha prelevato dei campioni sul ghiacciaio del Morteratsch e sequenziato il DNA degli organismi presenti. Al contempo sono stati effettuati degli studi al microscopio che hanno evidenziato la presenza di colonie della Ancylonema nordenskioeldii.

Alghe e modelli predittivi

Quantificare l’impatto di un’alga sulla stabilità di un ghiacciaio, a detta del coordinatore della ricerca, diventa oggigiorno un elemento essenziale per elaborare in maniera corretta i modelli predittivi che descrivono i potenziali scenari futuri.

“La comunità scientifica è allineata sul fatto che la fusione dei ghiacciai sia una conseguenza del cambiamento climatico in atto. Un interessante studio ha di recente mostrato che entro la fine del secolo il 90 per cento dei ghiacciai Alpini potrebbe scomparire a causa di questi processi. La presenza di alghe sulla superficie dei ghiacciai non è presa in considerazione in quello studio. E, ahimè, potrebbe portare a delle stime ulteriormente sconfortanti per il futuro dei ghiacciai alpini”, afferma Di Mauro.

Il gruppo di ricerca ha dunque in proposito, al termine dell’emergenza coronavirus, di procedere a nuove analisi sul Morteratsch, che consentano di mappare la concentrazione dell’alga sul ghiaccio a partire da immagini acquisite da drone e da satellite, al fine di valutare l’effetto del microrganismo sui bilanci di massa del ghiacciaio.

“In futuro – preannuncia Di Mauro – studieremo questo processo anche in Antartide nei pressi della stazione italiana Mario Zucchelli, grazie al progetto BioGeoAlbedo, coordinato da me e supportato dal Programma Nazionale di Ricerca in Antartide (PNRA)”.

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