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E se l’Everest si fosse abbassato per effetto dei cambiamenti climatici?

A partire dal 2015, anno del tremendo terremoto che ha colpito la regione nepalese, è più volte stata avanzata l’ipotesi che il movimento delle placche tettoniche abbia potuto causare una sensibile diminuzione nell’altezza dell’Everest, considerata attualmente pari a 8.848 m.

Domanda cui dovrebbe fornire risposta l’analisi dei dati raccolti dalla spedizione di ri-misurazione del Tetto del Mondo realizzata nel maggio 2019 dal Governo nepalese. In attesa del responso, per il quale tocca aspettare qualche mese, inizia a prendere piede tra gli scienziati l’idea che, qualora si appurasse una effettiva diminuzione dell’altezza dell’Ottomila, tale scarto non dovrebbe essere solo imputato al terremoto ma anche ai cambiamenti climatici.

Possibile riduzione dello “snow cap”

Come dichiarato al magazine Times of India (TIO) da Alex Tait, geografo della National Geographic Society, è indubbio che “il cambiamento climatico stia influenzando le condizioni della neve e del ghiaccio sulle montagne himalayane, inclusa la regione del monte Everest. E non sono state effettuate sufficienti misurazioni della vetta dal 2005 per determinare se si siano verificate alterazioni in termini di altezza dello strato di ghiaccio e neve che ricopre la vetta della montagna”.

Non possiamo parlare di scioglimento della vetta dell’Everest, naturalmente. Le temperature a quota 8.848 m (forse) sono costantemente al di sotto del cosiddetto melting point e secondo i modelli previsionali dei climatologi, si manterranno ben al di sotto del punto di scioglimento del ghiaccio almeno fino al 2100. Ma il vento e la sublimazione (passaggio diretto dallo stato solido a quello di vapore) sono due fenomeni che influenzano la copertura nevosa e i loro effetti possono essere amplificati da ridotti incrementi termici ad altissima quota.

8.848 metri. La misura pre-terremoto

Il valore di 8.848 metri con cui indichiamo ancora oggi l’altezza dell’Everest deriva da una misurazione antecedente al 2005, precisamente risalente al 2004, ad opera del Laboratorio Osservatorio Piramide dell’associazione italiana EvK2CNR, posto ai piedi del versante nepalese dell’Ottomila.

I dati raccolti nel 2017 dalle strumentazioni della Piramide, avevano in realtà portato il Presidente del Comitato EvK2Cnr Agostino Da Polenza a ipotizzare, di contro alle idee circolanti su sisma (e ora anche sul cambiamento climatico) un innalzamento della vetta. “Che l’Everest si sia alzato qualche millimetro o centimetro durante il terremoto è certo, anche perché al Laboratorio Osservatorio Piramide che sta lì sotto, a 5000 metri, ci sono strumentazioni sismiche e GPS oltre a un sistema di riscontro geodetico sui satelliti del progetto DORIS (Agenzia Spaziale francese e CNRS francese) che da circa 15 anni registra in continuo i minimi spostamenti della placca sulla quale anche l’Everest poggia. Si si muove, verso l’alto e verso nord est“.

Cambiamento climatico. Teorie logiche ma pochi dati

Le teorie degli scienziati risultano in linea teorica pienamente logiche. L’altezza attualmente riconosciuta comprende anche il cosiddetto “snow cap”, la sommità innevata della montagna. Chi può dire che la sua profondità non sia diminuita come conseguenza del cambiamento climatico?

Secondo altri ricercatori interpellati da TOI, quali John All della Western Washington University e Anil Kulkarni, glaciologo presso il Divecha Centre for Climate Change, il picco potrebbe avere perso fino a un metro di copertura negli ultimi 15 anni.

Dichiarazioni che si appoggiano su dati numerici diffusi in un report del 2010 dello scienziato Chen Junyong e colleghi del Chinese State Bureau of Surveying and Mapping. In tale documento si dichiara con fermezza che “il tasso di decremento in altezza dello snow cap dell’Everest tra il 1992 e il 2005 è stato pari a 1.8 cm anni”. Ciò significherebbe che in 13 anni si sia verificata una perdita di circa 23 cm sul netto dell’altezza. Il team cinese avrebbe di fatto realizzato una misurazione non solo dell’altezza dell’Everest ma anche della profondità dello snow cap nel 2005, risultata pari a 3,5 m. Lo strato roccioso si arresterebbe invece, secondo i loro dati, a quota 8.844 m. Il sisma potrebbe aver influenzato questo secondo dato. Il cambiamento climatico il primo.

I possibili scenari “Snow vs Rock”

Andiamo ad analizzare allora gli scenari possibili, derivanti dall’unione delle varie tesi sopra descritte:

  1. Lo snow cap si è ridotto per effetto dei cambiamenti climatici e lo strato roccioso si è abbassato per effetto del sisma. Conclusione: sensibile diminuzione dell’altezza dell’Everest.
  2. Lo snow cap si è ridotto e lo strato roccioso si è innalzato. Conclusione: sfida roccia contro neve. Possibile effetto nullo sugli 8.848 m attualmente in vigore come altezza ufficiale.
  3. Lo snow cap è rimasto costante ma lo strato roccioso si è abbassato. Conclusione: diminuzione dell’altezza totale.
  4. Lo snow cap è rimasto costante ma lo strato roccioso si è alzato. Conclusione: aumento dell’altezza totale.

Chi vincerà in questa morra cinese d’altissima quota?

Unica certezza su cui sembrano concordi gli scienziati è che l’Everest continuerà a lungo a presentare il suo cappello di ghiaccio. Un componente essenziale, come spiegato dal geofisico Roger Bilham, per prevenire l’erosione della roccia sottostante. Qualora, in un lontano futuro, lo snow cap dovesse scomparire, allora dovremmo iniziare anche a preoccuparci dell’erosione sommitale del Tetto del Mondo.

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